I percettori di Reddito di Cittadinanza in Italia sono 3,7 milioni di cittadini a fronte di 5,6 milioni di poveri assoluti. Questo strumento pertanto deve essere ampliato e riformato per chi versa veramente nel bisogno e non erogato ai diversi” furbetti”. La platea va ampliata a favore degli stranieri e delle famiglie numerose. Va coinvolto il territorio con la rete di associazioni di volontariato come era previsto nel Reddito di inclusione.
Occorre soprattutto collegarlo con le politiche attive del lavoro previste dal Pnrr. Next Generation EU rappresenta una opportunità unica per il nostro Paese. Possiamo sanare o ridurre, mediante le riforme chieste dall’Europa, le nostre storture storiche come eccesso di burocrazia, lunghezza dei processi, diseguaglianze e povertà, evasione fiscale, scarsa concorrenza, non centralità di scuola, università e ricerca. Per questi motivi la Caritas italiana ha elaborato un dossier: “Avere cura di una Repubblica imperfetta”. Contributo al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), percorso di riflessione e analisi.
In attesa delle schede di lavoro sui progetti, dobbiamo lavorare sulle criticità per arrivare ad essere una vera comunità solidale con accesso ai diritti delle persone fragili. Nel Pnrr dobbiamo affermare una governance sussidiaria, per ora assente.
Va definito il dialogo tra corpi intermedi e amministrazioni centrali e locali. Nel Piano consegnato all’UE dal Governo Draghi, è carente un disegno di fondo riguardo l’accesso ai diritti sociali di base delle persone fragili: diritto allo studio e alla casa.
Il modello economico sottolinea la sostenibilità ecologica, meno quella sociale. Il Piano addirittura sottolinea l’industria delle armi come filiera da sostenere.
Il tema della diseguaglianza e della povertà è citato poche volte e non ha un’attenzione specifica. Prevale una visione tecnocratica. Occorre fare ora una iniezione di sussidiarietà, co-programmazione e co-progettazione. I soggetti sociali non possono essere ridotti ad un ruolo marginale. La seconda Ricostruzione della Repubblica implica una trasformazione trasparente ed efficace. La Caritas chiede di «sviluppare da subito una serena ed ampia valutazione della praticabilità dei luoghi di coordinamento e di partenariato esistenti, in cui è coinvolta la società civile, per contribuire a definire una prospettiva nuova e più efficace di dialogo sociale».
L’Alleanza contro la povertà ha presentato otto proposte sul Reddito di cittadinanza.
La misura infatti va corretta in modo da facilitarne l’implementazione ed il collegamento con le politiche attive del lavoro in sede di approvazione della legge di Bilancio. Va accompagnata la presentazione della domanda e presa in carico la persona tra Centro per l’impiego e Servizi sociali, oltre l’automatismo.
I Progetti devono essere utili alla comunità oltre che ai beneficiari. In sintesi, vanno costruiti percorsi individuali capacitanti e resilienti. Nelle procedure di accesso vanno intercettate nuove forme di povertà, come quelle dei working poor e superati diversi “colli di bottiglia”. Tra questi, i meccanismi digitalizzati e automatizzati in una governance complessa di attori pubblici e privati coinvolti nei territori.
Occorre poi tener conto delle effettive risorse umane e tecnologiche presenti nei diversi contesti territoriali. Gli snodi critici da superare sono: accompagnare la presentazione della domanda, reintrodurre i Punti unici di accesso come nel Reddito di inclusione, prendere in carico la persona tra Servizi sociali e Centro per l’impiego.
Il RdC da riformare si inserisce in un quadro europeo che vede crescere gli indigenti e allargarsi la forbice rispetto ai ricchi. I soldi del Pnrr e altri 14,5 miliardi in arrivo serviranno veramente se creano lavoro. Occorre costruire le condizioni in cui la povertà fatichi ad attecchire.
Il RdC attualmente disincentiva la ricerca di lavoro. Va riformato rendendolo strumento per rientrare nel mondo del lavoro. In generale vanno redistribuite le risorse per ridurre le disuguaglianze e le sacche di povertà guardando al Pilastro europeo dei diritti sociali e agli Obiettivi di sviluppo soste dell’Agenda 2030.
La maggioranza dei percettori si trova al Sud. Per errori di impostazione, molte famiglie sotto la soglia di povertà e stranieri non possono percepirlo. Non considerare poi il diverso costo della vita, danneggia le famiglie del Nord.

Foto Cecilia Fabiano – LaPresse
Chi percepisce il RdC deve svolgere 8 ore di lavoro socialmente utile a settimana. Così, ad esempio, il VII Municipio a Roma cerca associazioni interessate ad accogliere beneficiari del RdC per il decoro urbano e la manutenzione degli spazi verdi. Le associazioni metteranno a disposizione il loro know how, tempo ed esperienza.
Ecco le novità possibili in Parlamento: taglio se si rifiuta il lavoro e meccanismo antifrodi con maggiori controlli preventivi. Intanto appare un miliardo in più nel documento di bilancio. La riforma del RdC richiede buon senso, seria valutazione dell’esperienza dopo le rigidità iniziali dei partiti nel 2018.
Non si può negare che le politiche attive del lavoro con i navigator non hanno funzionato, anche per lo scarso funzionamento di molti Centri per l’impiego, soprattutto al Sud. Non si può negare che la misura ha incentivato in diversi casi il lavoro nero. Visti poi i requisiti di accesso, dobbiamo consentire al 56 % delle famiglie povere di usufruire del RdC. Dobbiamo impedire che un 36 per cento di non poveri ne abbia beneficio.
Bisogna abbassare la soglia del reddito per non facilitare l’accesso di famiglie con una sola persona. Occorre correggere i percorsi di inclusione sociale con meno navigator e più operatori sociali ed enti del Terzo settore. Immaginiamo percorsi diversi per chi non è occupabile e incentivi per chi lo è.
In conclusione, bisogna accompagnare i beneficiari del RdC verso un pieno inserimento nella comunità combattendo la povertà non solo economica, ma anche educativa, sanitaria, abitativa. Misure simili esistono in tutta Europa e vanno implementate stabilmente in Italia, soprattutto al Sud. Per uscire dalla povertà non bastano i sussidi. Servono reti di persone ed associazioni in sussidiarietà orizzontale in un welfare di tipo generativo per una vera inclusione sociale.