Roselyne Hamel: «Il segreto della fratellanza è nell’incontro»

Martedì 5 dicembre è stato presentato a Roma il Premio Internazionale Padre Jacques Hamel, un riconoscimento giornalistico in memoria del sacerdote francese ucciso sull’altare
Roselyne Hamel, sorella del sacerdote ucciso in Francia da due giovani fondamentalisti. Foto: Candela Copparoni

Sono passati 7 anni dalla scomparsa di padre Jacques Hamel, un sacerdote aperto all’ascolto che con grande umiltà e senza far rumore si dedicava a fare del bene agli altri, costruendo ponti di dialogo e di incontro. «Era silenzioso ma molto protettivo, emanava serenità e pace nonostante il dolore. Quando ero con lui mi sentivo sempre bene, la nostra relazione era molto fraterna». Così lo ricorda la sorella, Roselyne Hamel, che martedì 5 dicembre ha partecipato alla conferenza di presentazione del Premio Internazionale Padre Jacques Hamel, il quale vuole essere un riconoscimento al lavoro giornalistico a favore della pace e del dialogo interreligioso.

Roselyne ha 83 anni ed è visibilmente provata dalla perdita dell’amato fratello, ucciso a coltellate il 26 luglio 2016 da due giovani jihadisti dopo aver celebrato l’Eucaristia nella parrocchia Saint Etienne du Rouvray, all’età di 85 anni. Tuttavia, sorprende l’amore che emana dal suo cuore e il desiderio di seguire i passi di padre Hamel verso la riconciliazione e la pace. «A volte le forze mi abbandonano – confessa Roselyne –. Ci sono dei periodi in cui le domande che pongo a Dio sono di più delle preghiere, ma vedere la forza che mio fratello ha avuto davanti alla sua morte imminente mi spinge a non lasciarmi andare alla negatività e al dolore».

Padre Jacques Hamel era un instancabile costruttore di pace, capace di far nascere un dialogo proficuo nel ritrovare nel volto dell’altro un vero fratello, indipendentemente dal credo religioso. Nella regione di Rouen dove viveva aveva sviluppato dei forti legami con la comunità musulmana, con la quale si riuniva una volta al mese per un’intera giornata per condividere il pasto e discutere sui loro modi di vivere la fede e la religione, sui loro disaccordi e le cose che li avvicinavano. Come una volta il presidente di questa comunità ha spiegato a Roselyne, lui era diventato per loro «un amico e un padre».

Anche oggi il dialogo interreligioso è vivo nella città. Infatti, la sorella di padre Jacques racconta come ci sia stata una specie di primo “fatto miracoloso”: una grande serata di preghiera con persone di diverse confessioni, senza che ci fosse nessuna discordia. «Bisogna riconoscersi diversi e apprezzarsi, nelle differenze ed in ciò che ci accomuna. Bisogna capire che il segreto della fraternità è nell’incontro. Per noi cercatori di pace la ricchezza è nella diversità», sottolinea Roselyne.

Per lei, come per il resto della sua famiglia, la violenza perpetrata nel mondo, come il massacro in Terra Santa, risveglia il dolore e la sofferenza che si portano dentro. Tuttavia, ci sono segni che le fanno ancora credere all’unità, come l’esempio di tante persone colpite dalla guerra o dal terrorismo che, quando ritorna la calma, fanno uno sforzo per parlarsi, capirsi e stabilire un nuovo inizio sul cammino della speranza.

È quello che ha fatto lei stessa decidendo di incontrare la madre di uno dei ragazzi che ha ucciso padre Jacques Hamel. Nel cercare una via d’uscita da quel profondo dolore si è chiesta: «Chi può star soffrendo più di me?». Dopo una dura meditazione ha concluso che il suo dolore e quello della madre dell’assassino poteva essere condiviso, e ha ritenuto importante conoscerla per comprendere quanto stava attraversando. Quando dopo alcuni mesi di telefonate le ha chiesto di incontrarla, la signora ha risposto: «È da tempo che la aspettavo». Roselyne racconta così questo avvicinamento: «Quando siamo arrivati ci ha aperto la porta e le sue braccia, e mi ha chiesto perdono. Le ho spiegato che non è il perdono quello che andavo a cercare, bensì il condividere una sofferenza. Sono contenta di aver vissuto questo momento, perché lei ne aveva più bisogno di me». Tra le due è nata una grande amicizia, quasi un legame di famiglia che dura tuttora.

Un altro momento delicato è stato il processo di altri tre giovani coinvolti nell’attentato. Quando uno di loro ha chiesto perdono per tutto il male che aveva occasionato, Roselyne ha risposto con un messaggio di misericordia: «Nonostante la mia sofferenza non avrete il mio odio. Non posso credere alla sincerità delle vostre parole, ma le prendo come un regalo e mi fanno del bene».

La sua intenzione oggi è continuare a creare spazi dove vivere in pace con altre persone di buona volontà, credenti e non, portando avanti delle opere di luce capaci di abbattere le tenebre. È l’insegnamento che ha ricevuto da suo fratello Jacques, del quale evidenzia la grande saggezza: «Questa gli permetteva di esperimentare la pace interiore anche davanti a situazioni disperate, sapeva adattarsi alle circostanze e trarre del positivo dalle cose negative». Roselyne ricorda che il sacerdote era molto conosciuto a Rouen e tante persone si recavano a parlare con lui per diversi motivi: «Lui non smetteva di ascoltarli e di cercare per loro una risposta positiva luminosa».

Messaggio di pace che Roselyne recitava insieme a suo fratello, padre Jacques Hamel, e che ha consegnato a papa Francesco. Foto: Candela Copparoni

Padre Jacques Hamel portava dentro il suo cuore un’inquietudine che ha rivelato solo a fine vita. Nella sua giovinezza, quando è stato inviato come soldato in Algeria, si è visto coinvolto insieme ai suoi compagni in una sparatoria di cui lui è risultato l’unico sopravvissuto. Da allora si chiedeva il perché e il come donarsi al meglio per realizzare la sua missione in questo mondo. Per la sorella, questa risposta è arrivata: «L’abbiamo visto negli ultimi istanti della sua vita, proprio dopo aver celebrato la passione di Cristo. La sua ultima missione è stata perdonare questi due giovani senza colpevolizzarli, riconoscendo in loro lo spirito del maligno a cui ha urlato: “Dietro, Satana!”».

Mercoledì 6 dicembre Roselyne ha incontrato papa Francesco, a cui ha regalato un’omelia di padre Jacques recentemente ritrovata che parla sulla Pasqua e una canzone sulla pace che era solita recitare insieme a suo fratello. Inoltre, ha affermato che pregherà a padre Hamel la sua intercezione per la salute del pontefice.

A un certo punto durante la nostra intervista, Roselyne fa un gesto che mi riempie di dolcezza: con affetto, abbraccia la foto di padre Jacques e pronuncia: «Mio fratello, mio caro fratello!». Da tre anni tutti i documenti relativi alla beatificazione del ad oggi Servo di Dio sono stati portati a Roma e la famiglia attende impazientemente di vederlo proclamato beato. La causa è stata aperta dopo pochi mesi dalla sua morte, quando papa Francesco ha dichiarato: «Dobbiamo pregare padre Jacques perché è un martire, e i martiri sono beati!».

Il premio giornalistico Padre Jacques Hamel sarà consegnato a Lourdes durante la Giornata internazionale di San Francesco di Sales, che avrà luogo dal 24 al 26 gennaio 2024.

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