Sfoglia la rivista

Italia > Società

Se vuoi la pace prepara la guerra? Una risposta da Catania

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

«Mettere in discussione la corsa agli armamenti – fino al tema rimosso delle armi nucleari presenti anche nel nostro Paese – diventa un dovere civile e spirituale, non una posizione ingenua o ideologica». L’impegno comune di Azione Cattolica, Acli, Agesci, Caritas, Movimento dei Focolari Italia, Libera e Pax Christi, per la 58ª Marcia nazionale per la Pace promossa dalla Conferenza episcopale italiana il 31 dicembre nella storica città siciliana

La Marcia della Pace che ogni fine dell’anno viene promossa dalla Chiesa italiana è un gesto controcorrente che trova la sua origine nel 1968, nel pieno della contestazione per la guerra in Vietnam e di un intero sistema economico e sociale nell’aspettativa di “un mondo nuovo da costruire”.

In questo fine 2025, invece, viene ripetuto e diffuso ogni giorno il motto arcaico e nefasto del Si vis pacem para bellum in un clima di paura che impone come necessario e inevitabile il riarmo, anche a costo di tagliare le spese sociali e quelle per difendere l’ambiente.

In nome di una sicurezza affidata ai mezzi di distruzione di massa, resta un tabù mettere in discussione l’adesione del nostro Paese al trattato Onu di abolizione delle armi nucleari.

Si comprende quindi perché non è questione da “anime belle”, staccate dalla realtà, cercare di leggere i segni dei tempi per capire e mettere in pratica l’invito pressante e universale di papa Leone XIV ad una “pace disarmata e disarmante, umile e perseverante”, consapevoli come afferma il suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2026 di vivere in un mondo polarizzato in cui le «enormi concentrazioni di interessi economici sospingono gli Stati in una spirale distruttiva».

Quest’anno  la marcia  della pace attraverserà le strade del centro di Catania, dove è vescovo metropolita mons. Lugi Renna, presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. La città posta sotto l’Etna è uno dei luoghi emblematici delle tensioni in materia di migrazioni, con le inchieste e i processi collegati alla violazione di leggi sulla sicurezza ma anche del senso di umanità messo in crisi da fatti come quelli avvenuti proprio la notte di Natale con il naufragio avvenuto non troppo lontano, al largo della Libia, di un’imbarcazione che ha visto salvarsi solo una delle 116 persone a bordo.

La Sicilia, poi, è una grande piattaforma sul Mediterraneo di massima importanza sul piano strategico. A pochi minuti di viaggio da Catania si colloca Sigonella, grande e strategica base aerea Nato, gestita dall’Aeronautica Militare italiana ma cruciale per la Marina statunitense (Naval Air Station Sigonella – NAS Sigonella) e per le operazioni dell’Alleanza atlantica, ospitando droni Global Hawk, velivoli antisommergibile e assetti per missioni di sorveglianza, oltre ad essere un importante hub logistico e un deposito di munizioni. Non è inoltre molto distante il Mous di Niscemi, una delle 4 infrastrutture al mondo predisposte da Washington per controllare ogni tipo di informazione tramite un sistema di comunicazioni satellitari con le forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del globo.

Quale è il contributo che, in tale contesto, possono offrire i cristiani oltre a ribadire che la guerra è una follia (alienum est a ratione)? Non è già evidente con l’orrore consumato in Terra Santa, la carneficina in atto nel Sudan che in pochi vogliono vedere e lo strazio della guerra in Ucraina che dura ormai da quasi 4 anni?

Questa domanda è al centro del convegno che si svolgerà dal 30 dicembre pomeriggio al 31 mattina per poi dare vita alla marcia nella sera della fine dell’anno. È infatti urgente, come ha detto Leone XIV rivolgendosi agli abitanti di Lampedusa, ribellarsi alla “globalizzazione dell’impotenza” «davanti all’ingiustizia e dolore innocente». È tempo di resistere alla tentazione di «stare fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente da fare».

Per tale motivo le associazioni e i movimenti che promuovono la marcia della pace assieme alla Cei hanno rilasciato un comunicato come criterio di discernimento della realtà in atto e base di un impegno comune su questioni nodali che sono già al centro di un’azione condivisa nella società civile. E cioè: «il dissenso motivato verso la cultura della guerra e la logica del riarmo; la necessità di investire nell’educazione alla pace, alla nonviolenza e all’obiezione di coscienza; l’urgenza di un’economia di pace e di una conversione ecologica integrale, difendendo il lavoro da ogni ricatto legato alla produzione di armi; l’impegno per la cooperazione internazionale, la diplomazia popolare e la difesa civile non armata e nonviolenta; la volontà di riaprire un serio dibattito pubblico sul disarmo nucleare e sull’adesione ai trattati internazionali di messa al bando delle armi atomiche».

Le questioni in evidenza saranno al centro del convegno in un programma articolato con più contributi, con uno sguardo incentrato il 30 dicembre sulla Sicilia per abbracciare quindi il mondo intero, per poi dare spazio ad un dialogo aperto tra i rappresentati delle diverse realtà a partire dalla domanda “Sentinella, quanto resta della notte?”.

La Marcia prenderà, poi, il via alle ore 15.30 con il ritrovo a Piazza Stesicoro per iniziare un cammino su 5 tappe scandite da testimonianze e approfondimenti, per giungere infine alla Chiesa di San Benedetto dove alle ore 22 verrà celebrata la Messa trasmessa per l’occasione in diretta su TV2000.

«Catania, nel cuore del Mediterraneo, è stata scelta – come affermano le associazioni e movimenti – come luogo simbolico. Un mare che può essere ponte di incontro tra i popoli o frontiera di morte; uno spazio che richiama la visione di Giorgio La Pira, che vedeva nel Mediterraneo il “grande lago di Tiberiade”, centro di pace per le nazioni. Andare a Catania significa affermare con chiarezza che l’Italia non può essere ridotta a piattaforma della “guerra mondiale a pezzi”, né il Mediterraneo trasformato in un cimitero di migranti».

La Marcia di Catania vuol essere un segno di speranza e di responsabilità. «Un atto collettivo per dare voce al ripudio della guerra sancito dalla Costituzione italiana e per rilanciare il sogno di un’Europa capace di essere potenza di pace nel mondo».

Qui il programma del convegno di preparazione alla Marcia.

Qui l’itinerario con le tappe della Marcia nella città di Catania.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876