Come scorre il tempo, non in ore ma in secondi. Tutto passa da qui e si consuma qui. Willy Monteiro, 21 anni, viene ucciso nel 2020 a Colleferro, nei pressi di Roma. «È tutto a posto?», aveva chiesto davanti ad un battibecco e viene ucciso a calci e pugni in 40 secondi, il film di Vincenzo Alfieri, 39 anni, che a Caserta, da dove viene, ha visto situazioni di analoga violenza.
I due fratelli picchiatori ora sono in carcere, sono dei giustizieri a quanto pare ben poco pentiti. Il regista tenta di capire cosa passi per la testa di due forzuti di professione, che si esaltano nel sangue, e traccia un racconto drammatico, duro, rapido dove la follia e la rabbia si scatenano per futili motivi. È la voglia di far del male che riduce l’uomo a belva. E il ragazzo ucciso, interpretato dall’esordiente Justin De Vivo con un coraggio notevole, ne è una delle vittime nel mondo giovanile nutrito dai media violenti, da messaggi di morte.
Altra cosa, un altro tipo di violenza anima Squali, opera prima diretta dal romano Daniele Barbaro. Squali sono gli uomini che detengono il potere mediatico e squali possiamo essere gli uni contro gli altri. Max ha 19 anni, il padre fa il meccanico nella provincia veneta ‒ il film è parlato spesso in dialetto, con sottotitoli ‒, lui ha fatto la maturità, sogna un viaggio in Spagna con gli amici, si diverte con loro in corse automobilistiche notturne e chiacchierate. Ma è timido, insicuro, non sa cosa farà. Ha però inventato una app speciale che viene colta da Robert Price, fondatore di un incubatore di start-up che lo convince a scendere a Roma. L’americano è insinuante, astuto, cinico, sfrutta il giovane come la squadra in cui lo fa entrare. Max si accorge di vivere tra squali che lo vogliono far diventare come loro. Deve prendere una decisione, firmare un ottimo contratto, dove in effetti è lui che decide la vita degli altri, dei “giovani” come gli insinua l’americano. Firmerà o non firmerà?
Lorenzo Zurzolo è un attore giovane che si cala nel ruolo con credibilità come la star James Franco che fa il cattivo. Il film racconta senza approfondire troppo in verità, indugia su alcuni luoghi comuni giovanili – l’insicurezza, i viaggi, la prima volta, gli ideali, il suicidio ‒ e subito lancia il messaggio contro lo sfruttamento mediatico. Non è il massimo, ma è sincero, ben fotografato, disinvolto, leggero. Resta un viaggio dentro la giovinezza attuale e presenta una volta tanto un rapporto padre-figlio bello e pacificato ed un Veneto reale di transizione generazionale.
Ancora giovani nel film di Paolo Virzì Cinque secondi. Anche qui si parla di tempi rapidi, quelli dell’anima. Un dramma in forma di commedia talora aspra talora divertente. La storia è quella di Adriano, professionista borghese che ora è una sorta di eremita inselvatichito in campagna, preda di un dolore interno furioso e irrisolto. L’uomo asociale viene raggiunto da un gruppo di giovani viticoltori proprio accanto a casa sua. Scontri, durezze, sfiducia, tensione.
Il tempo fa sì che qualcosa si plachi in Adriano che scopre la paternità, le debolezze dei giovani, i loro problemi. Lui, un dolore irrisolto, una ex moglie, una figlia, una collega, è un mondo in fermento che vorrebbe uscire dal dolore verso un minimo di speranza. Una storia intricata, tenera e dura come il luogo toscano dove il film è stato girato ‒ per nulla poetico ‒, che parla tanto di noi. Ottimo il cast a cominciare da Valerio Mastandrea, dalla comicità drammatica di un uomo vissuto e con la consueta presenza surreale di Valeria Bruni Tedeschi. Un piccolo film fatto di attimi dolenti e pure risibili, freschi e amari di una umanità adulta che, nonostante tutto, ha bisogno dei giovani e di un bagliore di luce.