Senza scampo

Quattordici donne uccise in due settimane dopo la fine di una relazione sentimentale: un’escalation preoccupante. Ma c’è chi riesce a perdonare.
violenza donne

 

 Una relazione che finisce e non c’è scampo, per lei e, spesso, anche per lui. Sembra questo il copione più ripetuto sul set della vita del nostro Paese in quest’ultimo periodo. Quattordici omicidi in poche settimane dopo il rifiuto a proseguire una storia d’amore (o pseudo tale) che scatena la furia omicida come unica e immediata risposta. E non fa differenza se lei è una donna che vuole separarsi dal marito che la accoltella per strada oppure ha 16 anni, come Eleonora, la ragazza uccisa domenica scorsa, all’indomani del suo addio al fidanzato trentenne che si è poi a sua volta ucciso; se è italiana, come la maggior parte delle vittime di quest’estate o immigrata, come l’albanese uccisa ieri sera nel cuneese. Vittime della frustrazione, dell’incapacità di reagire positivamente ad una delusione e di dominare gli istinti, della violenza gratuita che si impara ormai da piccoli dagli schermi di tv e playstation. Un’escalation preoccupante che non può non farci riflettere. «La nostra è una società in cui sembra che ognuno possa fare tutto ciò che vuole – commenta Beppe Sivelli, psicologo e psicoterapeuta –, una società in cui l’altro è vissuto spesso come un’appendice, un possesso. Per imparare a sopportare gli insuccessi, le delusioni, i fallimenti, ci vuole invece una personalità adulta e matura».

 

E come non pensare che sia tale, ed anche di più, la personalità di chi riesce a perdonare chi gli ha ucciso una figlia? È quello che è successo ai coniugi Vanin, genitori di Roberta, 43 anni, di Spinea, in provincia di Venezia, uccisa cinque giorni fa con sessanta coltellate dal suo ex fidanzato e socio in affari, Andrea Donaglio. Danilo e Gina Vanin sono distrutti dal dolore, ma riescono ad interessarsi dell’altra famiglia coinvolta, quella dell’uccisore: «Ci sentiamo continuamente – raccontano –, ci dispiace enormemente anche per loro e per Andrea stesso. La mamma non riesce a vederlo da tre giorni, ci vogliono troppi permessi. Per una madre è un dolore immenso essere lontana dai propri figli». La violenza non ha fatto morire la capacità di amare e perdonare. Ma questa è un’altra storia.

 

Ma come si può riuscire a perdonare? Lo abbiamo chiesto allo psicologo Pasquale Ionata. «Se si cerca su internet la voce "perdono in psicologia", si ottiene una varietà di risultati – ci spiega –. Io però ritengo attendibile la spiegazione che lo scrittore e docente di psicologia americano Everett Worthington fornisce sul suo libro L’arte del perdono. Lui sostiene che il perdono si elabora in cinque fasi: la rievocazione dell’atto che ci ha offeso; la comunicazione empatica con chi ci ha ferito; la decisione consapevole di perdonare seguita da un atto altruistico; l’impegno pubblico del perdono; il tenere fede all’impegno preso».

Un percorso impegnativo, dunque, che non si esaurisce in poco tempo e di cui i coniugi Vanin sono esemplari testimoni.

 

 

 

  

 

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