Referendum sul taglio dei parlamentari, un serio confronto

Il referendum costituzionale si terrà a settembre e sarà valido senza bisogno di raggiungere una percentuale minima di votanti. Un appuntamento importante per la nostra democrazia, che richiede un dialogo approfondito sui contenuti. Il contributo di Silvio Minnetti

Ancora referendum. Dopo ben quattro letture, il Parlamento su impulso di M5S, Lega, FI, FdI, con il voto favorevole del Pd in ultima lettura, ha votato il taglio dei parlamentari. Si passa da 945 a 600: 400 deputati e 200 senatori. Ma c’è bisogno di un passaggio referendario perché tale riforma sia applicata.

Causa pandemia, il referendum è stato rinviato ed accorpato alle elezioni regionali e comunali del 20 e 21 settembre. Secondo il sondaggio effettuato da Demos per Repubblica, avremo una sorta di plebiscito con l’86% degli elettori favorevoli al taglio del numero dei parlamentari.

La Camera dovrebbe risparmiare un centinaio di milioni di euro, il Senato circa cinquanta. In Europa il numero dei parlamentari vede il rapporto di 1 ogni 116.503 persone in Francia, 1 ogni 116.855 in Germania, 1 ogni 151.210 in Italia. Bisogna considerare però il bicameralismo perfetto nel nostro Paese, Camera e Senato svolgono le stesse funzioni, che non esiste negli altri Paesi dove il Senato ha limitati poteri e non vota la fiducia al Governo.
Gli elettori italiani potranno confermare o meno la legge, tenendo conto che l’art. 138 Costituzione non prevede il raggiungimento di un quorum minimo di votanti in questo tipo di referendum.

La sforbiciata delle poltrone è molto discussa tra chi pensa rappresenti un importante taglio di spese e chi vede solo una operazione di facciata che altera i meccanismi di rappresentanza.
I fautori del taglio puntano tutto sul risparmio: circa 500 milioni a legislatura. Per l’economista Carlo Cottarelli, al netto, il risparmio è di solo 57 milioni annui, quindi 285 a legislatura, pari allo 0,007% della spesa pubblica. Quasi irrilevante.

Le ragioni per il No alla legge puntano sul processo legislativo. La critica più forte riguarda il bicameralismo perfetto che obbliga ad una navette tra Camera e Senato che allunga i tempi del l’approvazione dello stesso testo della legge senza migliorare la qualità dello stesso, anzi accrescendo lo spazio per l’azione di lobby ed equilibrismi politici tra maggioranza ed opposizione. Sarebbe necessaria questa riforma costituzionale piuttosto che il taglio del numero dei parlamentari. Avremo comunque due Camere con le stesse funzioni. Saremo l’unico Paese in Europa in queste condizioni.

Altre strade sono state battute in precedenza con la riforma che prevedeva l’abolizione di una Camera o la trasformazione del Senato in una Camera di rappresentanza regionale con pochi membri. Proposta bocciata dal Referendum del 2016. A parere di chi scrive, si sarebbe tagliato comunque migliorando il processo di formazione ed approvazione delle leggi.

Con la nuova configurazione del Parlamento, in caso di vittoria dei Si al referendum, si avrebbe il doppio effetto della configurazione dei collegi elettorali, il taglio delle poltrone e il mix di maggioritario e proporzionale previsto dalla legge elettorale: in tal modo alcuni territori potrebbero sentirsi penalizzati rispetto ad altri.

Nelle regioni più piccole potrebbero risultare avvantaggiati i partiti più grandi. Quelli più piccoli sarebbero in difficoltà a farsi eleggere. Servono pertanto correttivi: il voto ai diciottenni anche per il Senato, con la modifica alla platea che elegge il Presidente della Repubblica e una nuova legge elettorale secondo un accordo tra i partiti di maggioranza che prevede il metodo proporzionale con lo sbarramento al 5%, un residuo diritto di platea e la ridefinizione dei collegi elettorali. Questa sarà la vera partita politica.

I sostenitori della riforma affermano, in sintesi, che i parlamentari italiani sono troppi, il Parlamento costa troppo, la macchina legislativa è lenta e macchinosa, per cui è necessario snellirla.

I contrari ritengono il taglio un danno per la democrazia, un sopruso verso gli elettori che perderebbero poteri di rappresentanza, un passo verso una democrazia autoritaria, con la scusa di un risparmio irrilevante, pari ad un giorno di spese militari. Basterebbe uscire dal programma degli acquisti di F35.

Secondo alcuni detrattori della riforma, queste forbici intervengono in un contesto politico di Camere svuotate da Decreti del Presidente del Consiglio, DPCM, da decreti-legge e leggi delega, con deputati e senatori che appaiono come fantasmi.
Ridurre la “casta” sarebbe in realtà un modo con cui i potentati economici cercano di far digerire ai cittadini i veri tagli effettuati in questi anni: alla sanità, con le drammatiche conseguenze viste in pandemia, all’istruzione, alla ricerca. Insomma un alibi ingegnoso per colpire chi ha meno mostrando una sforbiciata anti élite.

Quindi, considerando l’importanza delle questioni in gioco, sarà necessario dedicare tempo e spazio ad un voto che deve essere informato e consapevole. Anche se la campagna referendaria avverrà in maniera straordinaria in piena estate e dentro l’incognita del ritorno del lockdown.

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