Opposizione tra principi e pragmatismo

Dopo due mesi di lavori, la controversa Costituente porta avanti l’approfondimento del modello chavista, mentre l'opposizione è divisa in due blocchi. Verso le elezioni regionali
Maria Corina Machado

Stretto dalla morsa dell’opposizione e della pressione internazionale, dopo mesi di un conflitto sociale che ha causato oltre 120 morti, il 1° maggio il presidente Nicolás Maduro aveva annunciato la convocazione di una Assemblea nazionale costituente (Anc) con il compito di sconfiggere l’«opposizione criminale» e «golpista», restituire la pace ai cittadini e «approfondire il modello partecipativo e operaio della Rivoluzione bolivariana». Due mesi dopo l’insediamento della Costituente, viene da chiedersi: a che punto siamo nella concretizzazione di questi obiettivi?

Dopo la polemica Legge contro l’odio e per la convivenza pacifica che ha drasticamente ridotto le denunce di abusi e violenze e ha spedito un numero imprecisato di cittadini in carcere, 10 disegni di legge sono sotto studio in commissione. I più avanzati riguardano le seguenti materie, testualmente: «Approvvigionamento e prezzi calmierati»; «Comitati locali di approvvigionamento e produzione» (i Clap, già operanti); «Istituti di cambio di valute», «Promozione e protezione degli investimenti internazionali»; «Area mineraria»; «Creazione della Corporazione agroalimentare»; «Imposta sui grandi patrimoni e derivati della guerra economica»; e infine «Creazione di un regime fiscale per i delitti economici». Un’agenda anticrisi al 100%, in linea col «socialismo del XXI secolo» dell’ultimo chavismo.

E la nuova Costituzione? Non se ne parla nemmeno, perché in realtà non se ne sarebbe mai parlato: si è sempre detto che si voleva dare maggiore solidità istituzionale alla Rivoluzione. «Convoco una Costituente profondamente operaia, comunale, del popolo», aveva proclamato Maduro il 1°maggio. Solo riforme, insomma.

E la pace? La nuova assemblea, senza opposizione (ritiratasi sull’Aventino), ha spodestato il Parlamento, omogeneizzando il panorama politico. E le elezioni dei governatori indette per il 15 ottobre trovano un’opposizione indebolita perché – ancora una volta e sempre di più – divisa.

L’ex deputata e candidata presidenziale Marìa Corina Machado ha creato SoyVenezuela (Sono il Venezuela), coalizione civico-politica in risposta agli oltre sette milioni e mezzo di concittadini che il 16 luglio votarono sì alle proposte del Referendum promosso dal Parlamento con la maggioranza dell’opposizione – dichiarato illegale dalla Corte Suprema (Cs) –, ovvero: rifiuto di riconoscimento dell’Anc, richiesta alle forze armate di rientrare nell’istituzionalità della Repubblica rispettando il Parlamento – dichiarato «in ribellione» dalla Cs che ha annullato ogni legge approvata da esso ed ha legiferato in sua vece – e rinnovo delle cariche pubbliche secondo la Costituzione vigente (leggi Corte suprema e Consiglio nazionale elettorale-Cne) con altresì elezioni di un governo di unità nazionale.

Dopo il referendum, il Parlamento ha nominato effettivamente i 33 magistrati della CS, i quali però furono arrestati o perseguitati dal regime e costretti all’esilio volontario. E dopo l’inizio dei lavori della Anc, superiore per legge a tutti i poteri dello Stato – presidente incluso – il Parlamento si era autodissolto mentre il tavolo dell’opposizione, il Mud, ha recentemente deciso di presentare candidati alle elezioni regionali. Secondo la Machado e SoyVenezuela, questo non rispetta la volontà popolare espressa nel referendum e, di fatto, avalla la legittimità della Anc. Si teme che il prossimo presidente della Repubblica possa essere di fatto scelto per alzata di mano dalla Costituente, che avrebbe mano libera per proporre un candidato sostenuto da tutto il chavismo; il quale, oltretutto, avrebbe ancora sotto controllo il Cne e potrebbe truccare i risultati, come è accaduto per le elezioni della stessa Anc.

Andare al voto in queste condizioni, secondo SoyVenezuela, sarebbe un “regalo” al chavismo, che potrebbe giocare più facilmente coi risultati. Inoltre, secondo fonti dell’opposizione, le autorità elettorali metterebbero in circolazione oltre alle schede valide, quelle in cui il Mud ha accordato un candidato unico per ogni Stato, con quelle delle primarie, dove ogni partito aveva il suo, per promuovere la confusione negli elettori e il conseguente annullamento dei voti irregolari.

Maria Corina Machado critica anche se, nelle sue stesse parole, «non giudica», la mossa evidentemente elettoralista del Mud, ed è convinta che la strada giusta sia quella della difesa a oltranza dell’istituzionalità. Sarebbe stata anche disposta a vedere tutti gli Stati della federazione in mano al chavismo-madurista se l’opposizione non avesse presentato canditati e persino all’eventuale arresto o esilio di tutti i magistrati e membri del Cne nominati dal Parlamento. L’isolamento del regime e la pressione della comunità internazionale sarebbero sufficienti per provocare il dietrofront di Maduro.

Non sono evidentemente d’accordo con questa visione i dirigenti del Mud, che cercano compromessi nell’arte del possibile che è la realpolitik e nell’apertura al dialogo «che non è tale» e che è «un falso dialogo», secondo la Machado, che si rimette alle prove del passato: i patti non sono stati finora rispettati dal governo. «Non c’è la minima intenzione da parte del regime di rispettare la parola impegnata e di accettare che la transizione non si possa più rimandare. Questa strada del dialogo ignora il mandato del 16 luglio, che è stato chiarissimo e che è stato riconosciuto dal mondo intero». «Credi davvero che il Venezuela possa aspettare ancora un anno di fame e di morte?», ha risposto la Machado a chi la interrogava in un programma radiofonico circa la possibilità di rispettare il programma elettorale con le presidenziali e parlamentari nel 2018.

Di certo, l’ulteriore divisione dell’opposizione la debilita, mentre crescono le voci che chiedono come ultima chance quella, estrema, dell’intervento militare dall’estero, anche per consentire l’arrivo di un aiuto umanitario non concesso da Maduro, che ne nega la necessità e lo considera funzionale agli interessi della destra e della sua «guerra economica».

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