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Per amare gli altri ci vuole concretezza

di Giuseppe Alimandi

- Fonte: Città Nuova

Noi, con i nostri mille programmi quotidiani, non sappiamo mai cosa ci aspetta quando usciamo di casa. Ci vuole uno sguardo attento ad affrontare gli imprevisti, e un cuore pronto a servire

Foto Pexels

C’è un ricordo che mi porto in cuore da tanto tempo. Era il 1966 e abitavo ancora a Labaro, nella zona Nord di Roma. Stavo andando a lavoro con una macchina presa in prestito da mio fratello, poiché la mia 500 era guasta.

Percorrendo la Via Flaminia, mi sono imbattuto in un incidente stradale. La fila di macchine che si era formata si muoveva lentamente e, quando sono arrivato presso il punto dove era accaduto l’incidente, ho visto un uomo a terra, immobile, con il viso insanguinato e nessuno che lo soccorreva. Allora mi sono fermato, sono sceso dalla macchina e, vedendo la situazione abbastanza grave, ho pensato di portarlo subito in ospedale.

Mi sono fatto aiutare da un altro passante e lo abbiamo messo nella macchina. Arrivato al Pronto Soccorso, il ferito è stato celermente portato in reparto. Io ho subito tutte le procedure del caso e sono andato al lavoro con la macchina piena di sangue. Poi, il giorno dopo, sono andato a trovarlo e non stava affatto bene, ma riusciva a parlare. Ci siamo salutati e mi ha ringraziato tantissimo. Mi ha raccontato che era un missionario e che aveva avuto vari incidenti durante la sua vita, di cui uno anche con un aereo in Alaska precipitato sul ghiaccio. Ha voluto prendere il mio indirizzo e in seguito mi ha inviato una bella letterina in italiano dicendomi che l’avevo salvato, e tanti ringraziamenti e preghiere.

Ritornando a casa dal lavoro, ero in macchina sul Grande Raccordo Anulare quando ho visto una Mercedes ferma con il cofano alzato. Avevo da poco commentato col gruppetto del lavoro la frase del Vangelo che dice di aiutare gli altri… Mi sono accostato e ho chiesto se avevano bisogno di aiuto. C’era una coppia di tedeschi, e a stento ho capito che il guasto era grave. «Cosa posso fare?», mi sono chiesto. Insieme, con la mia macchina, siamo andati all’officina che era vicino la mia casa a Labaro, e il meccanico istantaneamente ha preso l’auto per il traino.

La macchina è stata portata in officina e la si doveva riprendere il giorno dopo. Problema: erano le ore 20, dove sarebbe alloggiata la coppia? Dall’officina telefono a mia moglie, espongo il caso e le chiedo se era possibile ospitare per una notte la coppia tedesca. Dopo qualche attimo la risposta è sì, ma con tanti punti interrogativi… la rassicuro che insieme li avremmo potuto risolvere.

Mentre Lia preparava la cena io apparecchiavo e rifacevo il letto matrimoniale. A tavola abbiamo fatto sentire il calore della famiglia, però mi dispiaceva che mancava la conversazione, poiché io sapevo un po’ di inglese, Lia sapeva un po’ di francese, ma gli ospiti parlavano solo il tedesco.

Il mattino seguente siamo andati dal meccanico, che ci ha confermato che la macchina sarebbe pronta il pomeriggio. E così è stato. Ci salutiamo con i tedeschi, che ci ringraziano ampiamente e ci invitano a passare l’estate seguente in Germania. Ma questo per noi non è stato possibile. Dopo alcuni giorni ci arriva a casa un bel pacco con dei regali e dei giochi per nostro figlio Luca.

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