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In profondità > Verso l'Assemblea dei Focolari/13

Spiritualità e profezia

di Roberto Catalano

La mediazione di un carisma. I popi: donne e uomini capaci di cogliere la sapienza e diventare apostoli di dialogo

La prima volta che partecipai all’Assemblea Ggenerale dei Focolari, nel 1984, avevo 30 anni. Da 4 vivevo in India. Chiara Lubich era nel pieno della manifestazione carismatica, soprattutto in ambiti sociali, religiosi, politici esterni al Movimento e apriva l’Opera nata dal carisma dell’unità sull’umanità. Una realtà ecclesiale nuova, ma ispirata da un carisma prorompente.

Da allora ho partecipato a tutte le Assemblee generali, dal periodo della maggiore manifestazione carismatica a quello del cosiddetto “Chiara-dopo” nel 2021. Nell’Assemblea del 2008, a pochi mesi di distanza dalla scomparsa di Chiara, ci vollero il coraggio e il carisma da co-fondatore di Pasquale Foresi per imprimere una precisa direzione a un movimento confuso e spaccato fra la continuità e l’apertura al futuro. Fu eletta Maria Voce, capace poi di traghettare il Movimento nel post-Lubich.

Esperienze come questa mi hanno fatto toccare con mano quanto i movimenti ecclesiali, nati prima e dopo il Concilio Vaticano II, stiano solo ora entrando nel filone millenario della Chiesa cattolica, processo che presenta anche criticità. Il periodo della mediazione di un carisma è, infatti, cruciale: non lo si improvvisa, ma non si possono neanche anticipare i tempi. E soprattutto non lo si può gestire cedendo – male tipico del nostro mondo – alla tentazione della aziendalizzazione e managerializzazione.

Ancora un’esperienza personale. Nel 2014, ho fatto parte della Commissione preparatoria dell’Assemblea generale. Era la prima volta che si istituiva questo organo e quasi nessuno di noi membri sapeva cosa fare. Un grande aiuto ci venne da un religioso e una religiosa, entrambi della famiglia francescana, che avevano alle spalle un’esperienza di 8 secoli di Capitoli generali. Mi resi conto che il carisma della Lubich, sebbene profetico per questi tempi, aveva bisogno della storia, mai facile e lineare, per diventare parte del tessuto ecclesiale e umano attuale. I carismi più recenti hanno bisogno, in un clima di fraternità e comunione, dell’esperienza di coloro che da secoli hanno navigato, spesso anche in acque tempestose, per realizzare le profezie dei fondatori.

Oggi l’Opera di Maria si avvia a una nuova Assemblea che non sarà facile, dopo un quinquennio caratterizzato da turbolenze interne e nella Chiesa. Ne sono esempi la dolorosa questione degli abusi, tutt’altro che conclusa, e altre criticità specifiche dell’età di vita che caratterizza l’Opera. Per esempio, mentre si assiste a una flessione di partecipazioni al corpo e alle attività del Movimento, oltre che a preoccupazioni di sostenibilità economica, diventa urgente una riflessione sulla dimensione carismatica dell’Opera. È assoluta priorità discernere quale sia stata e rimanga la vera profezia che la Lubich ha proposto alla Chiesa e al mondo di oggi.

È ovvio che i cosiddetti fini specifici dell’Opera – così sono definiti dagli Statuti Generali – non possono essere né negoziati né messi in discussione. È fondamentale, piuttosto, impostare l’Opera di Maria per la loro realizzazione. Si tratta dei cosiddetti dialoghi (fra i carismi nel mondo cattolico, con membri di altre Chiese e comunità ecclesiali in ambito ecumenico, con persone di diverse religioni e con chi afferma di non avere una fede religiosa). Infatti, se da un lato le “turbolenze” rischiano di chiudere persone e comunità su se stesse, rispondere alle sfide del mondo e della Chiesa aiuta a riacquistare l’apertura che ha contraddistinto la Lubich, il cui sguardo non si è mai spostato dall’orizzonte della fraternità universale.

Papa Francesco lo ha riconosciuto lo scorso anno quando, rivolgendosi ai partecipanti al convegno interreligioso organizzato dai Focolari, ha definito questa esperienza «un cammino rivoluzionario che fa tanto bene alla Chiesa. È un’esperienza animata dallo Spirito Santo, radicata – possiamo dire – nel cuore di Cristo, nella sua sete di amore, di comunione, di fraternità». Il papa ha offerto una bussola. L’Opera di Maria è nata per questo bisogno di dialogo (interculturale, interreligioso e intergenerazionale ecc.) fondamentale nel mondo d’oggi. È chiamata a lavorare per questo insieme ad altri movimenti sia cristiani che, sorprendentemente, apparsi anche nel cuore di altre tradizioni.

Tuttavia, per fare questo è necessario coraggio e creatività, ma soprattutto persone con una identità precisa, che propongano un modello di uomo e di donna come quelli che la Lubich ha proposto con novità carismatica: i popi, donne e uomini capaci di cogliere la sapienza e diventare apostoli di dialogo, come Giovanni Paolo II li ha definiti. Oggi, sia i fini specifici che le identità si sono offuscati e con questo anche la profezia carismatica. Per risolvere questa situazione si corre il rischio di applicare a un’Opera carismatica metodi manageriali.

È necessario diradare la nebbia, tornando alla radice del carisma per realizzarlo oggi in modo creativo. Recentemente, ho incontrato un membro del Movimento, uomo di successo nel campo del management, che mi esprimeva alcune riserve sulla dirigenza dell’Opera e sull’impostazione da essa data troppo manageriale e aziendale. Gli ho obiettato che mi pareva assurda una tale osservazione fatta da un esperto mondiale di management. Mi ha risposto secco: «Io vivo di management, ma dall’Opera ho bisogno di spiritualità e profezia. Senza quella, nemmeno io posso fare ciò che sto facendo».

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