Romano Guardini ed i giovani. Quando si parla della figura straordinaria di Romano Guardini (Verona 1885 – Monaco di Baviera 1968), il pensiero corre attorno alla versatilità culturale di questo teologo scrittore, le cui opere ( ancor oggi attualissime) spaziano dalla liturgia, alla teologia, dall’antropologia alla pedagogia sino alla filosofia; ma il Guardini è stato anche un sacerdote, un docente e, soprattutto, un educatore che ha saputo vivere con ( e per ) i giovani, fin dal suo ingresso nella “Juventus”.
La Juventus di Magonza. Nel 1915 Romano Guardini assume il ruolo direttivo dell’associazione giovanile Juventus, a Magonza, con lo scopo di promuovere le finalità del movimento liturgico attraverso un itinerario formativo che prevedeva l’istituzione di veri e propri seminari di studio e di riflessione, come nel caso delle “serate con il rettore” che Guardini introduce nel calendario delle attività della Juventus. Ed è proprio grazie a quest’associazione che il Guardini ha modo di conoscere la comunità giovanile del castello di Rothenfels, appartenente al Quickborn.
Il Quickborn. Nel 1909 nella città di Neisse (in Slesia), nasceva un movimento giovanile tedesco con il nome iniziale di Gymnasiantenzirkel, dall’idea del Circolo degli studenti del ginnasio guidati dal prete Bernhard Strehler. Il movimento dopo la prima guerra mondiale raggiunge più di 6.000 membri ( di entrambi i sessi); anche al fine di avere uno spazio adatto ad accogliere i giovani, tutte le attività del movimento vengono spostate all’interno del Castello di Rothenfels, situato nel centro della Germania. Il movimento giovanile adattò il gergo ed il misticismo dei Wandervögel, a cui si ispirarono, alla religione cattolica, rifacendosi al patrimonio religioso del medioevo, riadattando canzoni popolari cattoliche e riscoprendo i rituali e cerimonie dell’epoca medievale per cementare la comunità sulla base del modello Bündisch.
Il lavoro di studio e di ricerca continua. Romano Guardini non andava d’accordo con lo stretto rigore accademico e non era ( come non lo è tuttora l’insieme delle sue opere) inquadrabile in una determinata ed univoca specializzazione scientifico-umanistica. Sin dall’inizio del suo percorso di studi, lo stesso Guardini non sapeva quale dovesse essere il suo indirizzo, né come studente e tanto meno come insegnante; egli era aperto, seppur con metodo, ad un lavoro di studio e di ricerca continua ed ogni questione che lo toccava valeva la pena di osservarla e di studiarla in maniera approfondita. Romano Guardini aveva questa caratteristica di multilateralità, questo continuo occuparsi di molteplici discipline e nella fede aveva trovato un’unitarietà di pensiero.
Il Castello di Rothenfels. Al Castello tutti si conoscevano e lo stile di vita era improntato ad un forte senso della comunità. Guardini favorì l’ingresso dei lavoratori e degli artigiani nel movimento; si discuteva di tutto, anche di questioni professionali tra i lavoratori, gli universitari e gli studenti della scuola superiore, che dovevano capire in modo sistematico cosa rappresentava e quali erano le difficoltà del mondo del lavoro. La vita al Castello di Rothenfels era caratterizzata da uno scambio continuo di esperienze di vita e da una crescita costante di nuove consapevolezze, responsabilità e sensibilità verso il futuro. I sacerdoti erano sullo stesso piano dei giovani laici, nessun privilegio o distinzione, tutti fratelli: per il Guardini era fondamentale attuare, nel quotidiano, un nuovo cammino di condivisione della Chiesa, una Chiesa che era chiamata a condividere la vita di quei ragazzi, guidandoli spiritualmente per prepararli al loro compito nel mondo.
L’incontro con l’altro, nella realtà di tutti i giorni. Lo spirito di accoglienza di Romano Guardini non si fermava all’ospitalità e al dialogo con i giovani ma andava in profondità, per entrare nell’animo di questi ultimi, in continua ricerca dell’essenza della fede attraverso l’essere Chiesa, giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza. Gli studiosi parlano ancora oggi di fenomenologia ontologica: osservando le cose e le persone nella realtà quotidiana, Romano Guardini imparava a scoprirne il significato più profondo e quindi si addentrava nella totalità dell’essere e dell’esistenza. Ed è con questo profondo approccio fenomenologico – anche occupandosi di molteplici questioni e discipline –che Guardini, attraverso la fede, approda in una unitarietà di pensiero e dall’individualità ( l’incontro con la singola persona), egli arriva all’umanità nel suo insieme ( la comunità, appunto).
L’importanza dell’esperienza religiosa. La realtà del mondo è lo sfondo in cui opera l’uomo, un uomo che è alla continua ricerca del bene e della verità: per Romano Guardini, il processo di maturazione di ogni singolo uomo avviene attraverso lo studio e la ricerca della verità, una ricerca che può essere attuata soprattutto attraverso l’esperienza religiosa, seppur alla luce delle domande e dei problemi del tempo che si sta vivendo. Umanità e Universo sono legati tra di loro in un unicum, perché l’uomo non è solo una parte del mondo, l’uomo insieme al mondo è un tutto: per Romano Guardini non è importante “ il come” ma semmai “ il perché”, il senso delle cose e delle relazioni umane. Ed è proprio nella consapevolezza di ciò che siamo (nella totalità del nostro essere) che questo mondo può cambiare, soprattutto quando l’uomo inizia ad osservare la realtà di questo mondo da una prospettiva nuova, più ampia e più vera e non circoscritta a ciò che l’uomo riesce a vedere con i suoi occhi.
Perdere sé stessi, donarsi agli altri, attraverso l’educazione. Il professore Romano Guardini diviene educatore facendosi egli stesso allievo tra gli allievi, un giovane tra i giovani alla ricerca del bene e della verità. Il dialogo educativo ha come protagonisti principali sia l’educatore che il giovane, sullo stesso piano questi soggetti si confrontano, discutono, crescono e maturano, per addivenire ad una sintesi armonica dei vari punti di vista e delle esperienze personali. Il fine ultimo del percorso educativo è la maturazione della persona, sia di quella del docente che del giovane studente. L’educazione, per Romano Guardini, è un donarsi all’altro anzi, è un riconoscersi nell’altro.