Sfida alla Jungfrau

Sulle Alpi svizzere, seguendo le orme di Tartarino, l’eroe provenzale creato da Alphonse Daudet. Una garbata ma acuta satira delle mode (e manie) in campo turistico
Jungfrau

Con i suoi 4158 metri la Jungfrau, ovvero la “Vergine”, è la terza vetta più elevata delle Alpi Bernesi dopo il Finsteraarhorn e l’Aletschhorn.  Posta a cavallo tra il Canton Berna e il Canton Vallese, forma assieme al Mōnch e all’Eiger un massiccio montuoso di eccezionale bellezza paesaggistica, celebre in tutto il mondo, ed è un’ambita meta alpinistica a motivo delle sue innumerevoli vie di ascensione a difficoltà per lo più alta.

Se moderne e attrezzatissime sono le stazioni sciistiche del versante bernese, la maggiore attrazione turistica della zona resta la ferrovia della Jungfrau, una delle tratte ferroviarie più alte al mondo, che dopo un percorso in galleria e all’aperto fra panorami spettacolari raggiunge la più elevata stazione ferroviaria europea, a 3454 metri.

Il gigante di ghiaccio della Jungfrau ha ispirato, fra l’altro, l’umorismo di gran classe di Alphonse Daudet, espresso nella sua creazione più fortunata: Tartarino di Tarascona, l’eroe fanfarone ma di buon cuore, che non si rassegna al mondo così com’è ma lo trasfigura con la fantasia, l’idealista ingenuo che diventa simpatico anche per i suoi difetti.

A lui lo scrittore provenzale ha dedicato una trilogia (Tartarino di Tarascona, Tartarino sulle Alpi e Tarascona a mare) resa famosa in Italia, per i tipi di Mondadori, dalla traduzione toscaneggiante di Aldo Palazzeschi, che riproduce nella nostra lingua il colorito “Tartarin” provenzale. Il quale, dopo aver inseguito nel primo volume la gloria cacciando leoni nel Sahara (vi sono echi d’un soggiorno giovanile di Daudet in Algeria), nella seconda avventura lascia il suo amato nido di Tarascona per sfidare i pericoli delle Alpi svizzere, ultimo grido in fatto di avventura per i borghesi di fine Ottocento. Il motivo? In qualità di fondatore di un club alpino nella tranquilla cittadina provenzale, deve difendere la sua carica di presidente, insidiata dall’invidioso Costecalde.

Deciso dunque a puntare ai colossi ammantati di ghiacci, bardato e accessoriato come il più accanito scalatore, Tartarino fa tappa prima al Rigi Kulm, per poi affrontare la più emozionante (e rischiosa) Jungfrau. Senonché la guida del posto altri non è che il compaesano Bombard, ancora più fanfarone di lui, che gli svela un segreto esplosivo: le Alpi svizzere sono un immenso luna park agli ordini di una potentissima compagnia. Anche l’alpinismo è tutto finto, e i crepacci sono imbottiti di materassi perché nessuno si torca neppure un capello.

C’è da meravigliarsi se il nostro Don Chisciotte provenzale, così rassicurato, va incontro spavaldamente a pericoli che neppure i più esperti affronterebbero con la stessa disinvoltura? Ma altre ancora sono le avventure che toccano al nostro: come quando nello stesso albergo in cui alloggia s’imbatte in un gruppo di nichilisti russi decisi a far fuori lo zar e – invaghitosi dell’affascinante Sonia – rischia di venire affiliato alla pericolosa combriccola.

In un succedersi vertiginoso di situazioni comiche e imprevedibili, rese più godibili dallo stile luminoso, fluido e ricco di immagini di Daudet, non cessa di stupirci per la sua modernità questa garbata ma acuta satira del turismo alpino (e non solo) con i suoi riti, i suoi stereotipi e le sue ridicole manie.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons