Sfoglia la rivista

Italia > Sequestro

Rapimento lampo a Vittoria, segni di nuova criminalità

di Francesca Cabibbo

- Fonte: Città Nuova

Un diciassettenne sequestrato e liberato dopo 24 ore. Nessuna richiesta di riscatto: un messaggio dal nuovo volto della criminalità?

Piazza del Popolo a Vittoria (RG) CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/

Un gruppo di ragazzi in una piazzetta di periferia. In uno slargo creato da una strada chiusa, tre fioriere in cemento bloccano il traffico. Come ogni sera, si ritrovano lì, lontano dai clamori e dai rumori della città. Sono in quattro: due sono minorenni, i più piccoli sono amici da sempre, fin dagli anni della scuola primaria. All’improvviso, alle loro spalle, sbucano due auto: due Fiat Panda, una chiara e una nera. La prima si ferma all’imbocco della strada, l’altra raggiunge il gruppo dei ragazzi da dietro.

Ne scendono due uomini incappucciati, con le pistole in mano. Per i quattro c’è appena il tempo di rendersi conto, attoniti, di ciò che sta accadendo. Non credono ai loro occhi. I due puntano le armi, afferrano un ragazzo, gli strappano il cellulare e lo scaraventano a terra. Si rivolgono agli altri tre: «Vogliamo solo lui!». Pochi secondi e tutto è finito: il ragazzo viene caricato in auto, che riparte sgommando. L’altra Panda, rimasta all’imbocco, li segue.

I compagni sono stravolti, senza parole. Raccolgono il cellulare e chiamano il padre del ragazzo rapito. Raccontano concitati ciò che è accaduto. Parte immediata la telefonata alla Polizia: in pochi minuti gli agenti sono sul luogo del sequestro. Siamo in contrada Marangio, estrema periferia di Vittoria: la linea ferrata poco distante, una grossa officina meccanica, alcune villette private, terreni ancora inedificati e ampi spazi aperti. Nessuno si è accorto di nulla, non ci sono testimoni. I poliziotti bussano alle porte delle abitazioni, chiedono di visionare le immagini delle telecamere. Ce ne sono parecchie nella zona, e inquadrano le auto dei rapitori: le due Fiat Panda dirette verso la statale 115, un’arteria che conduce in più direzioni, via di fuga perfetta per chi vuole far perdere le proprie tracce.

Le ricerche vanno avanti per tutta la notte. L’indomani la città di Vittoria si sveglia attonita e senza parole. La notizia si diffonde rapidamente: un ragazzo di 17 anni è stato rapito.

Per gli anziani e per chi ha memoria storica, la mente torna agli anni ’60-’80, quando i sequestri di persona erano una piaga che attraversava tutta la penisola. Erano il “core business” della ’ndrangheta calabrese: ingenti capitali accumulati dagli uomini delle ’ndrine si trasformarono in fortune, poi reinvestite nell’imprenditoria edile e in altri settori produttivi. Il fenomeno toccò anche la Sardegna, senza però raggiungere i livelli della Calabria, dove gli anfratti dell’Aspromonte e le vaste superfici boschive costituivano un habitat ideale per nascondere gli ostaggi. I rapimenti duravano mesi, a volte persino anni. I casi più clamorosi furono quelli di Paul Getty III e di Cesare Casella: le richieste di riscatto erano sempre più esose. In alcuni casi si arrivò a gesti cruenti, come il taglio del lobo dell’orecchio di Paul Getty, nipote del petroliere e collezionista Jean Paul Getty.

I sequestri di persona finirono negli anni ’90. La pressione crescente delle forze dell’ordine e le nuove normative sul blocco dei beni convinsero i rapitori ad abbandonare un filone che per almeno trent’anni aveva fruttato enormi somme, poi reinvestite soprattutto nel traffico di cocaina ed eroina. Ma tutto questo è storia ormai lontana. La cesura temporale e i cambiamenti della società hanno creato uno stacco netto. La legge sul blocco dei beni è stata determinante, impedendo alle famiglie di sborsare riscatti milionari. I controlli informatici, satellitari e la tracciabilità dei collegamenti telefonici hanno fatto il resto.

