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Thanksgiving: la festa americana più importante

di Margherita Bassi

- Fonte: Città Nuova

Giovedì 27 novembre negli Usa è il giorno del ringraziamento, “Thanksgiving”, una celebrazione che per certe famiglie americane è anche più importante di Natale. Ma che significato ha e come si festeggia?

Il tacchino, protagonista di Thanksgiving. Foto di Maikolaquino da Pixabay.

Negli Stati Uniti, la settimana di Thanksgiving e quella precedente, sono sempre incredibilmente caotiche. Prima dei due soliti giorni di ferie, ci sono gli ultimi esami all’università, gli ultimi progetti al lavoro, le ultime aggiunte all’organizzazione di chi porta cosa e dove, le ultime compere al supermercato (il tacchino si deve prenotare molto in anticipo!), per non parlare di viaggi e traffico.

In più, molti partecipano anche a un friendsgiving (una festicciola tra amici in stile Thanksgiving che si fa prima o dopo il giorno ufficiale) che spesso necessita di un coordinamento non da poco. Per esempio, un mio amico sta organizzando il friendsgiving per i suoi compagni di master: sono in 50, e ci vuole un foglio Excel per tenere conto del cibo da procurare. Con i nostri amici d’infanzia, invece, siamo più rilassati, ci troviamo nel fine settimana dopo Thanksgiving, e ognuno porta i resti della propria festa in famiglia. C’è il mito che i cibi rimasti da Thanksgiving siano più buoni di quando sono stati preparati, e non so perché ma credo che sia vero!

Nella mia famiglia – di origine italiana – sono sempre stata io a convincere tutti a seguire le ricette tradizionali di Thanksgiving. Se fosse per i miei genitori, mangeremmo una lasagna in compagnia e basta. Per quanto io adori la lasagna di mia madre, ho sempre voluto festeggiare con il tacchino, il gravy (il sugo), lo stuffing (il ripieno), e la salsa di cranberry (una bacca rossissima).

Quando ero piccola, ho imparato che per Thanksgiving si festeggiavano tutte le cose di cui siamo grati come commemorazione dell’amicizia settecentesca tra i coloni inglesi e gli indigeni americani. A scuola ci travestivamo da pellegrini e nativi americani e cucinavamo tutti insieme per onorare la festa del raccolto del 1621, quando si dice che le tribù locali aiutarono i coloni inglesi a sopravvivere all’inverno. Ma da quando l’idea dell’appropriazione culturale si è diffusa, fare una cosa del genere sarebbe un suicidio sociale.

Nella mia esperienza, fino a poco tempo fa festeggiare Thanksgiving era diventato oggetto di discussione, quasi un contenzioso. Certi credono che la festa ignori la verità scomoda della storia americana, che l’arrivo degli europei fu devastante per i nativi americani. Questo è probabilmente vero, ma la controversia era cresciuta quasi al punto di rappresentare la festa nel modo opposto. Io e la mia famiglia scherziamo su certe persone che sono convinte che in realtà i coloni inglesi hanno mangiato i nativi americani per Thanksgiving.

La verità, come sempre, sta nel mezzo – l’ho imparato l’anno scorso, quando ho intervistato due storici sull’origine di Thanksgiving per un articolo su una rivista americana. Mi hanno raccontato che l’amicizia tra i coloni e gli indigeni, tanto festeggiata, era in realtà un’alleanza militare contro altre tribù della zona. Sembra che il primo “Thanksgiving” sia stata una festa del raccolto molto normale in cui gli inglesi della colonia di Plymouth e i Wampanoag hanno veramente festeggiato insieme. I Wampanoag, in realtà, sarebbero stati invitati solo dopo, quando si precipitarono a Plymouth armati, pensando che i botti della festa fossero quelli di un attacco. Invece erano gli inglesi che si stavano divertendo a sparare in aria con le pistole. A quel punto i guerrieri nativi sarebbero stati invitati ad unirsi alla celebrazione. Ma la festa ispirata a quell’evento non nacque se non molto più tardi.

Come quasi tutte le feste americane, Thanksgiving oggi è molto commercializzata. Le decorazioni a forma di tacchino e di foglie autunnali sono in vendita fin da settembre, e uno degli eventi di Thanksgiving più conosciuti negli Stati Uniti è la parata organizzata da Macy’s, un’enorme catena di grandi magazzini. E il giorno subito dopo – Black Friday, cioè il venerdì nero – è ormai famoso come il giorno dei maggiori sconti dell’anno. Alle superiori io e le mie amiche ci avventuravamo in un centro commerciale fin dal mattino in cerca delle migliori offerte, e al pomeriggio tornavo a casa per decorare l’albero di Natale, che ci godevamo solo per un paio di settimane, visto che la mia famiglia ha sempre passato le feste in Italia.

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