Mentre l’opinione pubblica europea appare disorientata dall’attivismo di Trump sullo scacchiere internazionale, dai piani edilizi su Gaza svuotata dai palestinesi alle trattative dirette con Putin per porre fine alla guerra in Ucraina, circolano notizie e immagini terrificanti sulla violenza estrema che si sta consumando, si veda articolo su cittanuova.it, nella zona orientale Repubblica Democratica del Congo nella consueta indifferenza. Una carenza di attenzione che può giustificarsi con la complessità degli interessi internazionali che si giocano su quell’area, con accuse reciproche tra i Governi delle nazioni interessate da un lunghissimo conflitto ultra trentennale che ha finora provocato almeno 10 milioni di morti.
L’Unione Europea è paralizzata nel suo agire dal vincolo dell’unanimità del consenso degli Stati che la compongono, tanto che come scrive Romano Prodi, presentando il libro dell’ex ministra francese Sylvie Goulard, l’ulteriore allargamento dell’Unione comporterebbe la sua fine.
Ma un segnale di vitalità proprio verso la tragica situazione nella RDC è arrivato dal Parlamento europeo, che è legittimato dal voto diretto dei cittadini dell’Unione secondo il metodo proporzionale. Con «una risoluzione non legislativa adottata giovedì 13 febbraio 2025 con 443 voti favorevoli, 4 contrari e 48 astensioni, i deputati condannano fermamente l’occupazione di Goma e di altri territori nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC) da parte dei ribelli dell’M23 e delle forze di difesa ruandesi in quanto violazione inaccettabile della sovranità e dell’integrità territoriale della RDC».
Nella risoluzione «il Parlamento critica l’incapacità dell’Unione europea di adottare misure adeguate per affrontare la crisi e di esercitare pressioni sul Ruanda affinché ponga fine al suo sostegno all’M23. Esorta la Commissione e il Consiglio a sospendere immediatamente il memorandum d’intesa dell’UE sulle catene del valore sostenibile delle materie prime con il Ruanda, fino a quando il Paese non cesserà tutte le interferenze nella RDC, compresa l’esportazione di minerali estratti dalle zone controllate dall’M23».
Una dimostrazione di dignità e sovranità democratica europea che è in linea con le circostanziate denunce che non hanno mai smesso di arrivare da parte delle associazioni umanitarie da sempre presenti nelle zone di conflitto, come ambasciatrici di un’umanità che si ribella alla logica della guerra e dell’oppressione.
L’associazione delle organizzazioni non governative italiane, Aoi, ha rilanciato in queste ore l’analisi puntuale del professor Leopoldo Rebellato, presidente di Incontro fra i Popoli, in cui si denuncia l’azione impunita «dell’M23 come esercito vagante nella Regione Nord Kivu del Congo, vicino alle frontiere dell’Uganda e del Ruanda; esiste dal 2012 e nessuna forza nazionale e internazionale, inclusa l’ONU, massicciamente presente in quel posto da decenni, è mai riuscita a fermarlo nelle sue scorribande sanguinarie».
«L’M23, in questi anni, con la connivenza e l’aiuto di Uganda e Ruanda – precisa la mota rilanciata dall’Aoi- , ha fatto piazza pulita dei congolesi in tutte le zone interessanti sul piano minerario del Nord Kivu, con una sequenzialità ben prevista: invasione di un territorio, massacro indiscriminato, panico nella popolazione e sua emigrazione in massa a Goma (150.000 abitanti nel 1990, oltre due milioni ora)».
Anche in questo quadrante si è rivelato decisivo il ritorno di Trump sullo scenario internazionale. Secondo Rebellato «le dichiarazioni del nuovo presidente degli Stati Uniti di chiusura dei canali umanitari sostenuti dagli USA perché non remunerativi e del suo orientamento isolazionista e anti-multilateralista» hanno risvegliato l’M23, «sempre fornitissimo di armi le più moderne, costituito prevalentemente di giovani ruandesi, apertamente appoggiato dal governo ruandese».
Le ong italiane puntano il dito verso l’Ue che dal 28 febbraio 2024 è legata al Ruanda con un accordo di importazione di minerali preziosi a prezzi favorevoli in base a criteri ritenuti equi, senza tuttavia tener conto che la tracciabilità etica dei preziosi materiali non rileva il vizio di origine della filiera e cioè che il sottosuolo del Ruanda «abbia “zero” minerali interessanti!».
C’è da ricordare relativamente al rapporto con il Ruanda che il governo conservatore di Londra aveva stipulato un accordo con questo Paese africano considerato sicuro per l’esternalizzazione del controllo alle frontiere, trasferendovi forzatamente i migranti arrivati nel Regno Unito, secondo il modello australiano adottato anche dall’esecutivo italiano con gli accordi definiti con l’Albania.
I deputati europei sono bene a conoscenza della presenza spregiudicata russa e cinese nel continente africano e in particolare in quell’area di conflitto permanente, ma tale consapevolezza non ha impedito alla risoluzione approvata dal Parlamento europeo di chiedere «alla Commissione, agli Stati membri dell’UE e alle istituzioni finanziarie internazionali di congelare il sostegno diretto al bilancio per il Ruanda fino a quando non consentirà l’accesso umanitario all’area di crisi e romperà tutti i legami con l’M23. La Commissione e i Paesi UE dovrebbero inoltre interrompere la loro assistenza militare e di sicurezza alle forze armate ruandesi per evitare di contribuire direttamente o indirettamente a operazioni militari abusive nella parte orientale della RDC».
Tocca ora ai cittadini europei di non restare inerti, ma di far pressione verso i governi dei loro Paesi per dare seguito alla risoluzione dei deputati di Strasburgo. Una caparra per evitare il naufragio dell’identità europea.