«Non vogliamo più assistere in silenzio a questa deriva. Basta morti, Palermo è il far west». Così cittadini, sindacati e associazioni a Palermo, scesi per le strade della città dopo l’uccisione di un giovane di 21 anni, Paolo Taormina, intervenuto davanti al locale gestito dai genitori per sedare una rissa. Siamo in pieno centro nel capoluogo siciliano, fra il teatro Massimo e il Politeama, luoghi della movida serale e notturna, strade e piazze vissute dai numerosi turisti che affollano la città.
Purtroppo, l’ennesima tragedia a meno di un mese dall’omicidio sempre in pieno centro, alle nove di mattina, di un uomo di 39 anni (all’interno di vicissitudini familiari) e a pochi mesi da quella consumata a Monreale (città metropolitana di Palermo) lo scorso aprile, nella quale furono uccisi tre giovani, per citare solo gli ultimi terribili fatti di cronaca di una città ferita. Situazioni nelle quali è bastato poco per premere il grilletto, uno sguardo in più, uno sgarbo…
«Stanotte la nostra città si è ferita di nuovo – ha affermato Rosa Di Stefano, presidente di Federalberghi Palermo –. Sono profondamente addolorata, come donna, come madre e come cittadina di questa città che amo e che ogni giorno, per la mia categoria, cerco di rappresentare con orgoglio. Ma oggi prevale solo il dolore, e la rabbia di chi non vuole più assistere in silenzio a questa deriva. Questo dolore deve diventare coscienza collettiva. La città ritrovi la sua anima, la sua pace e la forza di cambiare davvero. Palermo merita notti di bellezza, non di sangue. Merita giovani che sognano, non che muoiono. E noi abbiamo il dovere morale di non abituarci mai a tutto questo».

Fiaccolata per il giovane 21enne Paolo Taormina ucciso a Palermo, 12 ottobre 2025. Partecipano la madre Fabiola Galioto e la sorella Sofia. Circa 2000 le persone presenti che tengono in mano candele o telefonini accesi. Ansa/Igor Petyx
Torna, insistente e ricorrente, il tema della sicurezza. «Siamo attoniti perché questa morte è la conseguenza diretta di una ferocia senza controllo e di un problema di sicurezza che denunciamo da tempo – ha affermato Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo e vicepresidente nazionale con delega alla sicurezza e legalità –. Solo pochi giorni fa, in una riunione con prefetto e sindaco, ci è stato detto che Palermo, in base alle statistiche, è una città più sicura rispetto a tante altre. Ma di fronte a questo ennesimo episodio, e stavolta si tratta di un omicidio, quei numeri diventano insopportabili e privi di senso».
Da qui un appello: «La città non può essere lasciata in balia di bande armate che scorrazzano persino nelle vie principali e turistiche. Questa non è più solo ‘malamovida’, questa è violenza pura, criminalità diffusa, emergenza sociale e istituzionale. È stato ucciso un giovane che con il suo gesto di generosità ha rappresentato una parte bella e solidale della nostra comunità. Prendiamo atto dell’immediata risposta delle forze dell’ordine. ma resta il grave problema della sicurezza. Va ribadita la necessità di non svolgere solo occasionali attività straordinarie sul territorio, ma occorrono intense e concrete attività giornaliere di contrasto alle illegalità da parte delle forze di polizia e dei vigili urbani».

Fiaccolata per il giovane 21enne Paolo Taormina ucciso a Palermo, 12 ottobre 2025. Partecipano la madre Fabiola Galioto e la sorella Sofia. Circa 2000 le persone presenti che tengono in mano candele o telefonini accesi. Ansa/Igor Petyx
Ma puntare sulla sicurezza non può essere la sola risposta. Giuseppe Claudio Terruso, presidente di Confartigianato Palermo, richiama l’attenzione sul fattore “culturale” invitando a «puntare sull’istruzione, perché la scuola deve essere osservata come creatrice di persone con umanità, capace di creare percorsi psicologici mirati e dove si impara a gestire le proprie emozioni. A nostro parere bisogna partire dalla questione del cosiddetto ‘patriarcato’. Perché sono spesso le emozioni represse che portano allo sfociare di questi atti di violenza».
Sarebbe lungo l’elenco delle dichiarazioni di sindacati, associazioni, movimenti che non sono rimasti in silenzio e che, al di là di quanto successo, sono quotidianamente impegnati nel costruire un tessuto sociale diverso, tanto denunciando il disorientamento giovanile, il dilagare della droga, il facile accesso alle armi, l’aumento della criminalità, quanto invocando interventi strutturali, un patto educativo forte e duraturo tra scuola, famiglie, società civile e ancora cooperazione, prevenzione, ascolto, formazione.
Anche il sindacato autonomo di polizia (Sap) di Palermo, attraverso le parole del segretario provinciale Danilo Geraci, ha espresso il suo disappunto. «Nonostante l’enorme sforzo e la dedizione quotidiana delle poliziotte e dei poliziotti palermitani, ci troviamo ancora una volta di fronte a un episodio che segna profondamente la nostra comunità. Il dolore è doppio: per la perdita di una vita innocente e per l’impossibilità, ancora una volta, di essere presenti in tempo a causa della cronica carenza di personale. Il Sap da anni denuncia pubblicamente lo squilibrio nella distribuzione degli organici: Palermo, città simbolo della lotta alla criminalità organizzata, viene ancora trattata come una qualsiasi altra sede di provincia».
La richiesta del sindacato di polizia è chiara e precisa: «Chi decide su numeri e risorse non può ignorare la complessità di un territorio che non ha mai abbassato la testa davanti alla violenza criminale e che oggi più che mai merita attenzione e rispetto concreto. I poliziotti sono spesso costretti a correre da una parte all’altra della città, impegnati in una lotta impari contro una nuova criminalità, sempre più spietata e imprevedibile. I nostri colleghi fanno miracoli ogni giorno. Ma quando leggi nei loro volti il dolore per non essere arrivati in tempo, quando percepisci la frustrazione per non poter fare di più, capisci che qualcosa si è spezzato. Non possiamo continuare a far finta di nulla». Evidentemente, neanche a loro, basta individuare e arrestare gli autori degli omicidi, come in questo caso. Occorre ben altro.
Riuscirà il sacrificio di Paolo a far ritrovare a Palermo il senso profondo di una convivenza civile dove nessuno si gira dall’altra parte, a smuovere le coscienze dei singoli, a far sì che le istituzioni si attivino per dare risposte adeguate? La città ha nel suo dna gli anticorpi in grado di fermare il virus della violenza, ha nella sua storia passata e recente veri e propri martiri della mafia e dell’illegalità. Deve solo svegliarsi da quel torpore che non può avere l’ultima parola sui suoi tanti cittadini onesti che nel silenzio tessono reti di solidarietà e giustizia. Le fiaccolate di queste sere dicono che Palermo sta reagendo!