Russia Ucraina, un anno di guerra

In assenza di un’iniziativa internazionale significativa, purtroppo la guerra rischia di proseguire e anche di allargarsi con crescenti danni umani e materiali. Per cercare una via di uscita si potrebbe ripartire dall’appello lanciato da una cinquantina di ex diplomatici italiani nell’ottobre 2022
Russia Ucraina. (AP Photo/Libkos, File)

La “Blitzkrieg” di Putin scatenata nel febbraio 2022 giunge ad un anno senza aver raggiunto i suoi scopi inizialmente dichiarati, cioè quelli di occupare l’Ucraina e di cambiarne il governo.

Il risultato, però, è quello di una guerra che si trascina con una potenza distruttiva di vite umane e di un territorio con le sue case e le sue infrastrutture.

Ad oggi non si sanno con esattezza le cifre delle morti di questa tragedia, dato che si hanno solo stime (da parte statunitense si erano azzardate cifre di 200.000 vittime tra ucraini e russi), ma il conflitto continua e miete il suo tributo di sangue.

La tensione internazionale appare crescente di fronte al pericolo di un’escalation che a parole nessuno vorrebbe, ma che da parte russa arriva a minacciare addirittura il possibile uso dell’arma nucleare e da parte occidentale prosegue con un crescendo sia di forniture di armamenti sempre più avanzati, sia di dichiarazioni politicamente temerarie.

Stoltenberg, segretario generale della NATO, ha dichiarato più volte la volontà di far entrare l’Ucraina nella NATO, senza apparentemente considerare che l’adesione di un Paese in guerra farebbe scattare automaticamente la partecipazione al conflitto degli altri Paesi alleati.

 

Se da parte di Kiev è comprensibile una simile richiesta, cioè avere un’assicurazione militare (praticamente da parte statunitense), nei fatti una simile ipotesi si tradurrebbe in una vera e propria guerra dapprima sul territorio europeo e poi, nel caso di un’escalation nucleare, su gran parte del pianeta con le conseguenze catastrofiche che, come ha documentato già la Croce Rossa Internazionale, non avrebbero né vinti né vincitori.

 

Se la solidarietà al Paese ucraino è fuori discussione, appare legittimo domandarsi quali ipotesi si facciano per risolvere la guerra. Affermare che è solo l’Ucraina a dover decidere modi e tempi della conclusione del conflitto è una dichiarazione di principio che non considera un piccolo particolare, cioè quello che nel conflitto comunque sono coinvolti i Paesi occidentali in primis, attraverso le forniture di armi e di munizioni, il sostegno finanziario e un ampio ventaglio di sanzioni, che, oltre a colpire l’economia russa, hanno effetti innegabili anche sulle nostre.

 

Se per Putin l’”operazione militare speciale” è stata l’occasione utile per reprimere ulteriormente ogni forma di dissenso interno, già colpito a partire dagli anni della guerra in Cecenia (basta ricordare l’omicidio della giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja nel 2006), in Europa occidentale il conflitto purtroppo ha evidenziato subito la dicotomia amico/nemico, per cui, se non si è schierati sulla linea del “senza se e senza ma”,  automaticamente si viene catalogati e accusati di filoputinismo, di tradimento della patria ecc.

 

La non attuazione degli accordi di Minsk, l’esistenza di corpi armati influenzati da certe ideologie, la diffusa corruzione (penultima in Europa con 33 punti, seguita dalla Russia con 28, secondo le classifiche di Trading Economics), la guerra civile in corso dal 2014 erano e sono questioni da non menzionare, anzi da tacere in questo nuovo clima.

 

Tale appiattimento bipolare è coerente con una visione del mondo molto semplificata stile buoni vs cattivi, tipica dei film western di Hollywood, ma di fronte ad una guerra di logoramento che sembra senza via d’uscita sarebbe opportuno cercare altre modalità di approccio, come già indicato da un appello lanciato da una cinquantina di ex diplomatici italiani nell’ottobre 2022. Questo documento in particolare prospettava un percorso basato su un simmetrico ritiro delle truppe e delle sanzioni, su una definizione della neutralità dell’Ucraina sotto tutela dell’ONU, sullo svolgimento di referendum gestiti da Autorità internazionali nei territori contesi, nonché sull’avvio di una Conferenza sulla Sicurezza in Europa nello spirito di Helsinki.

 

Gli appelli di papa Francesco contro questa guerra (e le tante altre) appaiono cadere nel vuoto e i governi non sembrano ipotizzare altra soluzione se non quella dell’invio di armi e di munizioni per un conflitto che rischia di allargarsi drammaticamente.

Eppure, fino a poco tempo fa, molti governi occidentali avevano stretti rapporti commerciali con il Cremlino, al punto da dipendere energeticamente da Est, facendo finta di ignorare la crescente repressione dei diritti umani in quella superpotenza. Nel caso italiano, oltre a dipendere per il 40% delle importazioni di gas, abbiamo sottoscritto un contratto con l’armata rossa per 358 mezzi e corazzati Lince (2011-2014), non vedendo cosa veniva fatto da quelle forze armate in Georgia nel 2008 o in Siria nel 2015. Allora era realismo politico.

 

Immaginare che l’Ucraina possa sconfiggere militarmente la Russia è utopico (come lo è che la Russia ci riesca altrettanto con Kiev). Infatti Mosca ha 800.000 militari alle armi, 2.000.000 di potenziali coscritti e oltre, un’industria bellica poderosa, nonché una profondità territoriale rilevante dal punto di vista geopolitico, mentre Kiev, dotata di un forte spirito di resistenza, gode del sostegno massiccio degli occidentali. Se nessuno dei due contendenti può vincere, allora l’unica alternativa è quella di cercare di uscire da questa situazione di stallo: tertium non datur.

La sfida è quella di cercare una de-escalation, non quella di minacciare anche la Cina (vedi il caso dei palloni abbattuti dagli USA) e di ipotizzare la terza guerra mondiale nel caso di un sostegno di Pechino a Mosca, come ha dichiarato Zelensky in un’intervista recente al Corriere della Sera.

I recenti episodi di tensione tra Washington e Pechino segnalano che il conflitto in Ucraina comporta ben altre sfide nelle relazioni internazionali e che un suo allargamento potrebbe essere poi incontrollabile a livello planetario.

Il crescendo quantitativo e qualitativo delle richieste di armi e munizioni da parte di Kiev a fronte della pressione militare russa da un lato conferma la stallo del conflitto e dall’altro la pericolosità del progressivo innalzamento che, ad esempio, potrebbe derivare dalla dotazione di aerei multiruolo F16 che, con il loro raggio d’azione di 4.220 km, potrebbero entrare rapidissimamente nello spazio russo e far fare un ulteriore salto al conflitto stesso.

 

Infatti, nonostante tutto, è evidente la ritrosia di Washington a fornire tali nuovi mezzi proprio per non rischiare quanto sopra. In assenza di un’iniziativa internazionale significativa, purtroppo la guerra rischia di proseguire e anche di allargarsi con crescenti danni umani e materiali in primis all’Ucraina, in secundis a tutta la comunità mondiale che già sta fortemente risentendo degli effetti di tale conflitto.

Città rase al suolo, milioni di profughi, decine di migliaia di morti, feriti e mutilati, inquinamento territoriale e ambientale sono solo alcuni dei risultati di questa guerra ancora in corso, che inoltre lascerà in eredità odio ed astio sia tra due popoli che si definivano “cugini”, sia sullo spazio europeo, come testimonia il fatto che ancora oggi noi popoli dell’Unione Europea non riusciamo a superare completamente i segni delle tragedie del secolo scorso.

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