Senza grandi ideali la politica è poca cosa, la lezione di David Sassoli

La fraternità possibile. I frutti del personalismo cristiano nella costruzione di un’Europa potenza di pace. Le questioni aperte che restano aperte. Intervista a Claudio Sardo, curatore degli scritti di Sassoli “La saggezza e l'audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa
David Sassoli ANSA / CIRO FUSCO

Non si può vincere un senso di profonda commozione nel rivedere il video dell’intervento compiuto nel 2019 da David Sassoli nella sua Firenze su “L’eredità di Giorgio La Pira nell’Europa di oggi. Basta fermarsi ed ascoltare per porsi domande sul senso dell’Europa nel convulso scenario mondiale. Claudio Sardo ha curato un testo, “La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa”,che raccoglie gli interventi del presidente del Parlamento europeo morto prematuramente l’11 gennaio 2022.

Il libro, che contiene una densa prefazione di Sergio Mattarella, continua ad essere presentato in tutta Italia generando dibatti. Con Claudio Sardo parliamo perciò della fecondità della lezione di vita di una persona integra rimasta nel cuore di molti, oltre le parti.

Quali sono le questioni centrali che Sassoli ha messo in evidenza e che vanno affrontate oggi per impedire il tracollo stesso della Ue?
David Sassoli ci manca tanto. Ma ci ha lasciato un’eredità preziosa. Che sta a noi utilizzare, sviluppare, ulteriormente arricchire. Negli anni della presidenza di David al Parlamento europeo si è compiuta una svolta nelle politiche economiche e sociali dell’Europa. Una svolta di chiaro segno solidarista. Sono stati superati tabù, come il debito comune, che apparivano inviolabili. Il contrasto alla pandemia, dopo una prima fase di incertezza, è stato gestito dalla Commissione e dai governi nella collaborazione e nell’unità. David Sassoli è stato un protagonista di quella stagione, si è battuto perché non ci fosse rivalità tra i Paesi nell’acquisto dei vaccini e dei dispositivi di protezione, perché si adottassero misure inedite e forti a tutela di chi perdeva il lavoro, di chi viveva nella povertà e nel bisogno, delle imprese che rischiavano di fallire. E’ riuscito a correggere quel paradigma rigorista, che aveva prodotto recessione e diseguaglianza durante le crisi finanziarie globali a cavallo del 2010. Bisognerebbe ora proseguire su questa strada. Accelerando l’integrazione europea, modificando i Trattati, eliminando il diritto di veto in capo ai singoli governi, impedendo il ritorno dei nazionalismi, espliciti o mascherati.

Cosa è cambiato nel tempo che si separa dalla morte di Sassoli che esprimeva la continuità di una visione improntata a personalismo cristiano?
Purtroppo, registriamo dei passi indietro nelle scelte politiche europee. Sono certo che David li denuncerebbe. Che chiederebbe ancora agli europei di vincere gli egoismi, di guardare al futuro e alle prossime generazioni. L’Europa non è reversibile, pena una catastrofe civile. Dobbiamo tuttavia migliorarla, renderla più utile ai cittadini. Il personalismo è una matrice di straordinario valore, ma è anche un percorso e un traguardo. Dobbiamo fare in modo che l’Europa unita abbia la forza, materiale e morale, di farsi costruttrice di pace. L’Europa è rinata da una promessa di pace, dopo l’abisso della seconda guerra mondiale. La pace per l’Europa è come l’ossigeno per gli esseri viventi. Non possiamo farne a meno: verrebbe meno la nostra stessa identità”.

In un suo saggio in memoria di Pietro Scoppola, nel 2009 Sassoli indicava la necessità di superare da parte dei cattolici l’approccio moderato (“Quando i cattolici non erano moderati”). Cosa significa in concreto oggi nell’apparente alternativa egemone tra sovranisti e liberisti?
Il cattolicesimo democratico e sociale è stato un motore potente della crescita democratica, economica, civile dell’Italia e dell’Europa. Ha contribuito, in misura determinante, alla ricostruzione nel dopoguerra e allo sviluppo nei decenni successivi. Ha avuto una grande capacità di mediazione attorno alle libertà democratiche e al primato costituzionale della persona. Mediazione attiva, non una semplice conciliazione di opposti. David Sassoli è cresciuto in questa cultura. Ora però quelle modalità di mediazione non sono storicamente proponibili. Viviamo nel tempo dei mercati globali, della comunicazione immediata, dei poteri economici sovranazionali, della democrazia minacciata, anche al proprio interno, da venti di sfiducia. Nel mondo si parla la lingua della disintermediazione. E in questo contesto occorre essere chiari, coerenti, avere la forza dei propri valori, testimoniarli prima ancora che proclamarli. Libertà, giustizia sociale, pace, integrazione, fraternità, cura.

