Innanzi tutto, non si deve dimenticare e, soprattutto, sottovalutare la lunga vicinanza fra Delhi e Mosca, già dai tempi del pandit Nehru, primo Primo Ministro nella storia dell’India indipendente. Sebbene Nehru – insieme all’egiziano Nasser e all’indonesiano Sukarno – fosse stato uno dei tre fondatori dei cosiddetti Paesi non-allineati né con gli Stati Uniti né con l’allora Unione Sovietica – si era in tempi di Guerra Fredda –, non aveva mai nascosto la sua simpatia per Mosca più che per Washinghton. Tuttavia, era riuscito a mantenere un certo equilibrio di posizioni.
Nei decenni seguenti, sia i governi guidati dal Partito del Congresso che quelli espressione del Janata Party, come pure quelli recenti del Bharatya Janata Party, hanno sempre conservato una vicinanza al mondo sovietico e russo. Ovviamente, in conformità alla sensibilità asiatica lo hanno fatto senza mai rompere i rapporti con gli Stati Uniti – al tempo dei due blocchi – o con altri Paesi in anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Tale amicizia aveva anche superato i dubbi, mai fugati, riguardo la morte del successore di Nehru, il Primo Ministro Lal Bahadur Shastri, deceduto – si disse allora – per un infarto mentre si trovava in visita di stato in Unione Sovietica. Da più parti si è sempre sospettato che fosse stato avvelenato. È in questo contesto, che si spiegano le astensioni dell’India – come pure, sebbene per motivi diversi della Cina – in occasione delle votazioni Onu a favore delle sanzioni che i Paesi occidentali hanno imposto a Putin dopo l’attacco all’Ucraina.
Quella degli ultimi giorni, in effetti, è stata la prima visita del leader russo in India ed ha lanciato messaggi molto chiari sulla posizione dei due governi. In sintesi: a fronte delle sanzioni impostegli dall’Occidente, Putin guarda verso Oriente e l’India rimane un partner privilegiato, soprattutto a livello militare ma anche economico. L’accoglienza all’amico russo è stata trionfale. New Delhi era tappezzata di sue immagini con frasi di benvenuto, e le varie cerimonie sono state secondo un protocollo che non lascia dubbi sull’intenzione del gigante asiatico di non tagliare i suoi legami con Mosca, sebbene ci sia una guerra in corso. Modi ha fugato tutti i dubbi affermando con chiarezza che la duratura partnership del suo Paese con la Russia è come “una stella polare”, chiarendo fra l’altro che «basate sul rispetto reciproco e sulla profonda fiducia, queste relazioni [fra i due Paesi] hanno sempre resistito alla prova del tempo». Il governo Modi ha riconfermato la sua intenzione di restare il principale acquirente mondiale di armi e petrolio russi, trasportati via mare, a fronte dell’offerta di Putin che ha garantito forniture di carburante senza interruzione di sorta.
Interrogato sul futuro del commercio energetico tra i due Paesi, il ministro degli Esteri indiano, Subramanyan Jaishankar, ha affermato che le compagnie energetiche indiane prendono decisioni in base alle “dinamiche di mercato” ed a “questioni commerciali” che sono in costante evoluzione, sottolineando l’effetto della pressione di sanzioni e prezzi. Infatti, ovviamente, il governo Modi non ha potuto sbilanciarsi più di tanto, essendo in corso trattative importanti con gli Stati Uniti per un accordo commerciale al fine di ottenere una riduzione dei dazi punitivi imposti dal presidente Donald Trump all’India, proprio a causa degli acquisti di petrolio russo da parte del governo di Delhi.
Nonostante questo, la cooperazione energetica tra i due Paesi continua e le raffinerie statali indiane, Indian Oil Corp (Ioc.ns) e Bharat Petroleum Corp (Bpcl.ns) hanno effettuato ordini a gennaio per il carico di petrolio russo ottenuto da fornitori non sanzionati a causa dell’aumento degli sconti. Inoltre, da parte russa, si è manifestata intenzione di voler importare maggiori beni indiani nel tentativo di portare gli scambi a 100 miliardi di dollari entro il 2030.
Secondo alcune agenzie di stampa si potrebbero sintetizzare i risultati della visita del Premier russo a Delhi nei seguenti punti. Innanzitutto, una roadmap strategica con una visione fino al 2030: i due Paesi hanno firmato un accordo di programma che delinea le aree prioritarie per la cooperazione economica a lungo termine, tra cui l’espansione commerciale, la coproduzione e la co-innovazione. Si è, come detto, parlato di partenariato energetico, settore considerato pilastro fondamentale della collaborazione fra Mosca e Delhi. Non si è tralasciato di affrontare la questione della collaborazione sul nucleare civile e il lavoro congiunto sui minerali critici.
Altro aspetto prioritario è stato quello della sicurezza e della cooperazione nell’antiterrorismo. Il Primo ministro Modi ha sottolineato che India e Russia sono “spalla a spalla” contro il terrorismo, sottolineando che gli attacchi contro entrambe le nazioni hanno origini comuni ed ha chiesto un’azione globale unitaria contro il fenomeno terroristico.
Infine, la questione del conflitto in Ucraina: alquanto sibillina. Il primo ministro Modi, infatti, ha ribadito la posizione coerente dell’India di essere “dalla parte della pace” e il suo impegno a promuovere la diplomazia. Il presidente Putin, da parte sua, lo ha informato sugli sforzi della Russia per raggiungere una soluzione pacifica e ha condiviso i dettagli delle proposte in corso. Entrambi hanno, comunque, affrontato la questione della collaborazione in materia di difesa e alta tecnologia, analizzando i legami militari in corso e la cooperazione nell’ambito dell’esplorazione spaziale, dell’intelligenza artificiale e della cantieristica navale, in linea con gli obiettivi indiani del programma Make in India.
Infine, un impegno globale e multilaterale: India e Russia hanno concordato di mantenere uno stretto coordinamento presso le piattaforme internazionali, tra cui Onu, G20, Brics e Sco.
È ovvio che anche questo viaggio di Putin in India dimostra come la geopolitica oggi, sebbene si muova su linee portanti maturate in passato, si stia aprendo a novità legate alle intese fra governi autocratici, che sempre più stanno conquistando il palcoscenico mondiale.