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Thailandia e Cambogia, una lunga storia di rivalità

di George Ritinsky

- Fonte: Città Nuova

Una storia di litigio tra due Paesi, Cambogia e Thailandia, che hanno in comune molti elementi culturali e religiosi. A complicare la situazione ci sono, come sempre, interessi commerciali, corruzione, politica interna e dispute territoriali mai concluse o discusse in una conferenza internazionale. Come andrà a finire?

La primo ministro della Thailandia Paetongtarn Shinawatra incontra le truppe sul confine con la Cambogia EPA/THE ROYAL THAI GOVERNMENT

Quello che vediamo svilupparsi oggi tra Thailandia e Cambogia potrebbe essere l’inizio di un nuovo conflitto, che speriamo non scoppi. Per capire di cosa si tratti dobbiamo andare indietro nel tempo, al regno dei Champa e all’impero Khmer, più di mille anni fa: alle lotte dei popoli della regione che poi hanno dato vita agli stati moderni. Guerre sanguinose, piene di tradimenti raccontate in molte leggende: amore per la propria patria pagato a caro prezzo. E poi sappiamo bene che la storia la scrivono i vincitori, senza soddisfare quelli che hanno perso.

Thailandia e Cambogia hanno luoghi sacri comuni, templi di origine induista che sorgono sulle linee di confine dei due paesi, oppure, poco distanti da esse. Sono luoghi di devozione per entrambi i popoli e sono luoghi dove nei secoli passati si è combattuto per dei fazzoletti di terra. Ecco i fatti più salienti ad oggi: Il conflitto di confine con la Cambogia si è intensificato da quando, nel mese di aprile, le truppe cambogiane hanno fatto irruzione nell’area di Chong Bok, nella provincia thailandese di Ubon Ratchathani, al nord-est del paese. L’incursione ha portato alla costruzione di una base militare cambogiana, dalla quale i soldati cambogiani hanno aperto il fuoco contro i soldati thailandesi che si erano avvicinati per negoziare. Era il 28 maggio. Risultato, un soldato cambogiano morto e la riapertura di una grande ferita: a chi appartiene quel pezzo di terra? A questo punto gli animi si sono accesi in Cambogia, con la gente che è scesa, ancora una volta, per le strade della capitale Phnom Phen a protestare contro l’invasore thailandese.

Successivamente, la Cambogia ha rivendicato davanti alla Corte internazionale di giustizia (il Tribunale internazionale dell’Aia, principale organo giudiziario delle Nazioni Unite) quattro aree contese, tra cui Chong Bok. Una mossa fatta senza avvertire la controparte thailandese, che si è sentita tradita dai cambogiani, che prima cercavano di trattare e poi si sono rivolti ad un’istituzione “straniera” per un giudizio. Come riposta, la Thailandia ha limitato gli orari di apertura dei valichi di frontiera con la Cambogia: una mossa che ha ulteriormente indispettito i cambogiani (e la loro classe dirigente): impossibile far arrivare prodotti thailandesi in Cambogia, niente più benzina a buon prezzo, per esempio, ma anche niente più clienti per i casinò cambogiani situati proprio vicino al confine.

Una mossa molto costosa per il Governo Cambogiano e per coloro che hanno investito milioni di dollari sia nel commercio tra i due paesi sia nei casinò. Ma quando si parla di chi ha investito, di chi ha il potere nel Paese, il nome è uno solo: Hun Sen. Cioè un ex dirigente del partito dei khmer rossi, poi passato ai vietnamiti al potere in Cambogia dal 1985 al 2023. Dietro ai casinò, al traffico di merci, agli investimenti legali ed anche a quelli “grigi” c’è Hun Sen e la sua famiglia, da 38 anni con un potere incontrastato in Cambogia, ridotta ad una proprietà privata da gestire in famiglia e con i parenti.

L’attuale presidente del senato cambogiano e padre del Primo Ministro del Paese, Hun Manet, ha ripetutamente chiesto (senza esito) il ripristino dei normali orari di apertura dei valichi di frontiera con la Thailandia, come si evince da una registrazione telefonica resa nota con l’attuale Primo Ministro thailandese, la signora Paetongtarn Shinawatra (figlia del deposto Taksin Shinawatra, ex primo ministro, amico intimo di Hun Sen, amico di Putin, e tornato da poco da un esilio forzato durato 16 anni).

E qui arriviamo al vero nocciolo della ingarbugliata questione di frontiera, dove le truppe thailandesi e cambogiane si sono scontrate e dove c’è scappato anche il morto: la Primo Ministro thailandese, con poca esperienza ma figlia dell’influente e ricchissimo papà, che parla per 17 minuti al telefono con il capo della diplomazia di un Paese formalmente nemico, Hun Sen, chiedendogli in modo candido: «Zio Hun Sen, cosa hai bisogno che io faccia per te? Dimmi, aiutami a capire la situazione perchè in Thailandia ho molte difficoltà». E come se non bastasse ha aggiunto: «Questo nostro generale [il militare thailandese che ha dato l’ordine di sparare contro i cambogiani] è un avversario politico». Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso del malcontento nei thailandesi, che hanno accusato la premier Paetongtarn Shinawatra di alto tradimento. Non sono mancate denunce di gruppi di parlamentari e di persone in varie parti della Thailandia che hanno chiesto le dimissioni immediate di Paetongtarn Shinawatra.

Sabato 21 giugno il tenente generale Boonsin Padklang, comandante della seconda regione Militare della Thailandia, ha dato l’ordine di chiudere il valico di frontiera temporaneo fra i due Paesi. Un brutto segnale, in pratica, mirato proprio a dimostrare a Hun Sen, che l’esercito thailandese è indipendente dalla famiglia Shinawatra. Un segnale forte e chiaro da parte dei militari: la sovranità della Thailandia e la protezione della sua integrità territoriale non ha niente a che vedere con le politiche di amicizia e d’interesse della famiglia Shinawatra. Speriamo in un passo indietro di Paetongtarn Shinawatra. Per le strade di Bangkok, la gente ha iniziato a chiedere a gran voce un nuovo governo per la Thailandia.

 

 

 

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