Più immigrazione, più criminalità?

Risponde il criminologo Andrea Di Nicola, autore della ricerca Criminalità e devianza degli immigrati pubblicata nel Rapporto annuale sulle migrazioni della Fondazione Ismu 2010
Immigrati

Più immigrazione vuol dire più criminalità? Quali sono le previsioni per i prossimi anni? E le cause? Quando trattiamo il tema dell’immigrazione dobbiamo tener presente che stiamo parlando di esseri umani che scappano dalla guerra, dalla violenza e dalla siccità. Quest’ultimo aspetto non va trascurato perché «nei prossimi venti anni, circa mille milioni di persone saranno migranti ambientali. È la popolazione che sarà obbligata a lasciare la sua terra a causa del cambiamento climatico, delle privatizzazioni delle risorse naturali, la costruzione dei megaprogetti, l’espropriazione, la criminalizzazione e la guerra».

 

L’Italia è fra i principali produttori di armi al mondo e il nostro paese, quindi, ha la sua responsabilità nei confronti di coloro che scappano dalla guerra per cercare fortuna in Europa e in Italia. Alcuni immigrati riescono a trovare lavoro e a costruirsi un futuro. Altri, al contrario, entrano nei giri della criminalità e della malavita. Alcune frange della politica utilizzano il binomio «immigrazione = criminalità» per ottenere consenso facendo leva sulla paura nei confronti del diverso e dello straniero. A questo punto ritorna la mia domanda iniziale: più immigrazione vuol dire più criminalità?

 

A rispondere è Andrea Di Nicola, ricercatore e docente di criminologia all’Università di Giurisprudenza a Trento ed autore dell’articolo Criminalità e devianza degli immigrati, pubblicato alla fine del 2010 nel Rapporto annuale sulle migrazioni della Fondazione Ismu.

 

Più immigrazione vuol dire più criminalità? 

«Le province con tassi più alti di soggiornanti regolari sono quelle che hanno tassi di stranieri denunciati più contenuti. Una relazione appare, ma inversa: all’aumentare del tasso di permessi, diminuiscono quelli di stranieri denunciati. La relazione diretta tra permessi e denunce contro stranieri non c’è. L’equazione più immigrazione = più criminalità è quindi falsa, ma proviamo ad essere intellettualmente onesti, per l’unico motivo che non ha senso. Non è l’immigrazione che di per sé sempre reca criminalità; sono le caratteristiche di certa migrazione che in determinati casi possono farlo con riferimento ad alcune tipologie di criminalità. Rispetto alla criminalità in Italia gli stranieri hanno molti “fattori di rischio” e pochi “fattori di protezione”».

 

È possibile mettere a confronto i reati commessi da italiani, immigrati regolari e irregolari?

«Per rispondere ci si deve riferire ai tassi di delittuosità degli italiani e degli stranieri, regolari e irregolari, ovvero al numero di denunciati ogni 100 mila italiani residenti, 100 mila stranieri regolari, 100 mila stranieri irregolari stimati. Il problema della delinquenza straniera continua a riguardare principalmente l’immigrazione irregolare. Mentre i tassi di delittuosità dei regolari sono superiori, anche se prossimi, a quelli degli italiani – il quoziente di sovraesposizione, cioè il rapporto tra il loro tasso e quello degli italiani, oscilla, infatti, tra l’1,3 per cento per il totale dei reati nel 2009 e il 2,7 per i furti nello stesso anno – i tassi di delittuosità degli irregolari sono molto lontani: nel 2008, a esempio, per omicidio superano di 11,7 quelli degli italiani e nel 2009 per furto arrivano ad essere di 45,6 volte maggiori».

 

Cosa insegna il caso di Rosarno?  

«Insegna che si deve porre estrema attenzione non solo alla clandestinità, anche al caporalato, allo sfruttamento del lavoro nero, alla tratta di persone e all’organizzazione dell’immigrazione illegale, alla criminalità organizzata autoctona che controlla i territori e il lavoro. Una risposta univoca, solo contro la clandestinità, rappresenterà sempre un’arma spuntata, perché è la domanda ad alimentare l’offerta. Eppure la lezione di Rosarno non sembra essere stata compresa. Noi italiani preferiamo tirarcene fuori».

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