E allora, cosa è accaduto a Vittoria?

Il giovane rapito viene liberato dopo 24 ore, senza – pare – alcuna richiesta di riscatto né messaggi particolari. Sembra che i rapitori abbiano voluto lanciare un segnale forte, un messaggio subliminale. Il padre è un commerciante di prodotti ortofrutticoli, con un’azienda a pochi passi dall’ortomercato di contrada Fanello, il più grande del Meridione dopo Fondi. Lo zio è titolare di un box all’interno del mercato; il nonno, a sua volta, aveva costruito lì la sua fortuna. Una famiglia conosciuta e stimata, mai coinvolta con la criminalità organizzata, che a Vittoria spesso si muove lungo linee di confine sottili.

Vittoria è una città di 65.000 abitanti, l’ottava della Sicilia e la seconda della provincia dopo Ragusa. Ha costruito le sue fortune con il boom delle colture in serra negli anni ’70-’80. Le vaste distese del litorale sabbioso, tra i più belli della Sicilia ma in alcuni tratti deturpato per sempre, divennero sede di piccole aziende familiari. Col tempo, però, le colture orticole hanno smesso di garantire i redditi del passato: servirebbe innovazione che le piccole realtà non possono permettersi. Così si è arrivati a una concentrazione delle proprietà e alla nascita di poli produttivi più grandi. In alcuni casi le aziende hanno cambiato mano: oggi una parte degli insediamenti non è più dei vittoriesi, ma di gruppi e imprenditori albanesi.

Il quadro è complesso: da un lato lo sfruttamento della manodopera straniera, senza la quale il settore crollerebbe; dall’altro, nuovi poteri economici che interessano anche alla criminalità. Pare che il vecchio clan dominante non esista più e che la Stidda, nata negli anni ’70 in contrapposizione a Cosa Nostra, si sia ormai saldata con la mafia. Gruppi albanesi sono attivi, anzi protagonisti, nel traffico di droga, che spesso passa dai Balcani e dall’Albania.

Può tutto questo avere a che fare con il rapimento del diciassettenne? Un sequestro anomalo: il ragazzo è stato liberato dopo appena un giorno, ufficialmente senza richieste. Ma la criminalità non agisce mai senza scopo. Bisogna capire chi e perché ha agito, e con quali obiettivi. Un debito non pagato? Uno sgarro? Un messaggio alla famiglia, legata al settore ortofrutticolo con il padre e al mondo degli eventi con la madre, wedding planner?

Difficile pensare a un gesto isolato, fuori dalle regole della criminalità organizzata. Il nuovo panorama scoraggia la “lobby” dei sequestri, ma resta il bisogno di decifrare segnali e strategie. Capire cosa è accaduto a Vittoria potrà aprire squarci di luce su una società – quella del sud-est siciliano e in particolare vittoriese – da sempre attraversata da contraddizioni, con confini labili tra criminalità, società civile e politica. Molte risposte arriveranno dalle indagini. Altre dovranno venire dalla società civile: associazioni culturali, volontariato, chiesa e realtà religiose.

La provincia di Ragusa, poco più di 320.000 abitanti, ha un panorama religioso variegato: chiese pentecostali, evangeliche, luterane. Da alcuni anni è presente la chiesa ortodossa rumena, a servizio dei tanti immigrati dalla Romania, e vi sono ben sette moschee, segno della forte presenza nordafricana. Vittoria conta 65.000 abitanti, di cui 12.000 immigrati censiti e forse altri 8.000 non registrati. Una società multiforme e difficile da comprendere, anche per chi ci vive. Vittoria, città affascinante e contraddittoria, deve ancora fare i conti con i suoi mille rivoli, dove la società civile interseca interessi criminali e zone grigie.

Paradossalmente, un evento tragico e doloroso come il sequestro lampo di un ragazzo di 17 anni potrà diventare occasione di riflessione.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876