Ridere fa bene!

Il sorriso è un’espressione che fa bene al corpo, all’umore e alle relazioni. Si dice che allunghi la vita e che alleni molti muscoli.

Un proverbio cinese recita «L’uomo che non sa sorridere non dovrebbe mai aprire un negozio». La comunicazione non verbale (CNV) è la fonte principale di contenuto di ciò che ci diciamo. Questo perché come esseri sociali abbiamo bisogno di interagire e non ci accontentiamo del solo contenuto dei messaggi, come invece fanno i computer.

Una parte fondamentale della CNV è legata alle espressioni facciali, una di questa è il sorriso. Il sorriso come tante altre espressioni può essere allenato. In ogni caso riesce ad essere efficace solo un sorriso genuino, un sorriso cioè che parte dal profondo della persona, che esprime la sintonia tra ciò che egli è, pensa ed esprime.

È uno dei primi gesti di interazione sociale che il neonato utilizza, attraverso di esso egli ha la forza di attrarre a sé l’attenzione di chi gli sta attorno e suscitare altrettanto sorriso. È un sorriso il suo che parte da una sensazione interna di benessere, di bisogni soddisfatti, di fiducia nell’ambiente che gli sta attorno. È la stessa cosa per l’adulto?

Il sorriso risente dei condizionamenti culturali. In quei contesti dove l’educazione è improntata su un forte senso del dovere, sorridere può sembrare poco serio, addirittura una cosa da bambini. Nella psicoanalisi transazionale Eric Berne, il fondatore, parla di “ingiunzioni” che la persona interiorizza durante i processi educativi. Le ingiunzioni sono dei messaggi, una sorta di indicazioni su ciò che egli deve e può fare (o meglio ciò che non può fare) per diventare come l’ambiente gli chiede di essere. Una di queste è “non essere bambino” che può trasformarsi anche in “non divertirti”.

Il sorriso è in linea diretta con la sensazione di autorealizzazione personale e sociale che la persona sperimenta. Quando un messaggio (esterno o interno che sia) ha la forza di condizionarlo ed inibirlo, la persona può disabituarsi ad esso. Al contrario il sorriso può essere anche un modo di affrontare la vita con umorismo, indipendentemente dal grado di soddisfazione interna percepita o dagli eventi di vita che la persona vive o ha vissuto. Per effetto di una carica di ottimismo, di speranza e di fiducia nel futuro la persona sta attivamente scegliendo di essere felice qualunque sia la sua condizione.

In altre situazioni il sorriso può assumere la funzione di maschera, un modo per non contattare internamente il dolore di quello che si vive, un modo per rimanere disconnessi da una parte di sé. In questo caso si può parlare di un tentativo che la persona fa per proteggersi dal dolore che lo attraverserebbe se fosse ad ogni istante pienamente consapevole della sua situazione. Si tratta di una strategia difensiva molto utilizzata quando non sono ancora maturate modalità diverse con cui gestire quello che la persona vive o la persona non è ancora pronta a sceglierle.

Sorriso e riso non sono proprio la stessa cosa. Il sorriso coinvolge tutta la persona e parla della sua profondità, della capacità di sorridere anche delle cose più dure che la vita riserva e nonostante di esse. Permette anche di entrare sempre in maggiore confidenza con sé stessi, trovando nessi di autenticità anche in ciò che apparentemente può sembrare illogico agli occhi degli altri. Il riso è un atteggiamento più superficiale, che può essere connotato sia di ilarità che di falsità e talvolta anche di freddezza.

E quando le situazioni sono avverse? No, non occorre sorridere per forza, sarebbe una falsità. Si può comunque in ogni situazione cercare spunti di serenità e di speranza, essere felici per qualcun’altro e col tempo sarà più facile riconquistare nuovamente il sorriso.

 

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