Il caldo afoso, 36 gradi con umidità al 90%, di domenica 15 giugno 2025 non ha fatto desistere il “popolo della pace”: attivisti con le bandiere arcobaleno, famiglie con bambini anche piccoli, giovani avvolti nelle bandiere palestinesi, settantenni con passo veloce hanno attraversato le vie di Marzabotto, località dell’Appennino bolognese, per salire a Monte Sole, con un percorso di 10 chilometri e pendenza del 30%, per partecipare alla prima marcia della pace Marzabotto-Montesole promossa dall’amministrazione comunale di Marzabotto per dire “no” al genocidio in atto a Gaza e per ribadire il “no” a tutte le guerre e all’aumento delle spese militari previste dl piano europeo e che in questi giorni si sta traducendo in operatività governativa.
L’appello della sindaca Valentina Cuppi, già presidente nazionale del Pd e del Comitato regionale per le onorificenze delle vittime di Marzabotto, era stato lanciato a inizio maggio per tentare di rompere il muro di inazione da parte della comunità internazionale e della politica italiana verso quanto da mesi accade nella Striscia di Gaza, un vero e proprio genocidio che continua mentre scriviamo, con una media di decine di morti al giorno a causa dei pochissimi aiuti di cibo che vengono fatti passare e delle sparatorie sulla folla affamata.
Circa 130 associazioni e realtà pacifiste avevano risposto proponendo una manifestazione nazionale proprio sui luoghi che nel settembre del 1944 videro il più vasto eccidio di civili di tutta la Seconda guerra mondiale, oltre 700 persone i cui nomi e cognomi sono oggi scritti sul memoriale del comune di Marzabotto.
L’idea è stata quella di una manifestazione nazionale (poi anticipata da quella di sabato 7 giugno dei partiti di centrosinistra a Roma ma organizzata dopo quella bolognese, e seguita il 21 sempre a Roma da quella delle associazioni nazionali aderenti a Europe for peace contro le politiche di riarmo tra cui Arci, Rete italiana disarmo e Sbilanciamoci) che rompesse il muro di silenzio su Gaza con una posizione forte contro ogni complicità, esplicita o implicita, di sostegno al governo di Netanyahu e della politica di sterminio del popolo palestinese partendo da un luogo di forte simbologia di tutti gli eccidi.
Monte Sole e le varie frazioni che all’epoca sorgevano su di esso, San Martino, Casaglia, Cerpiano, San Giovanni di sopra, San Giovanni di Sotto, sorge infatti molto vicino alla Linea Gotica che, correndo da est a ovest, dallo spezzino fino all’Adriatico lungo all’incirca l’attuale confine tosco-emiliano, dall’estate del 1944 alla primavera del 1945 fu sotto l’occupazione nazifascista, fino a quando riprese l’avanzata delle truppe alleate.
Marzabotto e l’intera valle del Reno, dove si trova, furono i primi luoghi in cui nacque e si impose la lotta partigiana di liberazione, animata da civili, sia uomini che donne che, sfidando le forze di occupazione, attuavano azioni di guerriglia contro le stesse, rifugiandosi nelle montagne e trovando sostegno da parte della maggioranza delle popolazione locale.
E fu proprio nei comuni limitrofi a Monte Sole, Monzuno, Vado, Grizzana, Marzabotto, che fin dal novembre del 1943 operò una delle brigate partigiane più attive, la Stella Rossa guidata da Mario Musolesi, detto Lupo, con azioni di sabotaggio e di attacco a numerose postazioni di controllo dell’esercito tedesco nonché alle vie di comunicazione ferroviarie, di fondamentale importanza per gli approvvigionamenti.
Di stampo apolitico (molti militanti erano credenti) e grazie alle azioni del suo comandante, la brigata, nell’impossibilità di agire come organizzazione alla luce del sole, si diede dopo qualche mese alla clandestinità. In essa confluirono non solo civili locali ma anche soldati inglesi fuggiti di campi di prigionia e civili e soldati fuggiti di varie regioni.
