Ho letto alcune parole che lanciavano “l’idea” di focalizzare l’attenzione di questo mese di dicembre sulla pace. Ma non la pace in lontananza dove si combatte, bensì la pace molto vicino a dove vivo!
Da qui la mia domanda: cosa succede intorno a me al lavoro o nell’edificio? Questo ha spazzato via il mio ego molte volte. Anzi, ho pensato a tutti i 12 colleghi, tutte persone ben motivate, che lavorano nel mio stesso edificio per un’azienda solidale.
Un cambiamento nella gestione e i nuovi metodi introdotti di recente hanno messo tutti sotto pressione e stress. Tanto che i risultati sono stati contrari alle attese e questo ha frenato i rapporti fra noi. Allora ho incontrato i più giovani che avevano perso la fiducia ed erano pronti ad escludere i loro colleghi in qualsiasi momento. Cosa fare? Non far parte della loro squadra e vederli soffrire mi dava fastidio.
Ho cercato di avvicinarmi ancora di più all’una o all’altra persona. Lasciavo il mio ufficio aperto la mattina presto per accogliere sospiri, lacrime, richieste di consigli. In due occasioni ho organizzato un pasto a casa, veloce e ben fatto, per alleggerire l’atmosfera tra due esuberi.
Poi ho iniziato a proporre a chiunque venisse a trovarmi di pregare insieme per due minuti. Quanto ci ha fatto bene! Anche se ha rafforzato il mio senso di impotenza, ci ha permesso di rivolgerci insieme a Colui al quale tutto è possibile.
Con questo in mente, abbiamo cercato di avvisare un’organizzazione esterna per chiedere aiuto. Non senza difficoltà, la persona che ci è venuta incontro si è seduta al nostro tavolo e alla fine ha tratto delle conclusioni drastiche ma salutari.
La squadra, indebolita e sofferente, all’alba del Natale, riparte restando unita. Me ne accorgo dai piccoli servizi nei locali comuni: c’è chi svuota i bidoni della spazzatura, chi riordina la cucina, chi si occupa del servizio postale o della decorazione, chi spedisce le copie tolte dalla stampante: tutto senza lamentarsi.
La ciliegina sulla torta è il breve momento organizzato dal volontario di casa: con due torte per la pausa caffè, ha annunciato la sua partenza condividendo con noi il suo passato: il burnout, tracce ricorrenti di blocco durante controlli improvvisi, la dura esperienza di sottoporsi all’assicurazione per l’invalidità.
«Il tempo passato tra di voi, nel quadro amministrativo, mi ha fatto capire che questa non è la mia strada, ora ho capito che è nel sociale che sarò felice, mi riorienterò. Vi ringrazio per avermi accolto, è proprio grazie a questi due anni con voi che ho capito la mia strada». F.C.