Rivoluzione in prima persona

Rivoluzione in prima persona

Intervista a Sami Creta – Egitto

 Scultore  e studioso di belle arti, Sami Creta, egiziano, è al I anno del corso di Laurea magistrale di Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità. A 25 anni, Sami ha preso parte ad uno degli eventi più importanti degli ultimi anni: la “primavera araba”. Poco prima di venire in Italia per proseguire il suo percorso di studio, l’artista è sceso in piazza assieme a migliaia di giovani che protestavano ad Alessandria contro il regime di Hosni Mubarak. In un’intervista, Sami tratteggia la sua esperienza e la ragione per cui è venuto a Sophia, a pochi mesi dalla cruciale svolta politica nel suo Paese.

Cosa ti ha spinto a venire a Sophia?

L’esigenza di aprire il mio campo di studi per riuscire a capire alcune cose in modo più ampio, soprattutto dopo le recenti vicende politiche del mio Paese. Vedo che sono possibili tante interpretazioni di quella rivoluzione; c’è una prospettiva sociologica, politica o addirittura filosofica. Dato che Sophia è uno spazio interdisciplinare, ho intravisto qui la possibilità di trovare uno sguardo diverso e arricchente.

Tu hai vissuto in prima persona la primavera araba…

Sì, ho partecipato alle manifestazioni per vari mese, dal gennaio del 2011 fino a poco prima di venire in Italia. All’inizio le proteste erano più calde. Mi ricordo i giovani che sono scesi in piazza il 25 gennaio del 2011. Era una iniziativa pacifica contro la mancanza di cibo, di lavoro… c’erano motivi sociali. Tre giorni dopo ci siamo resi conto che la polizia usava la violenza contro i manifestanti, che venivano chiusi i mezzi di comunicazione, Internet e forse è questo che ha scatenata una vera e propria rivoluzione contro il regime. Era difficile seguire tutto quanto accadeva giorno dopo giorno, ma era evidente che c’era un grande risveglio da parte di tutta la popolazione. Da lì in avanti c’ero anch’io, fino alla fine del governo di Mubarak.

In che modo lo studio che fai a Sophia è un aiuto per capire i fatti politici dell’Egitto?

Ovviamente non c’è una disciplina che studia direttamente quanto è accaduto e accade… Sono piuttosto le categorie di pensiero che acquisiamo che mi danno una pista di ricerca, una chiave interpretativa per guardare la realtà nella sua complessità. Questo fin dalle discipline del I anno: come il corso di sociologia e quello su “Persona e società”, che descrive il forte legame dei popoli con l’esperienza religiosa; oppure il corso di “Fondamenti di Politica”, che individua i cardini di un sistema politico giusto, più umano. Sophia per me è uno spazio di pensiero. 

E’ qualcosa di astratto o c’è una relazione con il tuo attuale impegno civile e professionale?

E’ un’esperienza che investe tutte le dimensioni della mia vita. Anche come cittadino, sto conoscendo cosa dà senso al convivere, lo sto sperimentando ogni giorno. Quella che si apre davanti a me è la scelta fondamentale dell’amore. Un amore che è sociale, che nello spazio pubblico deve essere coraggioso e saldo, per resistere anche quando l’altro non ascolta o ti rifiuta… In Egitto, le parti si combattono per il potere; occorre ascoltare cosa vogliono. Serve scegliere la pace fin da ora, anche se ancora non c’è una situazione di pace stabile. Poi, come artista, lo IUS mi trasmette un messaggio importante, che è quello di immettere questo spirito d’amore anche nell’arte. E questo vale per tutte le professioni e per tutti i Paesi del mondo.

Foto: Luciana Borba

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