Popieluszko

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Dura oltre due ore la rievocazione del prete di Solidarnosc, presente al Festival l’amico Lech Walesa. Tra citazioni documentaristiche sui fatti di Danzica e papa Wojtyla, il racconto non conosce pause, alternando saggiamente i momenti riflessivi e spirituali del sacerdote al contatto con un popolo desideroso di libertà. Il film riesce quasi sempre a sfuggire alla insidiosa retorica della celebrazione, perché si concentra sull’analisi del carattere del protagonista, reso in modo naturale, e perciò credibile, da Adam Woronowicz. Certo, quanto si narra sembra oggi lontano anni-luce, eppure la tenacia di questo eroe del suo popolo è capace, nel ricordo, di conferire al film una ventata di freschezza e, grazie ad una sceneggiatura che non evita il dramma e l’orrore e alla regia precisa di Rafal Wieczynski, di verità. Nelle sale italiane a fine mese, questo è un lavoro che entra dentro all’anima polacca e ne fa conoscere meglio a noi occidentali la storia recente di lotta alla dittatura. Per meditare, forse, su quella più strisciante che si può insinuare anche fra noi, come suggeriva più di uno spettatore alla fine di un racconto ancora capace di commuovere.

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