Tra Turchia e Grexit

Minacce dalla Turchia, il difficile rapporto con l'Ue, la crescita dei partiti nazionalisti e il calo di popolarità del premier. Accetterà le condizioni del Fondo monetario internazionale o si dimetterà?

Nonostante l’avviso Ue alla Turchia, tramite il suo rappresentante Margaritis Schinas, perché i rapporti di buon vicinato costituiscono un criterio per entrare nell’Unione, non si attenuano le minacce turche che proseguono sia con dichiarazioni da parte di membri del governo turco, sia con continue violazioni delle acque territoriali e dello spazio aereo greco.

Sinan Ulgen, professore turco al Carnegie Europe, sostiene che questo braccio di ferro non porterà a un conflitto militare ma «forse ci saranno conseguenze, perche le circonstanze non sono positive per la questione Cipro». Soner Cagaptei, capo della ricerca turca al Washington Institute, sottolinea che «se la Grecia respingerà la seconda richiesta per l’estradizione dei piloti turchi, allora Erdogan aumenterà la tensione e questo potrebbe riguardare Cipro, i profughi e altre tensioni militari nel Mar Egeo».

Se l’escalation avverrà nel momento in cui il governo di Trump è ancora in rodaggio chi e come potrebbe intervenire in caso di “incidente”? Nel 1996 la diplomazia Usa ha scongiurato un conflitto militare, ma ora? In situazioni simili dovrebbe predominare la ragione e, a dire il vero, di solito succede. Anche se non sono pochi i casi in cui gli “incidenti” si usano come strategia per dare legittimazione a un conflitto.

La Grecia sta affrontando una fase estremamente difficile. Da una parte il peggioramento dei rapporti con la Turchia, dall’altra la mancata intesa con le instituzioni europee per la chiusura della seconda valutazione del programma di risanamento. Inoltre, il calo della popolarità del premier, la continua richiesta dell’opposizione per elezioni anticipate e un’opinione publica piu diffidente che mai, creano un’atmosfera pesante per niente costruttiva.

Come se non bastasse, pochi giorni fa il rapresentante parlamentare di Syriza, Nikos Xidakis ha dichiarato che «il discorso sul ritorno alla dracma non é un tabù», creando ulteriori tensioni tra i partiti politici e insicurezza ai cittadini. Tutto ciò associato alla dichiarazione dell’Ambasciatore Usa presso l’Ue che «dal punto di vista economico sarebbe piu conveniente se la Grecia lasciasse euro» e l’invariabile opinione del ministro tedesco delle Finanze aumenta la pressione e la tensione. In breve, ormai l’ eventualità di una Grexit non suscita timori solo nell’ambito della Ue e, recentemente, in Usa, ma anche all’interno del Paese.

Nonostante i negativi sviluppi e la paura di una ripetizione dell’estate 2015, l’Alba Dorata è quasi entusiasta  per due motivi: primo, perché, secondo i sondaggi, rimane il terzo partito e aumenta la sua quota e, secondo, perché è d’ accordo con la politica di Trump. Come ha dichiarato all’Independent il deputato Ilias Panagiotaros: «La politica di Trump  rafforza le nostre politiche nazionaliste che difendiamo da anni. Dobbiamo salvare il nostro Paese e i nostri interessi, come fa Trump».

Le prossime settimane sarano critiche per il governo. Il Fondo monetario internazionale riferirà ai media il rapporto sulla Grecia e si sa già che non sarà positivo. Se questo accadrà prima della conclusione della seconda valutazione, significherà che ancora una volta il premier sarà con le spalle al muro e sarà costretto ad accettare tutto o a dimettersi.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons