Se n’è andato Abbas Kiarostami

Il cinema perde un autore di grande rilievo. Un pittore di Teheran che esordisce nella pubblicità per poi realizzare più di 40 pellicole, dove mette a fuoco il suo particolare registro espressivo: una poesia fatta di sottintesi, di allusioni, perché la realtà è complessa e solo tramite accenni la si può osare comprendere
Abbas Kiarostami

Chi l’avrebbe detto che anche il regista turco ci avrebbe lasciati così presto, e in sordina. A 76 anni a Parigi, Kiarostami ci ha detto "arrivederci". Il cinema perde un autore di grande rilievo. Un pittore di Teheran che esordisce nella pubblicità – almeno 150 spot tra il 1962 e il 1968 – e solo nel 1970 propone il suo primo film Il pane e il vicolo. Seguiranno poi altri 40 lavori dove egli mette a fuoco il suo particolare registro espressivo: una poesia fatta di sottintesi, di allusioni, perché la realtà è complessa e solo tramite accenni la si può osare comprendere. Ma anche perché il regime islamico del suo Paese lo controllava ed egli doveva, si direbbe forzatamente, parlare un linguaggio criptico. Che rimase la sua cifra, anche quando venne in Europa, a vincere nel 1997 la Palma d’oro a Cannes con Il sapore della ciliegia, dove racconta di un uomo di mezza età che si aggira in auto per la desolata periferia di Teheran cercando qualcuno che l’aiuti a suicidarsi. Vinse a Venezia nel ’99 il Premio della Giuria per Il vento ci porterà via e proseguì la sua ricerca morale sulla società contemporanea nel 2002 con Ten, nel 2010 con Copia conforme e nel 2012 con Qualcuno da amare, dove però giungeva ad un manierismo formale eccessivo.

 

Il meglio forse Kiarostami l’ha dato nell’indagine sul rapporto tra uomo e natura – Sotto gli ulivi del 1994 –, quando le storie che racconta sono commentate dall’occhio onnipresente della natura, con l’attenzione ai dettagli, agli sguardi, ai sentimenti sussurrati. L’immersione nell’Occidente ha fatto bene a questo regista? Chissà, l’ultimo film non lo direbbe. Meglio ritornare ai lavori degli anni Novanta del Novecento, quando il filtro umano e spirituale con cui raccontava la vita era sorretto da un incantamento e da una purezza di sguardo assolutamente originale, che talora faceva ricordare Bresson. Nato anche come illustratore di libri per l’infanzia, Kiarostami amava raccontare storie semplici di giovani a contatto con le difficoltà della vita e con il mondo complicato degli adulti, sempre mantenendo quel filo di poesia e di ingenuità che rendeva le sue opere misteriose. Per chi? Solo per chi non avesse mantenuto il suo occhio pulito, anche a 76 anni.

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