Islanda: terra di ghiaccio, fuoco, aurore boreali e paesaggi che tolgono il fiato. Una meta da sogno per chi ama la natura selvaggia e l’avventura. Milioni di turisti, ogni anno, la scelgono per ammirare i suoi vulcani, i suoi geyser e, soprattutto, la sua straordinaria fauna marina. Tuttavia proprio in questi luoghi, tra la meraviglia di un soffio d’acqua all’orizzonte e l’emozione di una coda che si inabissa, si nasconde una trappola crudele, mascherata da “esperienza tipica”: la carne di balena offerta nel menu del ristorante. La cosa più scioccante è che questa industria sanguinosa si regge quasi esclusivamente sulle spalle di visitatori ignari.
La grande bugia del “piatto tradizionale”
Sfatare una leggenda è il primo passo per diventare consumatori consapevoli e il mito più diffuso che circonda la caccia alle balene in Islanda è che si tratti di una tradizione locale radicata. I dati, infatti, raccontano una storia completamente diversa: secondo recenti sondaggi condotti da Gallup (nota società di sondaggi) per conto dell’IFAW (International Fund for Animal Welfare), meno del 2% della popolazione islandese consuma regolarmente carne di balena. La stragrande maggioranza degli islandesi, infatti, non la mangia affatto.
Allora perché i menù dei ristoranti nelle zone turistiche di Reykjavík ne sono pieni? La risposta è semplice e desolante: è una brillante e letale operazione di marketing. La carne di balena viene venduta come “un’esperienza locale”, un must-try per il turista che vuole immergersi completamente nella cultura locale. In realtà, sta solo partecipando ad una messinscena creata ad arte per sostenere un’industria che altrimenti non avrebbe mercato. Un’attività che, senza la curiosità dei turisti, probabilmente cesserebbe di esistere.
Il ruolo (inconsapevole) dei turisti italiani
A questo punto entriamo in gioco noi: secondo i dati sul turismo, gli italiani rappresentano il settimo gruppo di visitatori più numeroso in Islanda. Ciò significa che, anche senza volerlo, abbiamo un peso significativo. Quanti dei nostri connazionali, seduti al tavolo di un ristorante dopo una giornata di escursioni, hanno ordinato un “assaggio” di balena, convinti di onorare una tradizione locale? Quanti hanno contribuito, con una singola scelta, a finanziare la prossima battuta di caccia? L’inconsapevolezza è il carburante di questa filiera, ma oggi abbiamo gli strumenti per sapere e, quindi, per scegliere. La verità è che ogni piatto di balena ordinato è un incentivo in favore della continuazione di una pratica crudele ed anacronistica.
Una crudeltà documentata e un danno ambientale
Non si tratta solo di un’illusione per turisti: Humane World for Animals (ONG internazionale per il benessere animale) denuncia che, nel 2023, un rapporto dell’Autorità Islandese per l’Alimentazione e la Veterinaria (Icelandic Food and Veterinary Authority) ha ritenuto la caccia commerciale alle balene incompatibile con la legge islandese sul benessere degli animali. L’analisi dei filmati girati a bordo delle navi ha rivelato che il 41% delle balene ha impiegato in media 11,5 minuti per morire e l’agonia di alcuni esemplari si è prolungata fino a due ore.
Più di un quarto delle balene è stato arpionato due volte prima di morire. Il rapporto ha evidenziato, inoltre, che la maggior parte delle balene uccise (il 73%) era di sesso femminile, 11 fra esse erano gravide ed una addirittura in allattamento, il che significa che il suo cucciolo non ha potuto sopravvivere in mare senza di lei.
Ogni individuo ucciso è una perdita netta per una popolazione che sta già lottando per la sopravvivenza a causa della crisi climatica, dell’inquinamento acustico e plastico degli oceani e dalle collisioni con le navi. Sostenere la caccia significa contribuire attivamente a spingere una specie magnifica verso l’estinzione.
La vera ricchezza: il wale watching
C’è un’altra grande contraddizione in questa storia legata all’argomento economico. L’alternativa esiste ed è rappresentata dall’industria del whale watching che, in Islanda, è un settore florido, sostenibile, in continua crescita, garantisce lavoro a migliaia di persone ed offre ai turisti un’esperienza davvero indimenticabile e rispettosa.
La scelta, quindi, è tra due visioni opposte dell’Islanda: quella che uccide le sue icone per un profitto marginale e quella che le protegge, trasformando la loro maestosità in una risorsa economica e culturale duratura. Cosa vale di più? Pochi minuti di un sapore discutibile o l’emozione di vedere una balena viva e libera nel suo habitat naturale?
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Il vero amore per l’Islanda non si misura assaggiandone i “piatti tipici” per turisti, ma proteggendo la magia che la rende unica al mondo. Dimostriamolo scegliendo di ammirare le balene nel loro oceano e non certo trovandole nel nostro piatto.