Picchiato a bastonate Francesco Coco

La vicenda dell’ex sindaco di Roccabernarda riaccende i riflettori sulla realtà degli amministratori locali sotto tiro della criminalità. Nel 2021 ci sono stati 438 atti intimidatori rivolti contro gli amministratori locali.
ANSA/POLIZIA

Quella degli amministratori locali, lasciati soli e a mani nude sui loro territori a combattere la criminalità nelle sue diverse forme, è una di quelle realtà che paradossalmente fa rumore solo dopo che i fatti accadono. Il giorno dopo torna tutto come prima: da una parte i criminali, dall’altra gli amministratori, dall’altra le comunità inermi e spesso indifferenti.

A Roccabernarda, comune di poco più di tremila abitanti in provincia di Crotone, accade che anche quando non si hanno più ruoli istituzionali di primo piano ormai da diverso tempo, la criminalità non dimentica, si lega al dito le battaglie e le guerre del passato, torna per pareggiare i conti.

É accaduto a Francesco Coco, 73 anni, ex sindaco di Roccabernanda, picchiato selvaggiamente a bastonate alla schiena e alla testa nella notte tra il 9 e il 10 luglio, da due soggetti con i volti coperti da passamontagna, che lo attendevano nei pressi della sua abitazione. Sul posto, secondo quanto riporta l’Adnkronos, è intervenuto il 118, che ha trasportato l’ex sindaco, in condizioni gravissime, presso l’ospedale di Crotone e poi presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro.

Sempre secondo quanto riporta Adnkronos, le indagini degli inquirenti si sono subito focalizzate su due diciassettenni, uno dei quali nipote di un esponente di vertice di una consorteria di ’ndrangheta del territorio. Gli investigatori parlando di un agguato di “chiaro stampo ‘ndranghetistico”.

Sottoufficiale dei Carabinieri in pensione ormai da qualche anno, sindaco di Roccabernarda tra il 2002 e il 2007, poi consigliere comunale e consigliere provinciale di Crotone tra il 2020 e il 2021, Francesco Coco alla ‘ndrangheta non le aveva mai mandate a dire, sforzandosi, come cittadino e uomo dello Stato, di sottrarre ogni centimetro di territorio a una criminalità che, anche quando sembra fare meno rumore e starsene in sordina, continua ad avvelenare sotto traccia le comunità, a tappare le ali, a bloccare ogni prospettiva di sviluppo libero e legale.

Francesco Coco è stato in prima linea contro la criminalità, ma anche fermo, da uomo dello Stato, nel chiedere allo Stato di essere presente con i fatti, i mezzi, le risorse. Come quando nel 2018 si era incatenato di fronte all’ingresso della prefettura di Crotone per protestare contro la recrudescenza della violenza criminale nel territorio crotonese. In quell’occasione Coco chiedeva “una maggiore presenza dello Stato, ma soprattutto un invito ai cittadini ad alzare la testa davanti ai soprusi di chi attraverso la forza toglie la libertà e impoverisce il tessuto sociale”.

La vicenda di Francesco Coco riaccende i riflettori sulla realtà degli amministratori locali sotto tiro, che non è una questione “mediatica”, destinata ad esaurirsi nel giro di qualche ora e di qualche giorno. É realtà di ogni giorno, anche quando i riflettori si spengono.

Lo ribadisce a chiare lettere Avviso Pubblico, associazione che collega tra di loro gli amministratori locali in prima linea nel contrasto alla criminalità e per la promozione della legalità democratica.

In una nota della coordinatrice calabrese Maria Antonietta Sacco, nel condannare l’episodio che ha riguardato l’ex sindaco di Roccabernarda, parla di «tantissimi atti di violenza e minaccia che ogni anno sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica amministrazione, sono costretti a subire nel nostro Paese. Come abbiamo raccontato qualche giorno fa, durante l’undicesima presentazione del nostro annuale Rapporto Amministratori sotto tiro con la presenza del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, nel 2021 sono stati 438 atti intimidatori rivolti contro gli Amministratori locali. Sono numeri inaccettabili per un Paese civile che dimostrano come fare l’amministratore oggi è estremamente difficile e come le mafie, quando vogliono farsi sentire, sanno benissimo che strumenti utilizzare per intimidire e minacciare. Queste minacce devono suonare come un campanello d’allarme per tutti noi che dobbiamo fare in modo di non lasciare mai soli tutti coloro che lottano per l’affermazione della legalità e della giustizia sociale».

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