Racconto l’Italia che si impegna

Vincenzo Morgante è direttore della Testata Giornalistica Regionale Rai, 24 sedi televisive su tutto il territorio nazionale che «fanno informazione di prossimità e raccontano le periferie del Paese». Sabato pomeriggio sarà ospite a Loppianolab nel convegno centrale e si potrà seguire in streaming
Vincenzo Morgante

Essere in Rai, essere servizio pubblico è un imperativo, una sorta di «fede laica» per Vincenzo Morgante direttore della Testata Giornalistica Regionale (Tgr) Rai dall'ottobre 2013. Contribuire alla fiducia e alla crescita del paese «non può essere legato solo al tema degli ascolti ma bisogna puntare alla qualità, mettendo in campo tutte le grandi professionalità giornalistiche e tecnologiche dell'azienda».  Gli abbiamo chiesto un'analisi del Paese, visto che ogni giorno lo racconta dalle 24 sedi regionali della Rai.

 

Quali paure attanagliano gli italiani?

Anzitutto la precaria situazione economica che le famiglie continuano a soffrire, la mancanza di lavoro. I giovani vivono con particolare ansia e con sfiducia il loro futuro e chi può permetterselo va fuori. Poi c’è l’illegalità, dapprima relegata al sud e ora diffusa ovunque. Avverto nel Paese un deficit di fiducia anche nei rapporti interpersonali, come se sottintendessero sempre una qualche fregatura. Non ci si fida più e bisognerebbe invece investire in fiducia.  Nei miei giri per le redazioni vedo però un'Italia che recuperato il gusto dell'indignazione e la gente non lascia passare, non fa finta di niente, è più attenta e più pronta alla denuncia e alla contestazione.  Pretende che le cose funzionino e che le regole ci siano e siano rispettate.

 

Non si cede all’indifferenza e si reagisce…

C’è un'Italia non nota di cui ci occupiamo poco anche come mezzi di comunicazione. E’ un’Italia che si impegna, che crede, che spera e ha l'orgoglio di appartenere al nostro Paese. Un esempio è l’immigrazione: c'è chi si lamenta, chi considera i migranti pericolosi e invece sono tantissimi quelli che sono pronti all'accoglienza come a Lampedusa, la prima uscita pubblica di papa Francesco, non a caso. Vedo tante Lampedusa in giro, esempi di impegno che non riguardano solo le istituzioni, ma la gente comune. Non abbiamo aspettato l’Europa o i finanziamenti per muoverci e questo ci viene riconosciuto universalmente.

 

La paura è sconfitta dall’impegno?

Mi ha convinto che è così, il vedere un gruppo di ragazzi della mia Sicilia che insieme al loro parroco organizzavano, senza creare cooperative e in maniera spontanea, delle attività per promuovere i beni culturali del loro paese. Quante associazioni, gruppi, movimenti che promuovono iniziative su legalità, sicurezza del lavoro ci sono nel nostro Paese e mettono soldi di tasca propria per stampare volantini, creare progetti. E poi ci sono i fermenti positivi della scuola, fatta non solo di risorse carenti o di riforme, ma di docenti che investono sugli alunni oltre le ore di lavoro. Per non dire di quanti imprenditori piccoli e medi esportano made in Italy e queste realtà segnano storia, segnano impegno e segnano senso del sacrificio e intelligenza.

 

Eppure quest’Italia non buca lo schermo…

Dobbiamo sdoganare la buona notizia dalla periferia e dargli la stessa dignità della cronaca e delle denunce senza confonderla con la notizia leggera, perché la gente è stanca di un'informazione ansiogena e vuole modelli positivi da emulare; vuole attaccarsi al bello più che al brutto e puntare al bene più che al male. La tv deve valorizzare sia il bello trascurato e violato, che quello nascosto, positivo e in fermento. “L'Italia delle meraviglie” e le varie campagne sociali Rai sono il nostro apporto alla crescita di fiducia.

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