Viaggiavo tranquillamente in autostrada quando, sulle onde della radio, ho sentito la voce rauca e strascicata del cantautore italiano più noto (e più seguito), Vasco Rossi. Non è mai stato il mio favorito, anche se ho sempre riconosciuto in lui una sorta di genialità della semplicità, una straordinaria capacità di cantare quel che la gente vuol sentirsi dire. Il Vasco-pensiero è lo specchio del nostro tempo. Forse solo il papa ha un genio comunicativo superiore all’uomo che “va al massimo”, lungo le strade di “una vita spericolata”.
Nell’intervista – in realtà solo una promozione del suo nuovo disco in uscita – il Vasco nazionale pontifica, proponendo affermazioni apodittiche, cioè apparentemente indiscutibili, quasi marchiate dal dogma dell’infallibilità. Anche le risposte alle domande del giornalista sono dei versi di canzoni: «Siamo qui soli e delusi»; «l’artista deve provocare le coscienze per tenerle sveglie»; «detesto la strumentalizzazione»; «faccio sempre quel che mi pare»; «a un certo punto ho deciso di metter su famiglia, per vedere l’effetto che fa». E via dicendo.
Secondo i criteri di una comune morale cattolica tradizionale, il 90% delle affermazioni del Vasco nazionale rientrerebbero nel novero del non senso edonistico, del pensiero debole o piuttosto impalpabile della vanità pura e semplice. Anche se il suo parlare è omiletico. Sì, le sue sono prediche bell’è buone, pronunciate non dai pulpiti in marmo delle cattedrali di pietra ma da quelli impalpabili delle cattedrali digitali.
Sono prediche, perché non ammettono repliche, sono affermazioni di fede, non rientrano nell’ambito delle discussioni o dei dialoghi, ma si pongono come verità. Piccole ma pur sempre verità. Se il prete diceva: «Cristo è la verità», oggi Vasco dice: «Io sono la verità». E tanti gli credono. Se il prete diceva: «Rispetta i 10 comandamenti», oggi il cantante sentenzia: «Segui solo i tuoi desideri», e tanta parte dei cittadini italiani lo applaude. Una volta i fedeli seguivano il prete ed elevavano le sue parole a verità, mentre oggi tanti internauti vedono nei versi sgrammaticati di Rossi il syllabus della modernità. Col Covid le chiese si sono svuotate, mentre gli schermi piccoli o grandi delle nostre esistenze vengono riempiti dall’ugola cavernosa di Vasco.
«Quando qualcuno ti ama, la tua vita prende senso. La natura, la vita di per sé non ha nessun senso, solo il caso la regola. Ma l’amore dà senso al non senso. Chissà perché, ma è così». Non è un prete che lo dice, è Vasco a parlare e, per una volta, mi accorgo che gli do pienamente ragione, non posso contestarlo, dice parole che mi sembrano verità, anche la mia di verità. E allora la sua predica da edonistica diventa agapica, il suo parlare retorico e omiletico mi lascia il solo desiderio d’applaudire. Mentre la predica del prete di domenica scorsa mi aveva fatto cadere le braccia con la sua sequela di «una volta sì che si stava bene».
Mai negare a qualcuno il diritto di dire un brandello di verità, mai tacciare l’altro di inguaribile eresia, di inaccettabile pensiero debole. Anche il Vasco nazionale oggi ha toccato con un dito la sola vera verità, l’amore. Grazie.