Il cardinale Zuppi ha parlato di “radicalismo dolce” con riferimento al pensiero sociale di Flavia Franzoni..
La radicalità evangelica di Papa Francesco è diventato un punto di riferimento mondiale e non può non essere uno stimolo per i credenti che si assumono la propria responsabilità nella città dell’uomo. I conservatori provano a usare la cristianità come muro difensivo di un Occidente in crisi. Non mi pare una buona cosa. Credo invece che sia necessario camminare insieme a chi lotta per lo sviluppo integrale della persona, di tutte le persone, al fine di generare una cristianità sempre rinnovata. La radicalità non è estremismo. Non è cercare la divisione a ogni costo. È una forza interiore, che può divenire forza comunitaria e sociale. Anche il nazionalismo e il liberismo hanno assunto espressioni radicali. Ma in queste versioni estremiste c’è della violenza e dell’ingiustizia a cui non bisogna piegarsi. Anzi, occorre mostrare che un mondo più fraterno è possibile. David Sassoli è stato un esempio. E il suo testimone è nelle mani di chi vuole raccoglierlo.

Con Sassoli, infatti, abbiamo avuto in Europa un rappresentante della concezione “lapiriana” della storia e del ruolo del Mediterraneo di pace…
David Sassoli, da giovanissimo, ha conosciuto Giorgio La Pira. Lo considerava un suo maestro. La Pira univa mirabilmente la concretezza e la profezia. Senza grandi ideali la politica è davvero poca cosa. Il pragmatismo, pur necessario, non è sufficiente a costruire progetti. La profezia è anche conoscenza: La Pira parlava di escatologia del profondo. Ed è speranza. La speranza ha a che fare con le radici del personalismo. La speranza presuppone la libertà e accetta il rischio della sconfitta nelle vicende storiche. Le sconfitte, però, non sono mai definitive quando comprimono le potenzialità della persona e della comunità. Si può, si deve sempre continuare a seminare.

Ma come si può far politica mantenendo questa dimensione profetica restando dentro una dimensione partitica che è fisiologicamente piena di contraddizioni?
Ci sono momenti della storia in cui è possibile avvicinarsi agli ideali sognati: in quelle occasioni, l’uomo politico deve saper realizzare conquiste valide per tutti. Ma ci sono momenti in cui si resta distanti dal risultato: in quelle circostanze il politico deve far vivere la contraddizione. Oggi la contraddizione sta nella difesa intransigente della libertà del popolo ucraino, aggredito dalla Russia, e nell’incomprimibile desiderio di pace, a cui non vogliamo, non possiamo mai rinunciare. Non rinunciamo alla libertà, né a lavorare per la pace. Anche se appaiono termini in questa ora inconciliabili. La vera vittoria è la pace: bisogna continuare a dirlo”.

Il cardinale Matteo Zuppi ha parlato della necessità di una Camaldoli europea facendo riferimento ad un momento straordinario della vita del nostro Paese con il crollo imminente del fascismo e la guerra in corso. I cattolici a Camaldoli, come ha scritto Sassoli, capirono che non si poteva tornare all’ante 1922 e contribuirono alla Costituzione repubblicana. Esiste, a suo parere, un parallelo con la situazione odierna in Europa?
È un’immagine molto suggestiva la Camaldoli europea. Sentiamo la necessità di un pensiero adeguato ai tempi nuovi, e insieme la necessità di alzare lo sguardo, di puntare in alto, di avere coraggio. Coraggio collettivo. Come ebbero quei giovani cattolici che, mentre il fascismo stava cadendo, cominciarono a pensare alle fondamenta di una nuova democrazia. Oggi la dimensione minima per pensare al futuro delle nostre comunità è l’Europa. Chi dice che bastano i singoli Stati fa leva sulle paure e cerca di nascondere la realtà. Non so se evocando Camaldoli il cardinale Zuppi – grande amico di David sin dai tempi del liceo che hanno frequentato insieme – si riferisca, oltre che al rilancio dell’Europa in chiave personalista, anche alla necessità di un aggiornamento della progettualità cattolico-democratica. Personalmente sono convinto che i cattolici devono guardare alla contemporaneità senza nostalgie del passato, ma aprendo un confronto serio, serrato con la radicalità evangelica del papa. Con il papa dell’ecologia integrale, che è la più forte attualizzazione del personalismo. I credenti devono riuscire, nella loro prassi, ad accorciare le distanze tra le coraggiose parole di pace, di giustizia, di accoglienza, di misericordia che Francesco pronuncia e la loro azione storico-politica. Sassoli era impegnato in questo. Senza ostentare la propria identità cristiana nello spazio pubblico. Ma lasciando che gli altri riconoscessero nel suo agire una testimonianza autentica di fede.

( Un estratto di questa intervista è stata pubblicata sul numero di aprile 2024 della rivista Città Nuova)

Su David Sassoli vedi anche “Il mondo capovolto nel saluto a Sassoli

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