Perchè si sale sul carro del vincitore?

Molta gente ama votare per il presunto e probabile vincitore, come si dice “salire sul carro vincente”, anche se questo può paradossalmente contrastare con le proprie opinioni e preferenze personali, per evitare di sostenere il costo di rimanere minoranza. Le evidenze di alcuni studi sociali
wallace

Dal “carrozzone” ottocentesco – una banda che suona su un carro trainato da cavalli – passando per il “voto utile”, fino all’odierno uso spregiudicato dei sondaggi , i politici (e non solo loro) hanno fiutato quella  particolare tendenza a sostenere chi sembra comunque vincente, cercando di utilizzarne la sua utilità per scopi elettorali.

Il primo campione moderno sul tema è stato George Wallace, governatore dell’Alabama negli anni ’60: si narra che Wallace utilizzasse un gruppo di pochi uomini fidati, che inviava tra la gente delle comunità rurali per guadagnargli la fiducia e influenzarne il voto. Con una tecnica ben studiata, questi attivisti facevano diverse visite agli empori di paese frequentati dalla gente comune. Alla prima visita parlavano del tempo e dei raccolti. In quella successiva si avventuravano nel football. Alla fine, dopo essere entrati in confidenza, la buttavano in politica. A questo punto la gente chiedeva a questi “amici viaggiatori” come stava andando la campagna elettorale per il governatore. Ed era in questo momento che, guardando dritto negli occhi gli interlocutori, il supporter poteva affermare con sicurezza che non c’era gara, perché Wallace avrebbe stravinto!

Il tema del conformismo pervade la vita sociale dalla politica all’economia fino al costume . Ma per la politica è così importante che la Francia dal 2005 ha cambiato il calendario di voto in modo che l’esito anticipato, derivante dai votanti dei territori d’oltremare, non potesse condizionare gli elettori successivi.

I primi studi sul fenomeno appaiono nella metà degli anni ’70, con una forte accelerazione e diffusione dall’inizio degli anni ’90. Da allora diversi politologi ed economisti hanno cercato di fornire spiegazioni utilizzando modelli teorici, analisi dei dati (come è stato fatto per il caso francese) ed esperimenti in laboratorio.

Due versanti principali di risposta sono finora emersi: da un lato una ragione psicologica, per la quale pare che nella gente prevalga il senso di piacere e soddisfazione che si prova nell’appartenere alla parte vincente. Dall’altro ci sono spiegazioni di tipo razionale/informativo che spingono a sostenere un candidato già ben supportato, considerando che tale supporto segnali la buona qualità del candidato (come avviene generalmente per i prodotti e per i servizi); e questo vale ancor di più quando tale qualità non è facilmente controllabile, o non si dispone delle risorse necessarie – tempo, motivazione  e informazioni – per controllarla.

Più recentemente alcuni esperimenti (Corazzini L., Greiner, Morton R.B, Ou K.,)  suggeriscono che la realtà potrebbe essere un più complessa: in contesti di scelte rischiose senza informazione privata, si osserva un effetto “gregge” molto basso ; così come , il comportamento conformistico potrebbe essere dovuto non solo alla componente rassicurante  di stare dalla parte del vincitore, ma anche una componente sociale, che considera la prospettiva della scelta  mediante meccanismi di fiducia, giustizia e reciprocità.

In questo caso siamo disposti a convergere su un punto di incontro con altre persone perché desideriamo un accordo più che massimizzare il nostro interesse personale. 

La scelta sociale corre sempre su un crinale scivoloso, in cui la competizione fra interesse individuale e la necessità / bisogno di cooperare si intrecciano in modo talvolta imprevedibile e spesso condizionabile. Tanto più infatti non siamo disposti ad investire in conoscenza e consapevolezza, supportando anche l’eventuale costo di rimanere minoranza, altrettanto siamo esposti a potenziali fenomeni di manipolazione e ad accodarci acriticamente alla masse di turno.

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