Shalom Pace Salam

Testimonianze e voci da Firenze: dall'imam capo delle comunità islamche al rabbino, dall'arcivescovo ai giovani del centro La Pira
Pace

«I tragici eventi che hanno colpito ancora una volta Parigi ci trovano sgomenti e increduli. Noi vogliamo rispondere prima di tutto con la preghiera per le vittime e la fraterna solidarietà alle loro famiglie. Vogliamo ribadire la nostra comune convinzione che le religioni non devono essere considerate motivo di violenza, né strumentalizzate per un fantomatico e ideologico ‘scontro di civiltà’. Anzi, ancora più che mai sentiamo l'urgenza di pregare e lavorare insieme per un "dialogo tra le culture e le religioni", così da liberare la terra da ogni traccia di violenza e rispondere col nostro impegno spirituale e quotidiano al Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati. Shalom. Pace. Salam!» Firmato, insieme, Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Joseph Levi, Rabbino capo di Firenze, e Izzedin Elzir, Imam di Firenze e presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d'Italia. Dalla città del “sindaco santo” Giorgio La Pira, costruttore di ponti tra religioni e culture, schieramenti politici e ideologie cieche, arrivano messaggi inequivocabili che invitano alla Pace e alla responsabilità, in parole e opere, a cominciare dalla netta separazione di ciò che una religione ispira e ciò che con la religione, per disumana evidenza, non ha nulla a che fare.

 

«Di fronte ai terribili, vili atti terroristici di Parigi, emerge il sentimento della rabbia e della paura. Sale il sospetto irrazionale e il pregiudizio verso chi ci è accanto e si professa musulmano. Ma sappiamo bene che musulmano non è uguale a terrorista, né atteggiamento cristiano è stato la caccia alle streghe o le cosiddette “guerre dei Franchi”, com'erano chiamate con altro nome le Crociate. Monta l'irragionevole rivalsa di una laicità non compresa, che diviene ideologia quando dice basta con le religioni, retaggio oscurantista». Inizia così il direttore del Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira” di Firenze, Maurizio Certini, interpellato in merito ai tragici fatti francesi.

 

La sua riflessione però si fa più ampia, tra l’arte e la storia alle radici della stessa Europa, ferita al cuore: «Non viene in mente, ad esempio, che Marsilio Ficino, nella Firenze del '400 propone per primo il concetto della Dignità dell'Uomo. Ficino era un frate domenicano e attingeva la sua riflessione prevalentemente dalla Scrittura, oltre che dai classici. Così Leon battista Alberti, che nella sua visione urbanistica considera la città ‘una grande casa per una grande famiglia’. La stessa Rivoluzione francese, desiderosa di combattere i privilegi di casta e promuovere la giustizia, fa propri valori evangelici, ma prendendo le distanze dalla dimensione della trascendenza, inventa la ghigliottina e il terrore.

 

Sì, evviva la laicità che è dimensione umana fondamentale, perché rispettosa dell'altro con la sua diversità. La laicità che appartiene a chi professa una fede religiosa, come a chi non la professa. La laicità che permette lo scambio sincero di pensieri diversi, cioè il dialogo che favorisce lo sviluppo della cultura e la pace. I nostri Costituenti lo hanno mostrato scrivendo insieme i 12 principi, anticipando quasi di un anno la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” sottolinea Certini, che ricorda proprio i collanti identitari fondanti di quella che è, o dovrebbe ricordarsi di essere, la cosiddetta civiltà occidentale. “La civiltà europea – precisa Certini – sorta prevalentemente dall’incontro dell’umanesimo greco con quello giudaico e cristiano si fonda sul valore dell’ospitalità e dell'accoglienza. Lo stesso Islam riconosce nel “Volto” di Dio misericordioso e nell’attenzione al povero (Zakat) questo stesso valore».

 

A lui si associano voci di giovani allievi, presenti e passati, del centro La Pira. «La sola cosa che mi è venuta in mente è stata la domanda ‘perché?’ – afferma Fara, dal Madagascar. – Perché non riusciamo a dialogare, ad usare il linguaggio dell'amore? Abbiamo perso tutto. Si vive nel terrore se subito, da adesso, non siamo noi per primi in ogni momento a desiderare di vivere in pace».

 

Profonda e articolata poi la riflessione di Hamdan, musulmano dallo Yemen, affidata anche ai social network: «Vigliaccheria, follia, disumanità e criminalità non hanno né fede né religione. ‘Allah è grande’ si dice per benedire la vita, per augurare un bene a una persona. Non in nome della nostra meravigliosa fede: non la usate! – afferma –. Esprimiamo le nostre più sentite condoglianze a tutte le famiglie francesi per questo atto criminale disumano: quello che è accaduto il 13 novembre a Parigi è sconvolgente. Sconvolge, addolora, affatica e logora la mente che un'intera civiltà di cultura e di pace sia presa in ostaggio e violentata da un manipolo di esaltati criminali, ma ancor di più un’altra constatazione: stanno distruggendo materialmente e moralmente intere comunità, regioni, paesi, cme Siria, Libia, Somalia, Palestina, Iraq, Yemen, Libano e il Mali. Sono i grani di un rosario di un dolore immenso e lacerante che squassa l'anima di qualsiasi uomo degno di chiamarsi tale – tanto più se di Fede Islamica, perché è come se l'identità stessa spirituale di pace e di fratellanza che dovrebbe essere propria del buon musulmano fosse stata rubata, portando via quanto hai di più caro e sacro–.

 

Così, mentre migliaia di musulmani nel mondo decidono di prendere le distanze, sfidando non solo il sedicente Stato Islamico, o più propriamente “Stato del terrore”, ma anche una certa radice integralista dal quale non si sentono rappresentati, la campagna #NotInMyName sembra, anche in Italia e a Firenze, la più coerente per stabilire una netta distinzione tra la disumana vocazione al massacro dell’Isis e la vocazione alla Pace intrinseca all’Islam.

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