Quando un bicchiere tira l’altro

L’alcol è più pericoloso della droga. Lo sostiene uno studio pubblicato di recente su “The Lancet”.
alcolismo

«Se diverse persone si aggregano e vendono droga, diventano un’organizzazione criminale; se la stessa cosa avviene per vendere alcol, allora è un’impresa». A fare quest’affermazione, che la dice lunga sul diverso approccio alla droga e all’alcol, è Riccardo Gatti, capo dipartimento dipendenze dell’Asl di Milano, che poi specifica: «Ci sono degli imprenditori che cercano di non promuovere il bere in maniera esagerata, presentando un buon prodotto per essere gustato. Ma questi vengono seppelliti da un modo di fare impresa sull’alcol che mira soltanto a far sì che la gente beva il più possibile. Questa cosa uccide la produzione di qualità e promuove una situazione che si avvicina al consumo di droga».

La dichiarazione del medico milanese avviene in risposta all’uscita dello studio di uno scienziato inglese di fama internazionale, David Nutt, pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, secondo il quale l’alcol è più pericoloso della droga. La ricerca ha valutato gli effetti dell’assunzione di alcol e droghe dal punto di vista individuale e sociale. Tenendo conto infatti della salute mentale e fisica personale, del tasso di criminalità e di violenza, dei pericoli per l’ordine pubblico derivanti dall’assunzione di tali sostanze, è risultato che su un tetto massimo di 100 punti l’alcol raggiunge quota 72, l’eroina 55, il crack 54, la cocaina 27.

 

Preoccupano i dati da cui risulta che in diversi Paesi, compreso il nostro, si svuotano sempre più bottiglie. Le cifre del Regno Unito fanno paura: nel 2009 i pazienti intossicati dall’alcol sono stati 606 mila, con un aumento di due terzi rispetto a cinque anni prima; quasi un milione le vittime di comportamenti violenti da parte di persone ubriache; più di 15 mila i morti su strada per effetto dell’alcol. Lecito chiedersi come mai ci sia un livello così alto di abuso. Secondo David Nutt che, lo ricordiamo, l’anno scorso era stato sollevato dall’incarico di consulente governativo nella lotta alla droga per la sua opposizione a considerare più elevato il livello di pericolosità della cannabis, non si può «escludere che aver reso illegali altre sostanze abbia spinto più gente a bere».

 

Evidentemente non è l’unica spiegazione possibile. Anche nel nostro Paese il problema esiste ed è grave. Lo sottolinea, fra gli altri, la relazione annuale del Dipartimento politiche antidroga presentata al Parlamento, dove viene evidenziato come l’uso di droghe e di alcol vada di pari passo: il 90 per cento dei drogati fa anche ricorso di alcol. E mentre si registra un calo del consumo di droghe, non si può non notare un aumento dell’assunzione di alcol che il più delle volte sfocia nell’abuso, soprattutto nel fine settimana. «È necessario quindi – si legge nella relazione – coordinare le politiche sulle droghe con quelle sull’alcol se non vogliamo ritrovarci con un fenomeno “compensativo” forse ancora più pericoloso vista la facilità di accesso a tali sostanze ed il basso costo». Ecco quindi un’altra spiegazione: è la crisi che spingerebbe a cercare la sostanza più economica. Tuttavia questo sposta solo l’asse del problema che rimane uguale alla radice: la dipendenza sotto qualsiasi forma.

 

Anche altri dati fanno riflettere. In Italia le morti attribuibili all’alcol sono fra le 21 e le 25 mila l’anno, contro alcune centinaia di morti per droga. Secondo il “Rapporto 2009 Passi” (Progressi aziende sanitarie per la salute in Italia), dell’Istituto superiore di sanità, il 36 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni è considerato bevitore a rischio, mentre questa percentuale è del 25 per cento tra i 25 e i 34 anni. L’alcol, inoltre, secondo Emanuele Scafato, presidente della Sia (Società italiana alcologia), è «una “gateway drug”, una droga ponte che traghetta i giovani prima verso la commistione di superalcolici con energy drink, per risollevarsi nel tono quando cala la prima euforia, e poi alle droghe sintetiche e alla cocaina, per superare la fase di “down”, di calo, che causano queste sostanze».

Una cosa è certa: un bicchiere tira l’altro e magari anche qualcos’altro.

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