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Mondo > In punta di penna

Sfoggio di potenza in Alaska

di Michele Zanzucchi

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Il summit in Alaska tra due uomini potenti, ma ormai non i più potenti, non ha risolto i problemi del Donbass, tutt’altro

Putin e Trump a Elmendorf-Richardson in Anchorage, Alaska, USA, 15 agosto 2025. EPA/GAVRIIL GRIGOROV/SPUTNIK/KREMLIN POOL / POOL MANDATORY CREDIT

È stato descritto come un vertice senza precedenti, ma non è vero, se si escludono alcune condizioni particolari: la base dove è stato ambientato il summit, la guerra del Donbass che continua da tre anni e più, la crisi del gas che ha spostato alcuni equilibri economici mondiali, l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato… Chi ha vinto? Nessuno. Ma i due protagonisti, per salvare la faccia, si sono riservati delle vie d’uscita utili per tornare in patria da vincitori. Pari e patta, allora? No, semmai doppia sconfitta (con l’aggiunta della perdurante insignificanza dell’Europa).

Gli apparati che hanno fatto da cornice e da sfondo al summit sono stati da grande parata. Che bisogno c’era di far sfrecciare a beneficio delle telecamere i bombardieri B2, quelli che hanno colpito in Iran, con le loro sagome che incutono paura? Che bisogno c’era di portare “la bestia”, cioè l’auto blindata di Trump per una brevissima passeggiata in comune, tête-à-tête, tra i due capi di Stato? Putin non ha sfoggiato chissà che, d’altronde non era che ospite in un territorio che era stato russo ma che ormai è a stelle e strisce: solo l’arrivo spettacolare del suo aereo scortato dai bombardieri lo è stato. Ma la sua forza, il suo sfoggio di potenza di fronte a un Trump che sembra una girandola (forse per confondere l’avversario) sono stati concentrati nei suoi niet: alla tregua, al parziale ritiro dai territori ora occupati nel Donbass, alla Nato in Ucraina, all’adesione di Kyiv all’Unione europea. Con i suoi niet ha dato l’impressione all’opinione pubblica mondiale di aver vinto ai punti il confronto.

In realtà, sappiamo molto poco di quel che si sono veramente detti Donald e Vladimir, al di là dell’enorme quantità di fake, di false notizie diffuse, che paiono una cortina di sbarramento per imbonire i popoli. L’impressione, mentre sul campo la Russia avanza, ma non in modo macroscopico e a costi elevatissimi, è che Putin abbia tutto l’interesse in questo momento a continuare senza grandi cambiamenti: all’interno, una guerra è sempre comoda per rinfocolare i sentimenti nazionalistici; sul campo gli occidentali inviano meno armi all’Ucraina; e la Cina continua a sostenere Mosca.

Anche a Trump, in fondo, fa comodo poter continuare a prendere per il naso i suoi alleati europei, e proseguire nel dare conferenze stampa senza vero contradditorio, a mostrarsi a fini interni come lui sia l’uomo più potente al mondo (che tra l’altro riesce a guadagnare miliardi pur essendo un presidente in carica, alla faccia dei principi democratici). Vedremo, comunque, cosa succederà nella settimana che comincia, se cioè si arriverà a qualche risultato concreto, se Zelensky non s’arrabbierà ancora alla Casa Bianca, se gli europei – tutti corsi ai piedi del tycoon – riusciranno a ottenere qualcosa.

Resta il fatto, però, che Trump e Putin non sono più gli uomini più potenti del mondo. In Alaska non c’erano Xi e Modi, le due autorità politiche che hanno dietro le loro spalle più di un miliardo di sudditi ciascuno, che influenzano una parte rilevantissima di opinione pubblica mondiale con le loro azioni più che coi missili senza sfoggiare la loro potenza, che hanno economie in forma, che possiedono legioni di ingegneri e matematici che operano nel digitale e che così hanno in mano una buona fetta del futuro del pianeta.

Per i due leader asiatici, in questo momento c’è tutto l’interesse a non far sfoggio di potenza bruta, visto che in realtà hanno già sostituito in gran parte Usa e Russia nel ruolo di “gendarmi del mondo”. Perché Russia e Usa hanno non poche gatte da pelare, a cominciare da Trump che forse non si rende conto che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale non sta dalla sua parte, per continuare con Putin che sempre più appare un vassallo di Pechino.

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