Un anno di sport

Vittorie e tragedie durante questi dodici mesi con esempi  importanti di riconciliazione, di perseveranza e di sconfitte che sanno ancora dare lezioni di vita. I veri campioni restano sempre tali
paolo pizzo

Gennaio – Lo sport oltre le barriere

 

A Losanna, i comitati olimpici di Israele e Palestina danno vita a uno storico incontro coordinato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e dal presidente del Cio, Jacques Rogge. Risultato: Gerusalemme allenerà gli atleti dei Territori in vista delle Olimpiadi di Londra. In Qatar, invece, due Paesi storicamente contro come Iran e Iraq si sfidano in un match valido per la fase finale di Coppa d’Asia: correttezza in campo, festa sugli spalti e un terzo tempo in stile rugby. Per la cronaca, la gara è appannaggio dell’Iran.

 

Febbraio – Più forti del dolore

 

Ai Mondiali di sci alpino, Peter Fill conquista un insperato bronzo in supercombinata, medaglia che arriva al termine di una stagione vissuta a metà fra le piste di mezzo mondo e il capezzale del padre, gravemente malato: a fine gara, la dedica e le lacrime agli occhi dell’altoatesino dicono tutto. Altoatesina è anche Elena Runggaldier, storico argento iridato nel salto con gli sci. Un mese e mezzo prima, la sua compagna di squadra Simona Senoner moriva a soli 17 anni, stroncata da un’improvvisa forma di meningite mentre si trovava in ritiro con la Nazionale. Anche qui, la dedica é commossa e spontanea.

 

Marzo – Oltre gli imprevisti

 

Sono Astrid Jacobsen e Cindy Klassen. La prima, fondista norvegese, torna sul podio mondiale (bronzo nella sprint a coppie in tecnica classica) a distanza di quattro anni dalla prima medaglia iridata, e dopo una lunga serie di infortuni che ne hanno condizionato la carriera. Incidenti che però non le hanno mai tolto il sorriso, occasioni per rituffarsi sui libri e andare avanti negli studi di medicina. La seconda, pattinatrice di velocità canadese, conquista l’oro mondiale nella staffetta a squadre, ennesima medaglia di una carriera costellata di successi ma anche di imprevisti, come i numerosi infortuni o la decisione di lasciare temporaneamente l’attività agonistica per stare al fianco della sorella reduce da un gravissimo incidente stradale. Campionessa sul ghiaccio e fuori.

 

Aprile – Belgio unito nel segno delle due ruote

 

Alla Parigi-Roubaix trionfa Johan Vansummeren, il cui abituale compito è quello di aiutare compagni di squadra più forti e titolati. A fine gara, chiede alla fidanzata di sposarlo regalandole, al posto dell’anello, la pietra di pavé che spetta al vincitore. Da un fiammingo a un vallone: Philippe Gilbert completa uno storico tris vincendo, in soli sette giorni, Amstel Gold Race, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi. Al termine di quella fantastica settimana, e malgrado le forti divisioni esistenti nel suo Paese, Gilbert dichiara: «In bici non ci sono né fiamminghi né valloni, c’è solo una bandiera».

 

Maggio – Il dramma e la rinascita

 

Dall’euforia alla tragedia, il Belgio piange la morte di Wouter Weylandt, caduto lungo la discesa del Passo del Bocco, al Giro d’Italia. Il giorno dopo, la tappa viene neutralizzata, con i compagni di squadra della Leopard-Trek (insieme a Tyler Farrar, amico fraterno del 26enne corridore fiammingo) protagonisti di un arrivo in parata in memoria del loro ex collega. La rinascita è invece quella di Eric Abidal, il difensore francese del Barcellona che, a poco più di due mesi dall’operazione al fegato resasi necessaria per asportare un tumore, gioca da titolare la finale di Champions League, la vince e viene incaricato dai compagni di squadra di alzare per primo la coppa al cielo.

 

Giugno – Una festa aperta a tutti

 

E’ quella dei Mondiali di beach volley, che trasformano il Foro Italico di Roma in un lunghissimo party a cielo aperto. Sette giorni di gare durante i quali il Brasile conferma il proprio ruolo di superpotenza di questa disciplina e che, soprattutto, testimoniano come l’ambiente del beach sia davvero alla portata di tutti. Passeggiando per il Foro, infatti, non è certo difficile imbattersi in campioni olimpici o mondiali che smettono i panni dell’atleta per vestire semplicemente quelli del “turista”. Succede solo nel beach volley.

