Tutto era partito un anno fa da un’eurodeputata italiana dei Verdi, Cristina Guarda; a cui era stato negato, poco dopo il parto, di collegarsi da remoto all’audizione dell’unico candidato italiano a commissario europeo, Raffaele Fitto, per porgli una domanda. Negazione in cui peraltro, aveva stigmatizzato lei, erano stati determinanti quattro uomini, e di schieramento opposto al suo – additando dunque come le questioni di appartenenza politica avessero a loro volta esacerbato la discriminazione di genere.
Il caso aveva suscitato un più vasto movimento all’interno del Parlamento, coinvolgendo anche altre donne in primo luogo – tra cui la stessa presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola -, ma non solo; tanto che, dopo il primo voto favorevole in commissione Affari Costituzionali, il 13 novembre scorso è stata adottata con 605 voti a favore, 30 contrari e 5 astenuti una proposta di modifica alle norme elettorali europee che prevede la possibilità di delegare il proprio voto in plenaria. La modifica si applicherebbe alle donne nell’ultimo trimestre di gravidanza (va ricordato peraltro che pressoché totalità delle compagnie aeree non imbarca nemmeno donne a fine gravidanza, configurando quindi l’impossibilità di fatto per le deputate più lontane di raggiungere Bruxelles o Strasburgo anche nel caso in cui fossero nelle condizioni di salute di farlo) e nei primi sei mesi dopo il parto.
«Sono orgogliosa del lavoro della nostra istituzione su questa proposta storica – ha dichiarato Roberta Metsola nel comunicato diffuso in seguito al voto -. Come politica, donna e madre, spero che gli Stati membri concordino con noi sul fatto che la modernizzazione delle nostre regole di voto è attesa da tempo e facciano tutto il possibile per aggiornare non solo le regole del Parlamento europeo, ma anche quelle dei Parlamenti nazionali. Nessuna donna dovrebbe essere costretta a scegliere tra servire i propri elettori e formare una famiglia».
«Nessuna rappresentante eletta dovrebbe mai essere costretta a scegliere tra il proprio voto e il proprio figlio – ha aggiunto il relatore della proposta, il socialdemocratico spagnolo Juan Fernando Aguilar -. L’introduzione del voto per delega per le deputate in congedo di maternità rafforza la rappresentanza democratica e garantisce che la voce degli elettori continui a essere ascoltata nei mesi precedenti e successivi al parto. Questa misura dà inoltre nuovo slancio all’ambiziosa riforma in corso dell’Atto elettorale e sostiene il nostro obiettivo più ampio di promuovere la parità di genere e l’equilibrio tra vita professionale e privata, incoraggiando i genitori a partecipare pienamente alla vita politica».
Anche Cristina Guarda ha ricordato, in un messaggio diffuso tramite social, che «quel gesto [la negata possibilità di intervenire alla seduta del Parlamento, ndr] ha aperto una ferita personale e politica, e oggi finalmente il Parlamento europeo ha votato per dare la possibilità per le eurodeputate in gravidanza o neomamme di delegare il voto negli ultimi tre mesi prima del parto e nei sei successivi. Non è un privilegio, è organizzazione del lavoro, è rispetto del mandato e delle famiglie. Ma se riconosciamo che quella scelta era ingiusta per le madri, dobbiamo dirlo anche per i padri. Oggi l’estrema destra nega loro lo stesso diritto, ma è proprio questo il punto: i doveri genitoriali non sono solo in capo alle madri. Questo è il prossimo muro da abbattere».
La proposta legislativa sarà ora trasmessa al Consiglio, che dovrà approvarla all’unanimità. In caso di modifiche, il nuovo testo dovrà essere poi approvato dalla maggioranza assoluta dei deputati. Infine, per entrare in vigore, la riforma dovrà essere ratificata da tutti gli Stati membri secondo le rispettive procedure costituzionali.