Screening neonatale per rilevare malattie rare. Il grido delle associazioni

Ad un anno dall’approvazione dell’estensione dello screening neonatale a tutte le regioni, la questione rimane bloccata nella mancanza dell’adeguamento dei tariffari da parte della Conferenza delle Regioni.
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Scrivevamo esattamente un anno fa di come il Gruppo di lavoro sullo Screening Neonatale Esteso istituito presso il Ministero della Salute avesse consegnato gli esiti delle proprie valutazioni riguardo a nuove patologie da inserire nell’elenco nazionale che stabilisce per quali malattie questo test debba essere effettuato: poche gocce di sangue che consentono, grazie ad una speciale metodologia di analisi, di identificare subito una serie di malattie genetiche per le quali è possibile e necessario intervenire subito, dando a questi bambini una buona prospettiva di vita.

Tuttavia, ad un anno appunto da allora, nulla è stato fatto: è il grido d’allarme che lanciano una settantina di associazioni attive nell’ambito dell’assistenza ai pazienti con malattie rare, insieme ad un appello affinché la situazione si sblocchi quanto prima. In particolare, spiegano, non è stata inserita nell’elenco la SMA (atrofia muscolare spinale) né sono stati fatti gli ulteriori studi per l’inserimento di altre 7 patologie. Paradossalmente, spiegano, il decreto di aggiornamento all’elenco «è pronto da mesi, ma il ministero della Salute non può emanarlo fin quando non sarà approvato il decreto tariffe, che è bloccato da 6 mesi alla Conferenza delle Regioni». Un passo necessario affinché questo screening venga inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), garantiti da ciascuna Regione ai propri cittadini. Di qui l’appello direttamente alla Conferenza delle Regioni; in modo particolare al presidente Massimiliano Fedriga e al coordinatore della Commissione Salute, Raffaele Donini.

«Lo screening neonatale fa la differenza talvolta tra la vita e la morte, sicuramente tra una vita in discreta salute e una vita di malattia e disabilità, le cui conseguenze ricadono su chi ne è affetto, sulle famiglie e, infine, proprio sul sistema sanitario e sociale. Certamente non tutte le Regioni stanno osteggiando il decreto tariffe – dicono le 69 associazioni aderenti all’Alleanza Malattie Rare e al CnAMC di Cittadinanzattiva – a noi piacerebbe proprio sapere quali siano gli ostacoli reali: i cittadini hanno diritto di sapere».

«Sappiamo che i fondi non sempre sono sufficienti – proseguono le associazioni – ma quelli per lo screening sono stati stanziati da anni e anche rifinanziati nel tempo, e altri potrebbero essere stanziati a fronte però di una programmazione e utilizzo da parte delle Regioni. Quello che è certo è che, ad oggi, i cittadini devono fare i conti con situazioni territoriali molto eterogenee». A seconda della Regione in cui si nasce, infatti, le malattie oggetto di screening sono di più oppure di meno: con il risultato che nascere nel “posto sbagliato” può significare non vedersi diagnosticata una patologia che, se affrontata per tempo, potrebbe essere curata o quantomeno limitata nei suoi effetti. «In attesa di un decreto che renda tutto uniforme, le Regioni vanno avanti per progetti pilota e leggi regionali, e fanno benissimo nel concreto – osservano le associazioni -, ma non è così che deve funzionare il diritto alla salute. Sbloccate il diritto dei bambini ad avere una chance di vita e quello delle persone con malattie croniche e rare ad avere prestazioni più aggiornate di quelle che abbiamo ora».

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