Tutto accadde una domenica

Il dolore per la tragica scomparsa di Simoncelli, e l'euforia in Nuova Zelanda per la vittoria degli All Blacks nel rugby: emozioni contrastanti nel mondo dello sport
simoncelli

La gioia più travolgente e la tristezza più grande. Una felicità attesa da ventiquattro anni, e una vita che s’interrompe a quella stessa età. Due facce, così opposte e in contrasto fra loro, della stessa giornata sportiva. È successo tutto in pochissimo tempo: alle 10.56 (ora italiana) di domenica 23 ottobre il cuore di Marco Simoncelli cessava di battere; neanche un’ora dopo, la Nuova Zelanda si vestiva a festa per celebrare il successo degli All Blacks nella Coppa del mondo di rugby. Così, mentre a Sepang si consumava il dramma, ad Auckland i “Tutti neri” mandavano in visibilio un intero Paese.

 

Quella occorsa a Marco Simoncelli, caduto durante il secondo giro del Gran premio di Malesia MotoGP, è stata una tragica fatalità. Una scivolata come tante altre, alle quali purtroppo il pilota romagnolo ci aveva abituato, che si sarebbe conclusa all’esterno della pista se l’elettronica non avesse “fatto il suo lavoro”, ovvero far riprendere il moto della ruota posteriore nel senso opposto. Anche per il fatto che SuperSic non aveva ancora lasciato cadere del tutto il mezzo, attraversando il tracciato proprio mentre sopraggiungevano Colin Edwards e Valentino Rossi. Tragedia nella tragedia, il pesarese è stato coinvolto nell’incidente che ha tolto la vita a uno dei suoi amici più cari. E in circostanze come queste tornano alla mente le solite domande: ma ne vale davvero la pena? A cosa serve rischiare la vita per cercare la gloria a due ruote? Lo sport è anche questo, e i piloti sono i primi a conoscere i pericoli della loro disciplina. E allora i pensieri tornano a questo simpatico ragazzo di Coriano, inconfondibile per la foltissima chioma e per la tipica parlata romagnola, tanto duro (e a volte eccessivo) in pista quanto dolce e sensibile fuori. Quello di lunedì notte sarà il viaggio più lungo per il padre Paolo, per la ragazza Kate e per quanti hanno condiviso con Simoncelli sogni e delusioni nei circuiti di mezzo mondo. Martedì all’alba la salma di Marco arriverà in Italia: ad attenderla, mamma Rossella e l’intera famiglia. Il tutto a pochi giorni dal miglior risultato ottenuto da SuperSic in MotoGP, ovvero il secondo posto di Phillip Island. Il sogno si è spezzato a un passo dal gradino più alto.

 

Quello che invece hanno conquistato gli All Blacks di Graham Henry. Da sempre riconosciuta come la Nazionale più forte del pianeta, forte di una tradizione assolutamente ineguagliabile, la Nuova Zelanda del rugby aveva un conto aperto con la Coppa del mondo. L’ultima infatti era arrivata ventiquattro anni fa, nella prima edizione del trofeo (anch’esso, peraltro, disputato in casa). Poi una lunga serie di delusioni, fra le quali il ko nella finale del ’95 contro il Sudafrica e la batosta subita dalla Francia nei quarti del 2007. Anche stavolta i transalpini hanno provato a beffare gli All Blacks, giunti all’ultimo atto della competizione coi favori del pronostico ma senza la loro punta di diamante, il mediano d’apertura Dan Carter. Una finale in bilico dall’inizio alla fine, poco spettacolare come tutti i match di tale importanza, chiusasi con uno striminzito 8-7. Sufficiente, però, per regalare alla Nuova Zelanda un’intera nottata (e non solo) di festa. All Blacks, Marco Simoncelli: gioie e dolori dello sport e di una domenica impossibile da dimenticare.

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