Peter Fill nella storia dello sci alpino

Trionfo azzurro sulla mitica pista di Kitzbuehel. «Andare oltre i propri limiti». Una storia di infortuni, ma anche di tenacia e voglia di riscatto
Peter Fill

“Vincere la discesa a Kitzbühel è Realizzare un sogno, il secondo più bello della mia vita dopo i miei figli, Leon, che oggi (il 24 Gennaio, ndr) compie due anni, e quello in arrivo a maggio. Sono orgoglioso di poter dire che il loro papà oggi ho fatto un po’ di storia”. Con queste parole a caldo, nonostante l’apparente controsenso meteorologico del termine, Peter Fill suggella un memorabile trionfo sciistico azzurro.

 

È riuscito a dominare, meglio di tutti, la celebre “Streif”, la mitica pista di Kitzbuehel sulla quale tecnica e abilità possono anche non bastare: sulla “più difficile delle piste, devi avere coraggio. Ogni volta che parti sai che puoi cadere. È successo anche a me tre anni fa. Gara regolare, io ho preso tanti rischi dall'inizio alla fine, dove sono usciti tutti. Gli sci sbattevano forte e mi sono detto: ‘non riesco a rimanere dentro’. E così ho chiuso gli occhi”. Peter Fill, a 34 anni vive una magnifica “seconda gioventù” della carriera: trionfa nella discesa, la più classica delle prove del mitico trofeo dell’Hahnenkamm, dal nome dall’omonima montagna sulla quale sono situate le piste.

 

Nonostante il tracciato accorciato per la neve caduta fino a poco prima della partenza, il pendio più ostico nel circuito di Coppa del Mondo di sci alpino è vinta sulla discesa libera con un tempo di 1’52″37, che precede gli svizzeri Beat Feuz (1’52″74) e Carlo Janka (1’53″02). Fill è il terzo italiano a riuscire in questa impresa dopo Kristian Ghedina, nel 1998, e Dominik Paris che si era imposto nel cosiddetto Super Gigante nel 2013, dominando anche la libera nel 2012. E’ ancora azzurro dunque il colore più altro della gara più sfidante, nel giorno in cui il dominatore delle gare veloci, Aksel Lund Svindal, cade malamente rimediando la rottura del legamento crociato e chiudendo la stagione in anticipo.

 

D’altra parte, “Qui bisogna andare oltre i propri limiti, è una legge. Quest'anno non ci sono Olimpiadi né Mondiali, Kitzbühel è più del solito la gara da vincere. Ripaga di sacrifici e sfortuna: gli ultimi anni sono stati duri per me: mio padre si è ammalato nel 2011: rischiava di morire, pensai di mollare. La mia famiglia mi ha sorretto e spinto a continuare. Poi gli infortuni, tra cui quello alla spalla che mi ha privato dei Mondiali a Beaver Creek. Questo giorno ripaga tutti i Fill, dedico a loro il successo” ha dichiarato ai colleghi di Repubblica Peter, unico velocista italiano ad essere salito sul podio nella stagione (era stato secondo in discesa e terzo in SuperG lo scorso novembre a Lake Louise, in Canada).

 

Si tratta del secondo centro personale in una gara della Coppa del mondo: la precedente vittoria risale sempre a Lake Louise in una stagione, la 2008-2009 che nel febbraio 2009 lo vide vincere l’argento al Mondiale di Val d’Isère in superG ma poco dopo lo vide anche penare dietro un infortunio muscolare che ne mise addirittura a rischio la carriera. Certo, Peter era già sportivamente rinato, riassaporando la gioia del podio con un bronzo in supercombinata Mondiale 2011, ma i rimpianti per ciò che avrebbe potuto tentare senza infortuni non l’avevano probabilmente mai lasciato. Fino all’ultimo fine settimana, che lo ha restituito vorace e veloce alla storia dello sci, perché questo trionfo sulla “discesa di Kitz”, giunta all’edizione 76, è giustamente anche soprannominata “The Race” nel mondo dello sci.

 

Difficilissima, oltre al già citato Svindal ha visto cadere, peraltro nello stesso punto, alla curva dell’Hausbergkante che immette sulla diagonale che conduce alla planata finale sul traguardo, gli austriaci Streitberger e Reichelt: il primo seriamente infortunato al ginocchio destro, il secondo probabilmente solo contuso.

 

Per la cronaca infine la discesa, a causa dell’ora di ritardo nello start per via del maltempo e poi anche per le interruzioni dovute ai fuori pista, è stata interrotta e dichiarata conclusa dopo il trentesimo concorrente: per il regolamento sarà valida a tutti gli effetti ma ad esempio il nostro Mattia Casse, che nell’ultima prova era stato il più veloce, avrebbe di che recriminare per la mancata possibilità di esprimersi ancora.

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