Rivedi la diretta di “Le armi necessarie in un mondo in guerra”

L’aumento della spesa militare nel mondo e nel nostro Paese. Un dialogo a partire dai dati della realtà del peso prevalente delle armi alla vigilia di una settimana decisiva della politica italiana attraversata dalla tensione della guerra in corso in Ucraina.  

Armi e politica. La sera del lunedì è di solito la vigilia della fase più intensa dei lavori parlamentari che sono quanto mai intensi, a partire dall’emergenza Covid e, ora, della guerra in corso in Ucraina.

Nel dialogo proposto lunedì 28 marzo 2022 dalle ore 21, sul canale You Tube di Città Nuova, è stato affrontato il nodo politico dell’aumento delle spese militari votato alla Camera dei deputati quasi all’unanimità con un ordine del giorno che arriva dal 29 marzo anche in Senato.

La questione è al centro di un confronto che dura da tempo, ma ignorato da molti, incentrato sulle scelte strutturali del nostro Paese legate alle linee di politica estera, economica e quindi della difesa.

L’incontro è partito perciò necessariamente da uno sguardo sullo scenario della crescita delle spesa militare a livello mondiale come messo in evidenza dalla relazione di Maurizio Simoncelli, tra i fondatori dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, e dal contributo di Paolo Migliavacca, giornalista esperto di Mondo economico, “Lettera liberale di economia finanza politica e cultura” promossa dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino.

L’interesse del dibattito è incentrato sul fatto che l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, confermato nelle stesse ore alla guida del M5S con una votazione on line dei militanti del suo partito, ha dichiarato esplicitamente di non approvare la scelte dell’aumento delle spese militari per il nostro Paese. Un cambio di direzione che potrebbe portare ad una crisi del governo di larga maggioranza guidato da un Mario Draghi che ha messo in evidenza fin dall’inizio la sua collocazione fortemente atlantista nel dettare le line del suo esecutivo. La linea politica di Conte resta nel solco del M5S prima maniera ma trova un parere decisamente contrario da parte di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri totalmente in linea con Draghi.

Da parte sua Graziano Delrio è stato tra i pochi alla Camera che ha deciso di astenersi sull’odg che chiede al governo l’aumento della spesa militare fino al raggiungimento del 2% del Pil entro il 2024. Una scelta ragionata resa nota in diverse interviste sui principali media. Presa di posizione che conta da parte di un ex ministro ed ex capogruppo del Pd, cioè del partito che esprime un ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che si vanta di aver aumentato il livello degli investimenti nel settore militare e degli armamenti.

Sulla questione, che si intreccia inevitabilmente con la guerra ucraina, ne abbiamo parlato con lo stesso Delrio, il senatore M5S Steni Di Piazza, segretario della commissione Finanze, e la Udc-FI Paola Binetti, membro della commissione Sanità.

L’ultima domanda posta ha riguardato il tipo di risposta che genera la continua denuncia della guerra come follia da parte del papa che ha criticato aspramente ed esplicitamente quei governi che decidono di aumentare la spesa militare fino al 2% del Pil. Quella di Francesco è solo un appello morale destinato a restare tale nella divisione tra etica della convinzione personale e etica della responsabilità politica che porta di solito a far valere il criterio del cosiddetto realismo politico?

A queste domande, niente affatto retoriche e sicuramente esigenti non si sono sottratti i parlamentari disposti a dialogare pubblicamente con i tempi necessari per articolare un pensiero complesso in un tempo difficile.

Nota finale: la foto AP di presentazione dell’incontro  riporta due giovani ingegneri della multinazionale tedesca Rheinmetall alle prese con la produzione bellica esposta in una delle tante fiere degli armamenti diffuse nel mondo. La società tedesca controlla un’azienda italiana produttrice di bombe che ha inviato il materiale verso Arabia Saudita e Emirati Arabi fino alla decisione del secondo governo Conte di revocare l’autorizzazione all’invio perché destinate ad essere utilizzato nel conflitto in corso nello Yemen, uno dei più grandi disastri umanitari secondo l’Onu causati da una guerra iniziata il 26 marzo 2015.

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