Ricordando Alberta Levi Temin

I trent'anni di amicizia ebraico-cristiana a Napoli si sono celebrati nel segno di questa donna, testimone della Shoah e tra le fondatrici di questo percorso
Alberta Levi Temin e Diana Pezza Borrelli

Trent’anni dell’Amicizia ebraico-cristiana a Napoli; trent’anni di vita intensa, di dialogo vero, dove le diversità sono diventate non pietra di inciampo ma possibilità di un rapporto vissuto all’insegna del rispetto reciproco, nella piena condivisone dei valori comuni.

Vari gli interventi nella grande sala dei Baroni del maschio Angioino; numerose le esibizioni delle scolaresche della Campania che hanno conosciuto l’ “Amicizia” grazie all’impegno costante di due donne: Alberta Levi Temin ebrea, Diana Pezza Borrelli cattolica. Accogliendo l’invito delle comunità scolastiche, insieme, hanno portato in questi ultimi decenni ai ragazzi e ai giovani la testimonianza di questo dialogo possibile e della terribile esperienza dellla Shoah di cui Alberta Levi Temin è stata testimone.

Numerose le voci presenti: istituzioni civili e religiose, autorità politiche e rappresentanti della comunità ebraica e cattolicca, che hanno sottolineato il grande valore di questa esperienza e dell’impegno strenuo di Alberta Levi Temin, tra le fondatrici dell’Amicizia ebraico-cristiana a Napoli – voluta fortemente dal cardinale Corrado Ursi nel 1987 -, deceduta nell’agosto del 2016.

Commoventi i canti e le recitazioni dei ragazzi che, con fantasia e creatività, hanno ricordato l’esperienza indimenticabile vissuta nelle loro scuola con Alberta e quanto di quell’esperienza sia rimasta viva in loro.

Il Convegno presieduto dal pastore Leonardo Magri, presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana di Napoli, è stato moderato dalla giornalista Donatella Trotta che, con sensibilità e intima partecipazione alla realtà del dialogo, ha messo in luce il valore di un’esperienza che segna punto luminoso in un epoca in cui sembra prevalere ancora la contrapposizione e lo scontro fra le diversità.

Commossa e grata la famiglia di Alberta, presente nei suoi figli e nipoti, che ha raccolto l’eredità della madre, nella consapevolezza dell’importanza di questo dialogo da lei vissuto coraggiosamente.

Sono risuonate forti le parole di Alberta che amava sempre raccontare ai ragazzi e ai giovani delle scuole quanto le aveva insegnato sua madre: «Il Dio che ci ha creati è uno per cui siamo tutti fratelli anche se ognuno percorre la propria strada per arrivare a Lui, proprio come tanti lati di una piramide che convergono tutti nell’unico punto».

Quella sua frase, «Finché ho vita parlerò», che è riecheggiata più volte nelle recitazioni degli studenti, è risuonata nella sala come un invito per tutti i presenti ad essere testimoni credibili di una realtà vitale in cui, nell’accettazione delle diversità, diventa prioritario l’impegno quotidiano a costruire pace e fraternità fra tutti.

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