Ritornare a La Pira politico

Il dovere di un cristiano è quello di lottare per la pace, di ricercare la fraternità di tutti i popoli, perché il concetto di padre cristiano ci rende tutti fratelli. Sono i popoli uniti quelli che alla fine sapranno imporre la propria presenza ai governi che li dirigono. Bisogna lottare per il valore della persona umana. E questo significa che nessuno può rimanere disoccupato, senza assistenza medica, senza istruzione, senza casa, senza la sua chiesa. Questi concetti semplici e solo apparentemente ovvii, rilasciati nel ’71 durante un’intervista, rappresentano il motivo ricorrente dell’impegno politico di Giorgio La Pira, dalla Costituente sino alla sua morte, avvenuta a Firenze il 5 novembre 1977. Secondo La Pira, è la città il luogo in cui la persona sviluppa nella cultura e nell’umanità; la città è lo spazio fisico reso armonioso, attraverso la storia particolare che la caratterizza, dalla fatica dell’uomo, dall’arte e dalla tecnica, l’elemento materiale entro il quale ciascuno trova la sua dimora e vive una dimensione solidale e comunitaria, aspirazione irresistibile del genere umano. Ma la sua politica assume subito dimensione planetaria, e diviene dal 1951, non appena sindaco di Firenze, elemento di punta della politica estera italiana, promotore singolare e instancabile di dialogo e di pace. Vede la distruzione di Hiroshima (e potenzialmente la distruzione di ogni città), come il culmine di un’epoca, che prelude alla fase finale e nuova della storia che pone l’umanità su di un crinale apocalittico: la minaccia nucleare e la collera dei poveri da un lato, la via della pace dall’altro. L’attenzione di La Pira alla dimensione internazionale della politica e dei rapporti tra i popoli è costantemente orientata alla costruzione della pace, che coinvolge l’intera famiglia umana in una strategia della pace, la quale ha come fulcro l’Europa ma che chiede parimenti la partecipazione attiva di tutti. La sua Utopia si fonda sulla certezza della Resurrezione, e gli permette di osservare il fiume della storia procedere verso la sua foce prestabilita, il mare della giustizia e della pa- ce, come la notte (della guerra e del pericolo nucleare totale) prelude sempre l’alba. Scriverà: Unum! È il pensiero fondamentale e la preghiera finale di Cristo! Il progetto della storia: … edificare attraverso tutte le unità intermedie l’unità totale del mondo. Per La Pira occorre l’impegno incessante per forzare l’aurora a nascere, anzitutto con i mille atti della vita quotidiana, e poi con l’azione diplomatica e con quella politica. Nel 1950 consegnerà alle stampe l’Attesa della povera gente, riprendendo un pensiero già espresso negli anni Quaranta nel simbolico Appello ai fratelli più ricchi, scritto con Igino Giordani e don Luigi Moresco. Dalle prime locuzioni si comprende come la sua idea della città e della politica abbia respiro planetario. Quali sono le dimensioni mondiali dei problemi della povera gente? Una domanda che s’impone a chiunque voglia, con senso di responsabilità, avere una visione quanto è possibile integrale della situazione economica, sociale, politica e, di riflesso, culturale, religiosa e storica del mondo. La Pira lo si capisce oggi, centenario della nascita, avvenuta a Pozzallo (Ragusa) il 9 gennaio del 1904, meglio che trent’anni fa, alla luce degli avvenimenti mondiali dell’ultimo mezzo secolo che, in certo senso, egli aveva previsto, come testimoniano le decine di migliaia di lettere, depositate presso la Fondazione La Pira di Firenze (Centro di studio e documentazione sul pensiero e l’opera del Professore), indirizzate ai grandi della terra e ai papi (Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI), ma anche agli amici, ai familiari, a tutti i monasteri del mondo. Anche la visione lapiriana sul Medio- oriente e su Gerusalemme come via e città di unità, sostenuta dalla sua azione attraverso viaggi in Egitto, Libano, Siria, Giordania, Israele, potrebbe ancora oggi rappresentare un preciso sentiero verso la pace, di fronte ai nuovi conflitti e alla preoccupante escalation di violenza internazionale dei nostri giorni. Ma la sua azione non si ferma al Vicino Oriente. La Pira corre a Gerusalemme nel ’56 per incontrare Ben Gurion, è a Mosca nel ’58, ad Harlem nel ’64. Incontra Ho Chi Min ad Hanoi nel 1965, delineando l’ipotesi di un accordo che, se attuato, avrebbe potuto risparmiare un’immensità di dolore e di vite umane. Non se ne fece nulla, perché una inspiegabile fuga di notizie bloccò la percorribile via diplomatica. La conclusione della guerra del Vietnam avvenne, dieci anni dopo, sulle ipotesi discusse in quel famoso colloquio. La Pira è sempre meglio compreso man mano che i suoi numerosi scritti e discorsi sono conosciuti e studiati a fondo, perché tutto il suo pensiero si compone in una costruzione straordinariamente ricca e armoniosa. La sua figura tanto discussa, amata e osteggiata, come sempre accade per chi incide sulla realtà e sulla storia, acquisterà una dimensione tale da uscire fuori dallo stesso tempo nel quale ha vissuto, chiarendo peraltro lo scenario insostituibile rappresentato da Firenze, città che l’accolse studente e giovane professore di diritto romano, ma le cui linee essenziali egli svelò agli stessi fiorentini. Indubbiamente, La Pira ha rappresentato un ponte tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud, attraverso un’azione di formidabile attualità, se peraltro pensiamo al futuro ingresso della Turchia in Europa, che segnerà una data storica verso la via dell’unità, in quanto si apre in certo modo ufficialmente il dialogo, all’interno dell’Unione, con la grande cultura islamica. Aveva combattuto il fascismo con la chiara visione che si andava verso la seconda guerra mondiale. Rifugiato a Roma nel ’42, si inserì nel nuovo ambiente politico con le prime discussioni e ipotesi di lavoro in vista del nuovo mondo da costruire: gli fu proposta la partecipazione all’Assemblea Costituente ed entrò nella politica per ricostruire: e se affermava che primo compito sulla terra, il più alto, è la contemplazione, subito dopo metteva la politica. Quando gli fu chiesto di candidarsi come sindaco di Firenze, nel ’51, passò la notte in preghiera, pieno d’incertezza. Poi prese la sua decisione: Vogliono così e noi faremo così. Per quasi tutta la vita Giorgio La Pira, gigante dello Spirito, è stato un vero professionista della politica, non tanto perché vi ha dedicato tutto il tempo, ma piuttosto perché non ha avuto altri affari, interessi personali, di gruppo o di partito da condurre insieme a questa. Ebbene, signori consiglieri – dirà in un memorabile discorso in Palazzo Vecchio -, ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia. Ma non avete il diritto di dirmi: Signor sindaco, non si interessi delle creature senza lavoro, senza casa, senza assistenza. Mentre si sta avviando a conclusione la fase diocesana del processo di canonizzazione del servo di Dio Giorgio La Pira, il papa, il 26 aprile di quest’anno, rivolgendosi alla rappresentanza dei sindaci italiani, ha espresso queste parole: Quella di La Pira fu una straordinaria esperienza di uomo politico e di credente, capace di unire la contemplazione e la preghiera all’attività sociale e amministrativa(…). Carissimi sindaci, possa questa sua luminosa testimonianza ispirare le vostre scelte e azioni quotidiane!.

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