 

Luglio – Lacrime sul podio

 

Sono quelle di Cadel Evans, che a 34 anni corona il sogno di una vita e, dopo il Mondiale 2009, conquista il Tour de France. Un vero e proprio antidivo, il corridore australiano, professionista amato e apprezzato da tutti (addetti ai lavori e non) per costanza, impegno e serietà. Particolarmente toccanti, poi, le lacrime del norvegese Alexander Dale Oen, che pochi giorni dopo le stragi di Oslo e Utøya si laurea campione del mondo dei 100 rana dedicando la vittoria al suo Paese e dichiarando di non aver nuotato solo per sé, ma per l’intera nazione.

 

Agosto – Idem come sempre

 

A pochi giorni dal compiere 47 anni, Josefa Idem ottiene il pass per le Olimpiadi di Londra, l’ottava in carriera. Nelle sette precedenti, la pluricampionessa italo-tedesca ha conquistato ben cinque medaglie, fra le quali l’oro a Sidney 2000. Per volare a Londra le basta il settimo posto ai Mondiali di Szeged (Ungheria), risultato che la soddisfa fino a un certo punto. «Chi mi conosce lo sa – dichiara -: vado a Londra per vincere». Incontentabile Idem.

 

Settembre – Quando la forza di volontà fa miracoli

 

I Mondiali di atletica saranno ricordati per l’incredibile eliminazione di Usain Bolt dalla finale dei 100 metri, ma hanno offerto anche altre storie degne di essere raccontate. Ad esempio, quella di Antonietta Di Martino, la nostra piccola grande saltatrice in alto: 1.69 di pura esplosività, e un bronzo conquistato nonostante, rispetto a quasi tutte le avversarie, la 33enne atleta campana paghi fortemente dazio in termini di centimetri. Storico, poi, l’oro nei 400 femminili di Amantle Montsho, che regala al Botswana la prima affermazione di questo livello nel panorama sportivo mondiale. Una vera e propria impresa, se si considera che per inseguire il proprio sogno la 28enne quattrocentista africana ha dovuto usufruire del sostegno economico offertole dalla federazione internazionale di atletica leggera. Nella stessa gara, ma al maschile, impossibile non citare le gesta di Oscar Pistorius, che non solo ha gareggiato al fianco di atleti normodotati, ma che dopo la semifinale raggiunta a livello individuale ha addirittura ottenuto l’argento in staffetta, pur non gareggiando in finale. La forza di volontà fa davvero miracoli.

 

Ottobre – La sorpresa e la tragedia

 

A 13 anni fu operato per un tumore alla testa, e i medici gli consigliarono di abbandonare l’attività sportiva. Lui, però, non diede loro retta, e quindici primavere dopo si è laureato campione del mondo nella spada individuale. Una vera sorpresa per uno come Paolo Pizzo, entrato nel giro azzurro soltanto quattro anni fa: valeva la pena di perseverare, dato che il trionfo è arrivato proprio nei Mondiali ospitati dalla sua Catania. Ma senza dubbio il mese di ottobre è stato segnato dalla morte di Marco Simoncelli, caduto durante il secondo giro del Gran Premio della Malesia. Incidente che si è portato via un ragazzo tanto duro e aggressivo in pista quanto dolce e sensibile fuori, tragedia che ha indotto migliaia di persone a raggiungere Coriano (Rimini) per dare l’addio al “Sic”, salutato nel Gran Premio successivo da un minuto di “casino” e al quale è stata intitolata una fondazione volta ad aiutare bambini bisognosi di cure particolari. Marco, dal cielo, ne sarà certamente orgoglioso.

 

Novembre – Super “Nole”

 

A Londra, col Masters vinto da Roger Federer, si conclude un’annata letteralmente dominata da Novak Djokovic. Nel 2011, infatti, il tennista serbo si è aggiudicato, fra gli altri, tre tornei del Grande Slam (Australian Open, Wimbledon e US Open) e cinque Masters 1000. Incontenibile sul campo, “Nole” si è dimostrato anche estremamente sensibile, rendendosi promotore di numerose iniziative di solidarietà: dalla Bosnia al Kosovo passando per il disastro nucleare del Giappone, l’attenzione di Djokovic è a 360 gradi. Da numero 1.

 

Dicembre – Il sorriso ritrovato

 

Trionfo al Grand Prix col record di punti. Un risultato che sintetizza il percorso di maturazione di Carolina Kostner, tornata sul tetto del mondo dopo stagioni caratterizzate da alti e bassi. Considerata una predestinata, non sempre la 24enne pattinatrice altoatesina ha saputo tener fede alle attese (a volte ingiustificate) e alle pressioni (spesso eccessive) che gravavano su di lei. Caduta più volte, sul ghiaccio e non solo, Carolina ha saputo rialzarsi prima di tutto come persona, e poi come atleta. «Alle giovanissime – ha dichiarato – consiglio di andare dritte per la loro strada, di sbagliare con serenità». Se lo dice lei.

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