Oltre le mura

"Una città non basta" è stato il tema dell'ultima giornata del meeting dei Giovani per un mondo unito. Un impegno con cui lasciarsi, nel ripartire ciascuno per il proprio Paese.
carta geografica
«Una città non ci basta più, ci prendiamo il mondo»: Andrea dalla Sardegna, citando il tema della giornata, ha concentrato nel commento finale lo spirito dell’ultima mattinata di incontro dei Giovani per un mondo unito. Il tema è stato infatti il passaggio da una prospettiva locale a una globale, per la costruzione della fraternità tra i popoli. Ad aprire la giornata è stata la testimonianza di Joy, che per il Movimento dei focolari ha vissuto prima in Turchia per 17 anni, quindi in Libano e in Algeria.

 

Nella conoscenza e nel dialogo con i musulmani e con i cattolici di altre Chiese, Joy ha vissuto in prima persona momenti importanti sul piano ecumenico: tra questi il Forum mondiale delle religioni per la pace del 1999, tenutosi ad Amman, in cui la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich, rivolgendosi ai rappresentanti di oltre 600 credo religiosi, ha definito la pace come risultato dell’unità.

 

A portare la propria esperienza è stata anche una famiglia – Agostino e Marisa di Vicenza – che nell’aprile del 1990 è partita per la Repubblica Dominicana, dove è rimasta per 11 anni per seguire un progetto del Movimento Famiglie nuove: «Non avremmo mai pensato – hanno riferito – di poter arrivare a sentire un altro Paese come proprio. Abbiamo perso tante cose, lasciate in Italia, ma ne abbiamo trovate molte di più».

Dopo aver avviato numerose iniziative, tra cui l’acquisto di un terreno e la costruzione di una scuola che oggi accoglie oltre 400 studenti ed ex alunni che lavorano in un laboratorio di falegnameria, la coppia è tornata in Italia: «Il dolore del distacco è stato forte – hanno raccontato – ma ora tocca ai dominicani portare avanti ciò che noi abbiamo iniziato».

 

La seconda parte della mattinata è stata dedicata alla presentazione di progetti concreti di azione: tra questi la campagna di raccolta firme per il disarmo Arms down (vedi correlato) e la Settimana mondo unito, otto giorni di azioni di sensibilizzazione e di volontariato a partire dal 1 maggio. Quest’anno a dare il via saranno insieme Ungheria e Slovacchia, come risposta alle tensioni recentemente emerse tra i due Paesi.

 

A chiudere il meeting sono state le parole dei partecipanti stessi, che si sono a lungo contesi il microfono per condividere le loro impressioni, esperienze, idee, e per ringraziare amici vecchi e nuovi. Diversi di loro, soprattutto dall’est Europa, hanno confessato di aver dovuto lavorare sodo per trovare i soldi necessari al viaggio: «Si tratta del guadagno di un intero mese – ha raccontato un giovane macedone, musulmano – ma ne è valsa la pena. Ho potuto portare qui la ricchezza culturale del mio Paese, e ora riporto a casa ciò che ho ricevuto».

 

Tra i doni ricevuti, anche lo slancio per andare avanti: «Nel vedere moltissimi giovani italiani o ungheresi – ha ammesso una ragazza russa – mi sembra che loro possano fare così tanto, mentre noi siamo così pochi! Però queste giornate mi hanno ulteriormente convinta di quanto sia necessario coinvolgere sempre più giovani anche nel nostro Paese, senza scoraggiarsi».

Tante le testimonianze sul confronto tra ragazzi di vari Paesi sui temi più vari, dalla politica alle questioni sociali; ma soprattutto sulla consapevolezza di non essere da soli nel portare avanti il “Progetto mondo unito” che ha dato il nome al meeting.

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