Roma scende in piazza per legalità

“Spiazziamoli” è il titolo della manifestazione che ieri e oggi ribadisce la condanna della capitale alle mafie e alle sue estese infiltrazioni, come rivelato dal rapporto della Direzione nazionale antimafia
Al colosseo si gioca con Mammamafia

Il Colosseo è la piazza cuore dove un gioco sociale "Mamma mafia" invita i passanti a scoprire le infiltrazioni mafiose nelle aziende, negli apparati amministrativi, nella gestione dei servizi sociali. Roma risponde con tiepida presenza al ciclone di Mafia capitale che l’ha investita, più incredula o appunto spiazzata come titola la manifestazione “Spiazziamoli”. Qualcuno sussurra malignamente che Roma è assuefatta. Resta comunque il dato delle 50 piazze che hanno aderito all’iniziativa messa in campo dall’associazionismo civile: daSud, Carte in regola, Libera ed altre forze attive della capitale che vogliono svegliare il tramortimento in cui la città sembra trovarsi.

Il rapporto della Direzione nazionale antimafia non è certo tenero. Il procuratore Franco Roberti, a guida della superprocura, ritiene la capitale snodo centrale di affari leciti e illeciti in cui c’è «spazio per tutti» e gli investimenti possono ben mimetizzarsi. Anche se di fatto nessuna aggregazione criminale ha assunto un ruolo egemone anche se ‘ndrangheta e camorra si contendono spazi di mercato utilizzando, più che la violenza, le armi della corruzione e dell’intimidazione. E mentre la criminalità romana non ha manifestato grande interesse all’investimento dei capitali, le mafie tradizionali si sono invece impadronite di locali storici della città capitolina, situati in località prestigiose, da via Veneto al Gianicolo, a corso Vittorio, alle zone di palazzo Chigi.

La mafia “silente” pur senza manifestazioni esteriori di intimidazione è di fatto un “socio” affidabile per le aziende grazie alla diffusa liquidità collegata al narcotraffico, mentre non si registrano insediamenti abitativi incontrollati come può accadere in certi quartieri di Palermo o di Napoli. Si preferisce il modello mimetico, come quello adottato da Massimo Carminati. Affiliato alla banda della Magliana, vicino all’estremismo di destra, ha condizionato “con duttilità le istituzioni, determinando le nomine di personaggi graditi come il presidente e il capo segreteria dell’assemblea capitolina, il dirigente  della municipalizzata addetta ai servizi di gestione dei rifiuti e verde pubblico e molti altri, ottenendo perfino l’allontanamento del direttore dei servizi sociali” per  garantire ad imprese amiche ingenti appalti sull’accoglienza dei migranti e sui campi rom. L’azione criminale ha saputo modellarsi sugli ambiti di interesse: corruzione e influenza del consenso elettorale quando si trattava con le amministrazioni, violenze e intimidazioni per affermarsi sulle altre associazioni criminali o conquistare il territorio. Il capitale istituzionale si sommava di fatto al capitale di prestigio criminale alimentato anche dai media.

Varie forme di criminalità

Le truffe ai danni dello Stato, le evasioni fiscali e le maxi bancarotte sono i campi della vorace criminalità economica che ha visto Gennaro Mokbel, vicino alla cosca calabrese degli Arena sottrarre attraverso Fastweb ben 300 milioni di euro all’erario. Anche l’usura ha avuto un’impennata per la diffusa condizione di disagio sociale e per la crisi delle imprese: nel primo semestre del 2014, nel Lazio ne sono fallite 871. Il traffico di stupefacenti resta collegato ancora alla famiglia Senese, vicina al camorrista Carmine Alfieri e al clan dei Casamonica, di origine sinti e attivo nella parte sud della Capitale. Preoccupa la nascita di vere e proprie piazze di spaccio a San Basilio, Pigneto, Tor Bella Monaca sullo stile di quelle di Scampia. La tratta e la prostituzione rimangono dominio dei nigeriani e di albanesi e rumeni, mentre i cinesi sono più attivi nel traffico illegale di merci tossiche perché trattate con sostanze nocive.

L’azione giudiziaria

La magistratura accanto alle indagini sull’accertamento dei crimini ha affiancato la prassi di investigare sui patrimoni dei soggetti coinvolti, con notevoli risultati in termini di congelamento dei beni e di sequestro di attività e di aziende. Proprio per evitare il fallimento di queste società, che in mano criminale garantivano proventi e lavoro, si sono stipulati protocolli d’intesa con Comune, Regione, Confcommercio e Unindustria per stilare un albo di manager preparati che consentano non solo il mantenimento del bene ma ne accrescano produttività. Un data base con dati e immagini dei beni confiscati, in convenzione con la Società di aste giudiziarie consente di acquisire immobili e non solo che possono avere un riutilizzo sociale.

Le piazze che oggi continuano ad alzare la voce sulla mafia silente chiedono anche questo: consapevolezza, partecipazione dei cittadini, azione ferma di magistratura e istituzioni.

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