Pietro e Paolo

Oggi si festeggiano due pilastri della Chiesa cristiana con qualità molto differenti che provano la possibile convivenza di fedeltà e invenzione, tradizione e spinta in avanti
Concilio Vaticano II

Le “due colonne della Chiesa” sono state messe insieme, anche nella festa. Ma personalmente provo un certo disagio. Il 29 giugno si parla per il 90 per cento di Pietro e a Paolo restano solo alcune briciole.

Capitemi bene: non voglio fare polemiche o  lotte confessionali e tanto meno  mi arrogo la funzione di difensore d’ufficio di Paolo, che non ne ha bisogno. Sapeva trovare gli argomenti per difendersi e anche per attaccare, all’occorrenza.
Non è un problema di Paradiso, dove i due stanno in perfetta armonia e gioia. E nemmeno un “problema” di terra. O, meglio, un pochino sì. Perché si istituisce la festa di Pietro e Paolo e poi uno dei due prevale?

Posso dire la mia? Non ex cathedra, naturalmente. Da uno che vuole bene a Pietro e a Paolo. Mi pare che questo sfasamento dipenda da una certa visione di Chiesa, che il Concilio Vaticano II (nella foto) ha superato, ma che fa difficoltà a diventare realtà vissuta. È il persistere dell’immagine della Chiesa del Vaticano I, dove il primato del Papa è tanto affermato da rischiare di offuscare le altre eredità apostoliche – prima fra tutte quella paolina.

Paolo è la missione, la fantasia, la creatività, la novità. E non sta in conflitto con la stabilità e la fermezza della roccia pietrina, ma anzi la completa, la stimola, la apre.
Devo fare un altro “capitemi bene”. Qualcuno magari penserà che sto alludendo a Benedetto XVI. Nient’affatto! Ricordiamo che ha indetto un Anno Paolino (2008-2009).

Voglio solo dire che sarebbe bello se la Chiesa cattolica (noi tutti) mostrasse con più evidenza l’armonia fra i carismi-ministeri di Pietro e di Paolo. Fedeltà e invenzione, tradizione e spinta in avanti. Il mondo ne sarebbe contento.
Buona festa di Pietro e Paolo! Non è solo un augurio: è soprattutto un impegno.

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