Le azioni di successo della Brigata, che operando su un ampio territorio minacciavano le possibilità di ripiegamento verso nord delle milizie tedesche nel momento in cui le forze angloamericane fossero risalite oltre la barriera appenninica, indussero la controffensiva tedesca a rafforzare la sua presenza con il tristemente noto “reparto 16”, reparto corazzato ricognitori facente parte della 16ma SS-Panzergranadier-division della “Reichsfurer SS” comandato da Walter Reder.
La controffensiva fu fortissima, combattuta con armi pesanti a cui, nonostante la lotta porta a porta, la Brigata Stella Rossa non riuscì a tener testa e fu annientata insieme al suo comandante Lupo. L’azione di attacco continuò con un rastrellamento generale dell’intera area e dal 29 settembre al 5 ottobre del 1944 si concentrò sugli abitanti sulle pendici di Monte Sole dove vivevano soprattutto anziani, donne e bambini, essendo i giovani e gli uomini dediti alla guerriglia.

Memoriale e dati sulle vittime al parco storico di Monte Sole Foto Wikipedia
Trucidati casa per casa od obbligati a raccogliersi nel cimitero come i fedeli che si erano radunati in chiesa con il loro sacerdote don Tommasini, furono fucilati senza pietà puntando anche a terra per colpire i bambini più piccoli.
Morirono in centinaia, donne, bambini, anziani disabili. Le abitazioni dei piccoli borghi vennero bruciati.
Uccisioni e distruzioni si protrassero per tutto il mese di novembre. I corpi delle vittime rimasero insepolti per mesi. Le vittime della mattanza della settimana tra il 29 settembre e il 5 ottobre furono 775, altri 180 furono le uccisioni nei 3 comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno nell’estate del 1944, e altri 721 morirono in quegli stessi comuni per cause di guerra, per un totale di 1830 vittime, così come riconosciuto nel 1948 quando verrà data la medaglia al valore civile.
Subito dopo la fine della guerra furono condannati i fascisti che collaborarono con i comandanti tedeschi, mentre nel 1967 il comandante Reder fu condannato all’ergastolo per le stragi in Toscana e per 262 vittime a Monte Sole. Ma negli anni successivi, a seguito di una lettera alla cittadinanza di Marzabotto in cui chiedeva perdono, rifiutata dal comunità interpellata, ottenne la semilibertà e rientrò in Austria, dove fece sapere che non si era affatto pentito ma aveva scritto quella lettera su suggerimento del suo legale. Morì nel 1991.
A Marzabotto fu costruito il memoriale e nel 1982 costituito un Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto. Nei luoghi dell’eccidio trovarono luogo due realtà assai significative. Si tratta della Scuola di pace di Montesole, che dagli anni ’90 a oggi ha visto realizzazione di campi estivi di accoglienza e reciproca conoscenza di ragazzi israeliani e palestinesi, generando uno stile di amicizia e reciproco rispetto tra giovani di entrambi i popoli.
L’altra realtà che qui ha voluto insediarsi è la Comunità delle piccole sorelle e dei piccoli fratelli istituita da Giuseppe Dossetti dopo il suo abbandono della vita politica per la scelta di una vita religiosa: nei luoghi in cui si è scritta una pagina di indicibile crudeltà umana, si è scelto di far parlare solo la preghiera, come monito permanente contro ogni guerra e le sue terribili conseguenze.
Ancora oggi la Scuola di pace continua con progetti miranti alla convivenza civile, mentre la comunità dossettiana continua la sua attività di preghiera: ed è proprio una religiosa di quella comunità, suor Germana, che ha concluso gli interventi della Marcia dello scorso 8 giugno, appellandosi alla necessità di prendere posizione contro ogni genocidio e le responsabilità di chi lo alimenta.

Marcia Montesole 15 giugno 2025 Foto Pressenza
La Marcia Marzabotto-Montesole ha gridato il suo “no” agli eccidi contemporanei che divergono da quelli del passato solo per i diversi contesti ma non per la stessa volontà, come ha detto la giornalista Paola Caridi, «di costruire un nemico e di distruggerlo fino all’annientamento totale». È una memoria, quella di ieri, che si fa oggi realtà, e i partecipanti alla marcia lo hanno fatto proprio.