Storie d’Italia

Tullio Pericoli e Nino Migliori raccontano il Belpaese in dipinti e foto. Malinconia e verità (prima parte).
tullio pericoli

Impalpabili sono i paesaggi marchigiani di Pericoli. Sembra che egli voglia racchiudere l’infinito dentro distese bianche, tratteggiate in punta di pennello o di penna. In un amalgama di colori che non sono confusi, ma fusi. Leopardiano nell’anima, anche se così non sembrerebbe. Del grande Giacomo mantiene il senso di apertura verso l’ignoto, e insieme lo sguardo verso la contemporaneità. Pericoli ritrae gli uomini del suo tempo, il secondo dopoguerra, fino a noi. Fra i tanti, quello di Pasolini fa impressione. È una larva, un sogno pallido, di colorito cinereo. Due occhi di brace spiccano sul volto che, oltre ad essere un ritratto, è diventato un simbolo. Il ritratto di Pasolini è l’occhio commosso e impietoso di Pericoli sulla nostra nazione, che ha spesso misconosciuto la vocazione profetica del poeta. Così, la natura, oggetto di amore e di riposo, con le terre ampie e bianche, e gli uomini, con il loro carico di tormento, segnano per Pericoli lo svolgersi della storia italiana. La rassegna romana, al Museo dell’Ara Pacis, presenta l’opera di questo grande artista, come quella di un filosofo pittore che osserva, contempla, e giudica l’uomo.

 

Si sente che Tullio ha un cuore grande, che abbraccia uomini e cose. C’è in lui il sentimento di una nazione che trova nel “ricordo”, cioè nel rivivere, pezzi di storia e di persone, il suo parlare più sincero. Si può allora permettere anche, come nei grandi ritratti, di far sentire il dolore per un infinito da cui troppo spesso ci si allontana e per i profeti di un tempo che ancora dovrebbero venire ascoltati.

 

Tullio Pericoli. Roma, Museo dell’Ara Pacis. Fino al 5/9

 

(segue la mostra di Nino Migliori)

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