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Siria: fine delle sanzioni

di Bruno Cantamessa

Il presidente Usa Donald Trump ha annunciato a maggio che avrebbe sospeso le sanzioni americane alla Siria. Lo ha detto in Arabia Saudita, alla presenza dell’erede al trono Mohammed bin Salman e del presidente siriano, Ahmed al-Sharaa, leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), la milizia islamista capofila della variegata coalizione che a dicembre 2024 ha fatto cadere il regime siriano di Bashar al Assad ed è poi confluita nel nuovo esercito siriano.

Non poteva mancare alla riunione, infatti era collegato in teleconferenza, il presidente turco Erdogan, sponsor della costellazione ribelle al regime (filoiraniano) degli Assad, che ha dominato la Siria per più di 50 anni. Eliminare le sanzioni e promuovere la ricostruzione della Siria dopo quasi 14 anni di conflitto, non è né sarà una passeggiata. A margine, la competenza per eliminare le sanzioni statunitensi non spetta al presidente Usa, bensì al Congresso.

Anche l’Unione Europea ha deciso di annullare le sue principali sanzioni. La notizia è stata accolta con grandi festeggiamenti in molte città siriane. Meno entusiasta è stato il governo israeliano, che vorrebbe mantenere la Siria frammentata e in parte occupata, soprattutto in funzione anti-iraniana.

Le prime sanzioni Usa alla Siria erano state comminate fin dal 1979, seguite da altre nel 1986, 2003, 2004, 2011 e 2019, quando era stato adottato il “Caesar Act”, che proibiva qualunque investimento in Siria nei settori chiave di energia, aviazione e costruzioni. Gli effetti delle sanzioni hanno colpito pesantemente la popolazione siriana. Non così per la famiglia Assad, che poteva contare sulla produzione e spaccio internazionale di captagon, la droga sintetica che ha costituito il principale prodotto di esportazione negli anni della guerra.

La situazione umanitaria attuale della Siria è drammatica: oltre il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, 16,5 milioni di persone dipendono dagli aiuti e sono diversi milioni i siriani fuggiti o rifugiati all’estero; l’inflazione era arrivata a dicembre 2024 al 46,6% e il cambio ufficiale della moneta a 12 mila lire siriane per un dollaro (erano 189 nel 2015).

Al solo annuncio della sospensione delle sanzioni Usa e Ue l’inflazione si è ridotta, almeno quanto basta per riaccendere qualche speranza.

Ben oltre le questioni ideologiche, le sfide concrete sono adesso principalmente due: che i ribelli vincitori mantengano l’intenzione di cercare il bene comune di tutti i siriani (anche delle minoranze) e che gli sponsor internazionali della ricostruzione non puntino esclusivamente al potere e al controllo.

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