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Mondo > In punta di penna

Trump e Xi: due stili e due idee

di Michele Zanzucchi

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Il principale successo dell’incontro coreano tra i presidenti Usa e cinese sta nel fatto che si sono parlati. Pochi i risultati concreti

Il presidente Usa Donald Trump e quello cinese Xi Jinping nel loro incontro a Busan, in Corea del Sud, il 30 Ottobre 2025. EPA/YONHAP SOUTH KOREA OUT

L’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping si è tenuto dunque a Busan, in Corea del Sud, a margine del vertice Apec. Il colloquio bilaterale, il primo tra i due leader dal 2019, è durato circa un’ora e quaranta minuti, presso la base aerea di Gimhae, a Busan. L’atmosfera è stata descritta come «di collaborazione e distensione», culminata in una stretta di mano definibile come “non aggressiva”. Nonostante tutto, però, non vi sono state dichiarazioni congiunte, forse perché Xi temeva la debordante personalità trumpiana, che lascia poco spazio al comprimario allorché i microfoni si accendono.

Gli esperti di comunicazione pubblica, nel corso delle loro lezioni, debbono inserire per forza di cose una nota in cui spiegano quanto sia importante non affidarsi ciecamente alle immagini, che sono più manipolabili di quanto viene scritto. Ma le immagini riprese al termine del colloquio di Busan esprimono appieno, credo, i risultati ottenuti: Xi ha praticamente fatto scena muta, compito e con un sorriso appena accennato, Trump invece era loquace e affabile, volendo chiaramente mostrare il successo del colloquio, pur portando a casa risultati non ben definiti.

Xi ha dato l’impressione di lasciar fare il discolo con condiscendenza, ma con la determinazione di chi ha una visione sino-centrica del mondo, profondamente contrastante con l’America First di Trump. Se Xi continua a predicare e praticare la metodologia win-win, vinco io e vinci tu, il presidente Usa sembra incaponirsi sull’idea contraria, vinco io e perdi tu. Probabilmente questi sono i risultati più chiaro del colloquio: visioni diverse del mondo e del commercio, stili diversissimi, qualche piccolo avanzamento in tema economico.

Tuttavia, Donald Trump, al termine del suo incontro con il presidente Xi Jinping, nel viaggio di ritorno verso gli Usa ha espresso grande ottimismo e soddisfazione, definendo il colloquio «straordinario» e «fantastico». Ha persino attribuito all’incontro un punteggio di dodici su una scala da uno a dieci. Secondo Trump, il principale risultato ottenuto riguarda la tregua nella guerra commerciale, con l’annuncio che gli Stati Uniti non imporranno i dazi al cento per cento minacciati e la Cina allenterà le restrizioni all’export delle terre rare. Sarebbero stati altresì discussi e raggiunti accordi di base su questioni chiave come la riduzione dei dazi, l’export di terre rare e lo stop al traffico di Fentanyl, il potente oppioide nel mirino dei Maga.

C’era altresì una grande attesa (forse alimentata ad arte dall’amministrazione Usa) a proposito della guerra in Ucraina. Trump ha dichiarato di averne parlato con Xi, concludendo che le parti sono bloccate e che «a volte bisogna lasciarle litigare»; ma ha anche affermato che la Cina «aiuterà a porre fine al conflitto», e che «lavoreranno insieme». A sorpresa, Trump ha anche comunicato di aver dato istruzioni al Dipartimento della guerra per riprendere a fare test con le armi nucleari degli Stati Uniti «su base paritaria» con Russia e Cina, rilanciando la prospettiva di un accordo di denuclearizzazione a cui sembra che si aggiungerebbe Pechino. Ribadendo, tuttavia, che gli Stati Uniti hanno ancora «una chiara superiorità» in campo di armi nucleari.

Dunque, Trump ha dipinto l’incontro come una sua vittoria politica, millantando accordi per la riduzione delle tensioni commerciali e qualche progresso sulle questioni di sicurezza globale. Anche al termine del summit di Anchorage con Vladimir Putin, The Donald aveva strombazzato la grande vittoria del summit, mentre sappiamo bene come sono finite le cose. Di nuovo, Trump – che sui media ha certamente una presenza maggiore dei due omologhi – nei fatti si scontra con la fermezza delle posizioni politiche dei grandi leader mondiali (Xi, Putin, Modi in testa), mentre con quelli subalterni (vedi i leader europei) trova molta più arrendevolezza e una sottomissione mediatica a tratti imbarazzante, lo abbiamo visto più volte. Le sfingi Xi, Putin e Modi, soprattutto il primo, non si lasciano coinvolgere nemmeno di striscio nel turbine che Trump sa creare intorno a sé confondendo le carte ai concorrenti (tattica ormai ben conosciuta del tycoon).

Resta un fatto assai positivo dello stile trumpiano: ci si parla, non si ha paura di incontrare gli avversari (sembra, a questo proposito, che il presidente Usa volesse incontrare anche il leader nordcoreano), il che comunque è un dato positivo: parlandosi non ci si fa la guerra, almeno militare.

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