«Dottoressa, com’è possibile che ho fatto questa “cosa”, quando avrei voluto proprio il contrario? Sono delusa da me stessa!». Dentro ciascuno di noi esistono molteplici parti, ognuna con dei bisogni e degli scopi differenti. Ogni giorno scopriamo quanto possiamo essere complessi, abbiamo tante sfaccettature, alcune di queste ci piacciono e le accogliamo, le facciamo conoscere agli altri poiché rappresentano un po’ i nostri punti di forza. Altre, invece, le detestiamo, le neghiamo, le nascondiamo e quando emergono facciamo fatica a farci i conti.
Possiamo notare parecchie incongruenze evidenti che si manifestano tra le nostre intenzioni e le azioni o i desideri che immaginiamo e il comportamento che attuiamo. Spesso riconosciamo queste incongruenze dai comportamenti di autosabotaggio, nel procrastinare eternamente delle cose, oppure, in una sensazione di apatia davanti a situazioni che vanno avanti. Per esempio, può succedere anche di dire di desiderare una relazione e poi scappare da possibili incontri o opportunità di conoscenza. Desideriamo dimagrire, ma poi ci rifugiamo nel cibo. Vorremmo portare a termine un compito e poi stiamo davanti a una serie TV.
Il nostro sé non sempre si sviluppa in un modo coeso, poiché non sempre avviene in un contesto evolutivo sicuro e stabile, bensì, lo sviluppo di tante parti è frutto di una storia traumatica. Le parti che si formano in seguito a un trauma non sono pienamente d’accordo fra loro; generano conflitti interiori e incongruenze. Quindi in una relazione ci potrà essere una spinta di una parte bisognosa che desidera vicinanza e al contempo una parte rigida che disconosce la necessità di affetto. Quando parliamo di trauma non non si parla esclusivamente di scenari di abusi sessuali o violenze, ci sono anche quei traumi invisibili che sono fatti da dinamiche familiari disfunzionali che per anni si sono ripetute.
La relazione genitore-figlio che ha una funzione importantissima per la costruzione di uno sviluppo psicologico del bambino non sempre è supportata da un genitore capace di rispondere ai bisogni affettivi del figlio e di dare significato alle sue emozioni, poiché a sua volta avrà avuto la sua storia relazionale e fa quel che può.
Possiamo quindi entrare in contatto con differenti parti: ci può essere una parte critica che ammonisce i bisogni, diventa intransigente, perfezionista. Si è strutturata attraverso figure genitoriali di riferimento che hanno avuto modalità accusatorie per esempio: «Hai preso sei e i tuoi compagni cosa hanno preso? Hai fatto il minimo indispensabile». Possiamo entrare in contatto con l’impotenza e la rabbia, quando la parte bisognosa fa emergere sentimenti di solitudine, sconforto, vulnerabilità.
In altri casi anche con parti che provocano vergogna dovuta af umiliazioni che possono aver creato questo senso di non valere. Se sottofondo mi dico: “io non valgo” proverò facilmente sentimenti di vergogna. A volte le parti emotive prendono il sopravvento, irrompono con frasi assolutistiche come: “sono sbagliato”, “non merito qualcosa”, “non posso fidarmi di nessuno”. Questo meccanismo di scissione delle parti è nato in qualche momento della nostra vita per garantirci un adattamento all’ambiente, tuttavia adesso, crescendo, è diventato una modalità che non si rivela più efficace.
Queste parti non vanno discriminate, ce ne possono essere tantissime, alcune buone e altre sottomesse. Solo un profondo lavoro su se stessi permette di portarle alla luce e ciò ha uno scopo evolutivo. Le parti vanno accolte, riconosciute e rispettate perché in qualche momento della nostra vita ci hanno salvato. Oggi è un tempo nuovo in cui possiamo trovare un nuovo adattamento creativo all’ambiente in cui queste parti possono essere integrate attraverso un lavoro di crescita e terapia. Metterle insieme è un lavoro prezioso, come un artigiano che crea piano piano un’opera d’arte mettendo insieme i pezzi, in un processo che è un’esperienza emozionale correttiva dentro un ambiente protetto e sicuro.